Iniziamo dalle basi: alleanze internazionali
Essere liberali significa superare la Costituzione obsoleta a partire dall’inesistente diritto al lavoro, che però non sa garantire
Mi ha colpito e fatto sorridere per la sua schiettezza l’articolo di Giuseppe Benedetto del 12 dicembre scorso. La mania di essere tutti liberali ostacolata dall’assoluta incapacità di sapere che vuol dire, il sogno di confederare grazie a un confederatore tautologico, il più tronfio del luogo comune. Un po’ per caso ma con vero sentimento sono il vice-segretario dell’autentico PLI. E lo diventai dopo aver lasciato Forza Italia per i motivi russi di cui abbiamo detto mille volte. Poi è venuto su questo cespuglio di lib, lab e lobby in cui si entra e da cui si esce come al Grand Hotel, ciascuno cantando le proprie lodi.
Todos liberales, è già possibile? No, perché manca un leader. Senza un leader, ha ragione Benedetto, si ottengono quei grumi di simboli decorativi che danno ricchezza. Dopo essermi dannato per vent’anni sono arrivato a poche conclusioni, ma controverse, seguendo le quali non rimarrà indietro nessuno o quasi. Il primo atto (impopolare e perciò rivoluzionario) sarebbe di erigere un monumento alla Costituzione Repubblicana vigente, specchio vibrante di un’epoca in cui dominavano Baffone, il Papa, le organizzazioni di massa cattoliche, quelle comuniste, quelle socialiste, il piano Marshall, i sindacati e i partiti (sempre di massa). Tutti gli onori e vera riconoscenza. Per farne subito un’altra, di Costituzione, con una garanzia: la vita dell’essere umano è quella della sua libertà.
Ho pubblicato recentemente un libro di scarso successo perché i recensori se la sono squagliata, “La grande truffa”, sull’eterna vicenda della magistratura e della giustizia italiana, con tutto il grande treno della separazione delle carriere, del garantismo per un sistema giudiziario libero a favore dei liberi. Perché questa attuale costituzione non è adatta? Perché ipocritamente parte da un vecchiume sindacale come l’inesistente diritto al lavoro, che però non sa garantire (è una grande truffa) e che quando parla di libertà lo fa in senso sindacale, associativo, di massa. Per l’attuale Costituzione, la persona – che non è il citoyen robespierriano – non conta nulla. Lo Stato oggi sono le Regioni e dunque ogni persona deve cercare la propria domiciliazione secondo usi e costumi locali.
Le Regioni sono state uno dei compensi concessi con riluttanza al Partito comunista, come Rai Tre, affinché il Partito si decidesse una buona volta ad attraversare tutto il guado prima che il guado si attraversasse da solo, così da facilitare il suo arrivo in pompa magna nello schieramento occidentale. Nella scatola di montaggio di un partito liberale la base è fatta dalle alleanze internazionali: sono liberali e uniti i paesi in cui si pratica e si difende come valore primario la libertà, che è cosa concretissima e che se necessario richiede sacrifici. Poi, l’architrave: la dichiarazione secondo cui la ricchezza si produce. E che produrre la ricchezza è tutt’altra cosa che essere ricchi, perché permette la creazione dei posti di lavoro e la crescita di nuovi imprenditori e di nuovi creatori di ricchezza. Purtroppo, il moralismo si è incistato così da far credere che tutti i ricchi sono più o meno malvagi e tutti i poveri sono buoni. Per i calvinisti ogni povero dovrebbe spiegare che cosa ha fatto per meritare la povertà.
Da noi la conseguenza del pregiudizio opposto fa ritenere che, in tempi di magra, la soluzione è prelevare ricchezza dalle tasche di chi li produce e buttarla nel ventilatore di bonus e redditi di cittadinanza. Questo radicato pregiudizio è uno dei motivi per cui il pensiero liberale cattolico è quasi inconsistente mentre il pensiero illiberale del redistributore automatico, è popolarissimo. Ne segue l’inevitabile fuga di imprenditori, cervelli, chirurghi e della stessa voglia di produrre: ciò che impedisce non dico di garantire ma almeno di rispettato il diritto di ciascun essere umano di cercare alla propria individuale felicità. Questo principio fu donato dall’esangue e giovanissimo filosofo napoletano Gaetano Filangieri al primo ambasciatore americano a Parigi, Benjamin Franklin, che a Philadelphia lo fece inserire tra i fondamenti della democrazia americana. Noi potremmo tentare di proporlo nella lista dei patrimoni dell’umanità insieme alla pizza coi funghi.
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