Eric Jozsef, analista politico francese e corrispondente del quotidiano Libération da Roma è molto preoccupato per il voto del 7 luglio.

Elezioni che hanno il sapore di un referendum, mai la Francia è stata così spaccata.
«Siamo quasi davanti a un referendum: i francesi devono decidere se difendere i valori repubblicani o consegnare il paese all’estrema destra di Marine Le Pen. Una scelta non tra opzioni politiche come le abbiamo conosciute nel passato, tra due candidati arrivati in testa, ma tra due sistemi di valori opposti. Una valenza che pesa sul tipo di società che si vuole».

Scusa ma perché si parla di difesa dei valori repubblicani, il RN in che cosa trasformerebbe la Francia?
«Dalla sua storia il RN ha sempre avuto una visione che rimette in discussione l’essenza della democrazia. I poteri e i contropoteri. Rimette in discussione i nostri valori fondamentali, come l’uguaglianza».

In che senso?
«Vogliono introdurre l’idea che ci sono dei francesi di serie A e di serie B. Dei francesi “de source”, originali, e dei francesi “de papier”, di sola carta. Hanno depositato un progetto di legge a firma di Marine Le Pen che prevede posizioni per l’amministrazione pubblica negata per chi ha doppia nazionalità. Vogliono una preferenza nazionale sulla base della nascita, del passaporto. Qualcosa che va oltre il nostro universo valoriale e attacca il concetto di uguaglianza. Se ne sono resi conto, tanto che hanno provato a sminuire le posizioni che i francesi dal doppio passaporto si vedrebbero precluse».

Perché discutono i check and balance dei poteri?
«Vogliono limitare i poteri della Corte Costituzionale. L’avvocato Jentillet consulente giuridico di Bardella, ha detto che vanno rimessi in discussione i trattati europei, e se necessario si farà tacere la Corte Costituzionale. E vogliono eliminare il primato della legge europea su quella francese. Hanno una concezione per la quale chi vince le elezioni non deve più rendere conto a nessuno».

Si aprirebbe una crisi istituzionale molto grave…
«Arriveremmo a un regime illiberale, una dittatura della democrazia dalla deriva plebiscitaria».

Eppure la legge consente perfettamente al RN di essere votato democraticamente.
«Ci mancherebbe. Ma la legge chiede agli eletti di rispettare la Costituzione. Loro vogliono andare al potere per modificare la forma dello Stato, e questo è un pericolo oggettivo per la democrazia».

Cambierebbero anche la collocazione internazionale della Francia?
«Nel Parlamento europeo hanno votato sempre per la Russia, contro le armi all’Ucraina. Hanno anche ammesso di aver ricevuto un finanziamento a tasso particolarmente agevolato da una banca russa, vicina a Putin. Dunque non sono un mistero i loro legami internazionali, l’appoggio totale della Russia è evidente. E infatti propongono che la Francia dismetta il suo statuto nella Nato, uscendo dalle operazioni congiunte previste dal Comando integrato».

Un rischio enorme. Cosa faranno gli elettori di centro?
«Questo è il grande interrogativo. E il grande timore. L’elettorato moderato fa molta fatica a votare a sinistra, che è diventata una sinistra estrema, radicale. C’è stata una delegittimazione reciproca, ci sono state posizioni antieuropee e pro-russe. Dunque difficile trasferire il consenso dei moderati di Macron sui candidati, ad esempio, della France Insoumise. Anche perché lo stesso presidente, in campagna elettorale, ha detto che le ali estreme si equivalgono. Ha detto che votare l’estrema destra o l’estrema sinistra è uguale. E adesso…».

Però ha ragione Macron. I rossobruni sono molto simili, le differenze tra Mélenchon e Le Pen sono poche.
«Ci sono storie radicalmente diverse. Nessun candidato di LFI è mai stato condannato per antisemitismo, come quelli di RN. Non tutti i candidati di LFI sono uguali, lì ci sono esponenti più radicali e altri più moderati».

Nell’ipotesi peggiore ci sarà una coabitazione, non è  la prima volta.
«Ne abbiamo avute diverse. Ricordo Chirac con Mitterand, poi Balladur con Mitterand, poi Jospin con Chirac… personalità diverse che si stimavano e dialogavano. Qui sarebbe molto difficile dal punto di vista istituzionale, siamo allo scontro totale, alle minacce quotidiane. Immagino che sarebbe molto difficile tenere il Paese».

Scenario da guerra civile, o stiamo esagerando?
«Lo scontro vive un’escalation allarmante. Ed è uno scontro di civiltà. L’anno scorso quando ci fu la rivolta delle periferie, gestito con equilibrio da Macron, Le Pen invocò lo stato di emergenza e l’invio dell’esercito. Se vincerà la destra, è facile prevedere che le periferie torneranno in rivolta. E a quel punto che succederà? Risponderanno con i carri armati? Non voglio nemmeno immaginarlo, ma è uno scenario possibile».

Dunque tu da riformista cosa farai, alle elezioni?
«Mi turo il naso e voto per il candidato alternativo a Le Pen. Quello che spero in Francia finiranno per fare tutti».

Non basterà a salvare il Paese dallo stallo.
«No. Se ci sarà un governo di minoranza si procederà sotto un sostanziale commissariamento, forse anche ricorrendo a un tecnico. E la Costituzione prevede che si torni a votare tra un anno».

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.