Niente Coronabond, ma si lavora comunque a un compromesso. Naturalmente al ribasso. Alla vigilia dell’Eurogruppo dei 19 ministri finanziari della zona euro di oggi, fonti autorevoli fanno sapere che Germania, Olanda, Austria e Finlandia sembrano pronte a fare melina intorno ai famigerati titoli europei comuni. I Paesi del Nord avrebbero rilanciato con una proposta di compromesso nel tentativo di placare il pressing di Italia e Francia, con l’obiettivo di spostare in avanti gli ulteriori negoziati sui punti più divisivi. Secondo quanto messo in evidenza dagli sherpa di Bruxelles, all’appello mancherebbero ancora almeno 500 miliardi rispetto alle richieste di Italia, Francia, Spagna, Portogallo e vari altri Paesi membri, che sollecitano prestiti urgenti per oltre un trilione di euro – più debito comune con coronabond «una tantum» e un maxi Piano Marshall europeo – per affrontare le pesanti conseguenze economiche dell’emergenza coronavirus.

Intanto il commissario Gentiloni prova ad esercitare la sua moral suasion. In Europa per affrontare la crisi provocata dalla pandemia di Covid-19 serve «uno strumento di bilancio comune», che dovrebbe «essere messo in piedi presto». Visto che si parla di un piano Marshall europeo, ha aggiunto l’ex premier, «voglio ricordare che non abbiamo due anni di tempo. Il piano Marshall venne varato nel 1947, solo due anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. E noi abbiamo bisogno di un piano Marshall nel 1945, non nel 1947». «Il rilancio dell’economia europea deve essere affrontato nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, non nei prossimi anni», ha concluso Gentiloni.  Che ha aperto anche all’utilizzo delle risorse immagazzinate nel Mes, il famoso Fondo Salvastati. Ma a patto che si trovi “un buon accordo”, che consenta di utilizzare questo strumento in un modo “completamente diverso” da come vennero usate durante la crisi finanziaria.

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