Il dilemma sulla giustizia, la riforma da approvare, il sistema da cambiare, i privilegi da azzerare, i diritti da tutelare. In questo periodo si fa un gran parlare di giustizia, diritti e magistratura. Si discute di referendum, di riforma della giustizia, di interessi di casta (quella dei magistrati), di aspetti da modificare o da conservare. E intanto, ogni minuto che passa, dalle casse dell’Erario escono 50,28 euro per risarcire chi ha subìto una custodia cautelare da innocente. «Non è poco, vero? Ma allora perché invece di pagare e basta non si cercano soluzioni concrete ed efficaci per ridurre il problema all’origine?», si legge sulla pagina dell’associazione Errorigiudiziari.com, l’associazione fondata da Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone che da oltre vent’anni si occupano di raccogliere dati e storie su casi di malagiustizia.

Come non concordare con questa loro osservazione… Perché non si cercano soluzioni? E perché di errori e vittime di ingiustizie si parla così poco, quasi per nulla? Nel dibattito sulla giustizia, infatti, tra i temi centrali non c’è quello relativo agli errori giudiziari. Come se le migliaia di vite distrutte da indagini frettolose o sbagliate, da accuse poi rivelatesi infondate, da misure cautelari applicate senza che ve fosse effettivo bisogno non fossero un macigno per la nostra giustizia. Già di per sé la custodia cautelare preventiva è una condanna anticipata che contiene il seme dell’ingiustizia, perché tra i presupposti su cui si fonda c’è quello del rischio di reiterazione del reato. Vuol dire che si fonda su un sospetto che a sua volta si basa su un altro sospetto. Perché immaginare che una persona indagata possa reiterare il reato di cui è sospettata equivale a dare per scontato che quel reato sia stato commesso e quindi che può essere commesso di nuovo. E questo – è evidente – va contro la presunzione di innocenza prevista dalla nostra Costituzione, perché una persona indagata non è detto che sia colpevole.

La statistica giudiziaria ci dice che non lo è nell’oltre il 40% dei casi. Basterebbe poi ricordare quante ingiuste detenzioni ci sono ogni anno per capire le proporzioni del fenomeno e i motivi per cui dovrebbe essere un tema tutt’altro che da ignorare nelle riflessioni su giustizia e riforma. Secondo le statistiche elaborate da Errorigiudiziari.com sulla base di dati ministeriali, negli ultimi trentuno anni le persone innocenti, risarcite o indennizzate in quanto vittime di ingiuste detenzioni o di errori giudiziari, sono state in Italia 30.231. «Tanti da riempire fino all’ultimo strapuntino lo stadio di Torino», sottolinea l’associazione Errorigiudiziari.com per rendere meglio l’idea di ciò di cui si parla. Dal 1992 al 2020 la media annua di cittadini che sono finiti in carcere da innocenti oppure che sono stati processati e condannati da innocenti è di 1.015 casi. Per niente pochi. Volendo puntare la lente su Napoli e provincia bisogna calcolare che le statistiche locali si aggirano attorno al 10% del dato nazionale. Negli ultimi anni la media delle sole vittime di ingiuste detenzioni a Napoli non è scesa al di sotto dei 100 casi.

Più numerose che in altre città italiane. Ora, è vero che Napoli e il suo distretto giudiziario fanno riferimento ad aree ad alto tasso criminale ed è quindi vero che paragonare i processi di Napoli con quelli di Firenze per esempio non ha senso perché si tratta di processi con una complessità e un numero di imputati tato diversi da non poter essere equiparati, ma è anche vero che un innocente in carcere è uguale in qualsiasi parte del mondo e che un innocente in carcere è un peso che la magistratura spesso si scrolla troppo facilmente di dosso. Un peso che invece finisce per essere un macigno sulle spalle delle vittime, le quali patiscono tutte le conseguenze delle loro vite stravolte da arresti o processi ingiusti, e un fardello per la comunità, che si trova a pagare il costo sociale ed economico di queste conseguenze. Secondo recenti statistiche, nell’ultimo anno i casi di ingiusta detenzione sono stati 565 nel nostro Paese per una spesa complessiva e già liquidata in indennizzi pari a 24.506.190 euro.

Un numero che appare in calo, se confrontato con quelli degli anni precedenti, ma che va letto anche tenendo conto degli effetti della pandemia che hanno rallentato un po’ tutta la macchina giudiziaria, incluso il lavoro delle Corti d’appello incaricate di definire le istanze di riparazione per ingiusta detenzione. Per quanto riguarda, invece, gli errori giudiziari, e quindi i casi di processi che si sono definiti con condanne poi annullate in seguito a una revisione che ha stabilito l’infondatezza delle accuse su cui si basavano, nell’ultimo anno si sono contati sette casi, nove in meno rispetto all’anno precedente. Un numero che finalmente inverte la tendenza degli ultimi anni quando la media degli errori giudiziari non era mai al di sotto dei dieci casi annui. E di fronte a tutti questi numeri, vale ricordare che le valutazioni di professionalità positiva dei magistrati si attestano ancora attorno al 99,2%. Un record.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).