Secondo le previsioni, nel corso della notte, il Senato americano dovrebbe aver approvato definitivamente il piano di stimolo dell’economia per fronteggiare l’emergenza da coronavirus, basato su duemila miliardi di dollari. L’intesa tra repubblicani e democratici sembra unanime così come quella tra i diversi stati. Un piano che bisognerà studiare nei dettagli ma che rappresenta bene, a dispetto dei critici, la capacità degli Stati Uniti, il paese culla del capitalismo moderno, di agire con efficacia e immediatezza attingendo ai fondi delle casse federali.

Molto più travagliata, viceversa, la vita dell’Unione europea. Il Consiglio Europeo si è concluso ieri ancora con un nulla di fatto sui cosiddetti “coronabond”. Certo, nelle conclusioni della riunione si legge che i governi faranno «quanto è necessario per proteggere i cittadini e superare la crisi preservando i valori e il modello di vita europei».  Un modo per lasciare la porta aperta anche ai coronabond. Ma è evidente che la diga rappresentata da Germania, Olanda, Austria e Finlandia sembra per ora insuperabile. Neanche i paesi dell’Est sembrano disponibili per questa prospettiva.

La lettera inviata l’altroieri da 9 governi, inclusa l’Italia – insieme con Francia, Spagna, Lussemburgo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio, Portogallo – sembra per ora rispedita al mittente. Nella lettera i 9 avevano scritto tra le altre cose: «Dobbiamo lavorare su uno strumento di debito comune emesso da una istituzione della Ue». Un chiaro riferimento alla Bei, la Banca europea degli investimenti.

Una strada che, secondo il Consiglio europeo, potrebbe essere praticabile. Proprio il Consiglio ha invitato i ministri finanziari a «esplorare rapidamente le possibilità di incrementare la risposta complessiva della Bei» allo scopo di mobilitare risorse «per le garanzie bancarie e gli investimenti nelle società europee, in particolare le piccole e medie imprese, anche attraverso l’uso del bilancio Ue». Tra le idee che circolano c’è quella di usare la leva Bei al fine di mantenere i posti di lavoro tramite sistemi di assicurazione anti-disoccupazione. Vedremo nei prossimi giorni.

Intanto, anche David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, parlando al Consiglio, ha chiesto di lavorare «a una opzione per l’aumento di capitale della Bei, a sostegno soprattutto delle pmi. Bisogna concentrarsi su strumenti nuovi, a situazione straordinaria devono corrispondere risposte straordinarie». Tra questi, «un meccanismo comune di debito, emesso da una istituzione europea, che ci consentirà di raccogliere fondi sul mercato alle stesse condizioni per tutti».

Dal canto suo, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha ricordato che «per una situazione eccezionale, serve una risposta eccezionale: la crisi non riguarda solo l’Italia o la Spagna, è una crisi europea, anzi mondiale, e dobbiamo essere molto mobilitati a breve, a medio e a lungo termine». Poi ha ammesso: «Su certi strumenti importanti dell’Eurozona, come il Mes, le discussioni dovranno proseguire, per vedere tecnicamente come garantire le capacità di solidarietà, di stabilità, e anche di responsabilità di ciascuno Stato membro».

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