Eccelle nella campagna razzista contro i russi
Escludere i tennisti russi da Wimbledon alimenta solo la xenofobia
I tennisti russi saranno esclusi da Wimbledon. Le delegazioni russe saranno escluse dal festival di Cannes. Gli atleti e le atlete russe sono state escluse dalle paralimpiadi. Un quadro di Degas ha dovuto cambiare nome perché si chiamava “le danzatrici russe”, e quindi è stato ribattezzato “le danzatrici ucraine”. Poi c’è Dostoevskij che è stato messo al bando, sebbene, di solito, i critici letterari lo considerino il più grande romanziere di tutti i tempi. Mi fermo qui nell’elenco, ma ci sarebbero da citare moltissimi altri episodi del razzismo che sta invadendo l’Europa dopo l’attacco proditorio di Putin all’Ucraina.
Io penso che sia giusto rovesciare tonnellate di critiche, per esempio, sul professor Orsini, il quale – se ho capito bene – ha detto che suo nonno durante il fascismo viveva bene. Non perché abbia detto una cosa falsa, probabilmente ha detto una cosa vera. Solo che ha detto una gran scemenza che pone molti dubbi sulla sua statura di professore universitario. (Tra parentesi vi dirò che anche uno dei miei nonni viveva bene durante il fascismo. Sebbene non fosse fascista. Faceva il poeta e aveva molte terre con le quali viveva abbastanza lussuosamente tra Parigi e Lucugnano. Si curava poco del regime. Nel ‘29 non andò a votare, ma poco prima che le urne chiudessero un suo amico burlone gli telefonò contraffacendo la voce e fingendo di essere un gerarca che sapeva che lui non aveva votato. Lui si mise il cappotto e corse a votare per il listone unico di Mussolini. Me la raccontò lui questa storia, ridendo come un matto). Orsini ha detto una gran scemenza perché il fatto che suo nonno (e anche il mio) vivesse bene non vuol dire assolutamente niente e non cambia di una virgola il giudizio sul fascismo. Il problema dei professori non è che dicono cose sbagliate o false, è che dicono cose che non c’entrano niente col tema in discussione.
Però, una volta che abbiamo rovesciato queste tonnellate di critiche sul professor Orsini, vogliamo rovesciare anche qualche quintale, o almeno qualche chilo di critiche, su quella campagna di stampa che sta creando, alimentando e portando al parossismo il razzismo antirusso? Ci vuole molto a capire che gli atleti disabili russi non hanno nessuna colpa nell’invasione dell’Ucraina? E neanche Dostoevskij, e neppure i tennisti? E ci vuole molto a capire che questa campagna, costruita sull’eccesso di zelo dei burocrati non fa altro che sdoganare in modo clamoroso il razzismo o più precisamente la xenofobia? I grandi giornali e i grandi intellettuali e i grandi liberal stanno in ogni modo accreditando questa doppia idea. Quella manichea, secondo la quale per capire il mondo bisogna dividerlo in buoni e cattivi. E quella xenofoba, secondo la quale i popoli si individuano e si giudicano e si suddividono sulla base della nazionalità. Di cosa sto parlando? Del nuovo furioso nazionalismo che pervade tutto l’establishment.
Una cosa è difendere i valori dell’occidente e dire che sono messi in discussione dall’aggressione russa all’Ucraina (io non credo affatto che sia una guerra di valori, ma ritengo legittimissima e seria questa tesi) una cosa ben diversa e instillare l’idea che essere russo sia una garanzia di degrado e debba suscitare nelle anime perbene una immediata discriminazione. Dopo questa guerra sarà una impresa titanica provare a bonificare il senso comune dalla xenofobia. E spiegare che Dostoevskij non era un generale dell’esercito di Putin.
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