Si rischia un conflitto istituzionale tra Consulta e legislatore
Ergastolo ostativo, la proposta di riforma è peggio dell’originale
Ieri la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha votato ed adottato il testo base, predisposto dal Presidente Perantoni (M5S), di riforma dell’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario, il cosiddetto ergastolo ostativo: una legge resa necessaria e urgente dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, Viola contro Italia, del 13 giugno 2019 e dopo l’ordinanza n. 97 del 2021 della Corte costituzionale che, dopo aver accertato l’incostituzionalità della disciplina vigente per violazione degli artt. 3, 27 e 117 della Costituzione, ha dato al legislatore il termine del 10 maggio 2022 per approvare nuove norme che recepiscano le precise indicazioni delle due Corti.
Il testo approvato riunisce i tre disegni di legge depositati nei mesi scorsi, quello della dem Bruno Bossio, quello del M5S Ferraresi e quello di Delmastro Delle Vedove di Fd’I, gruppo che peraltro in Commissione ha votato contro il testo Perantoni, ritenuto troppo accondiscendente verso “mafiosi e terroristi”. Diremo subito che le indicazioni che emergono dai lavori parlamentari e dal testo preliminare approvato non appaiono in linea con quanto prescritto dall’ordinanza della Corte costituzionale e, al contrario, rischiano di avere il paradossale effetto di rendere più difficile di quanto già non sia oggi l’accesso ai benefici penitenziari. La Corte ha infatti stabilito a chiare lettere che «spetta in primo luogo al legislatore ricercare il punto di equilibrio tra i diversi argomenti in campo, anche alla luce delle ragioni di incompatibilità con la Costituzione attualmente esibite dalla normativa censurata»: equilibrio tra argomenti in campo che, senza essere qui troppo analitici, discendono dalle disarmonie create dopo la sentenza della Corte n. 253 del 2019, che ha dichiarato incostituzionale il divieto di concedere per i delitti di cui all’art. 4-bis i permessi premio, dal perdurante divieto di ammetterli al lavoro all’esterno ed alla semilibertà, oltre al fatto che l’art. 4-bis è diventato ormai un contenitore privo di qualsiasi coerenza, che comprende reati di criminalità organizzata e terrorismo insieme a reati contro la pubblica amministrazione, reati contro la libertà sessuale ed altri ancora.
Il testo approvato ieri contiene una riscrittura peggiorativa della disciplina vigente: esso alza il numero di anni di pena da scontare prima di poter accedere alla liberazione condizionale da 26 a 30, prevede per il detenuto un onere di allegazione delle circostanze atte a dimostrare la mancanza di collegamenti con la criminalità organizzata che assomiglia molto ad un (inammissibile) onere della prova a suo carico, non riscrive in senso garantista l’intera disciplina dell’art. 4-bis dell’Ordinamento penitenziario. In attesa di un esame più approfondito del testo, se esso dovesse rimanere quello approvato ieri potrebbe insorgere un inedito conflitto istituzionale tra la Corte ed il legislatore relativamente a scelte legislative ritenute non conformi alla Carta fondamentale.
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