Verso il voto di giugno
Europee e astensionismo, la distanza tra Ue e giovani: “Per la Generazione Z l’Europa è ancora distante”
Le istituzioni europee provano a giocarsi la carta del linguaggio social per mobilitare gli elettori under 30 e respingere il pericolo astensionismo
Le elezioni europee sono alle porte, ma c’è un’ombra che avvolge l’appuntamento elettorale dell’8-9 giugno: la scarsa partecipazione, in particolare dei giovani. Scattato l’allarme astensionismo, l’Unione europea ha deciso di dare carburante a una serie di iniziative con l’obiettivo di favorire il voto degli under 30.
Ne abbiamo parlato con Elania Zito che, grazie a una comunicazione rivolta alla Generazione Z, informa i giovani su quanto avviene nei palazzi della politica di Bruxelles con gli occhi di una ragazza di 32 anni. Tecnicamente ricopre il ruolo di digital communication, PR strategist e content creator.
Tradotto nella pratica: è specializzata in comunicazione e linguaggi, soprattutto nella comunicazione europea. Lo fa raccontando l’Unione europea sui social media (Instagram e Tik Tok) attraverso un linguaggio ironico e divertente.
I suoi video raggiungono ottimi risultati e diversi contenuti sono diventati virali con decine e decine di migliaia di visualizzazioni. Ed è proprio questa la chiave del successo su cui l’Ue, specialmente nell’ultimo periodo in vista delle elezioni, sta provando a scommettere.
Per Zito, nonostante gli sforzi, «le istituzioni europee sono viste ancora distanti». Una realtà figlia del fatto che le elezioni europee vengono interpretate come una sorta di verifica di metà mandato per i partiti nazionali, il che non contribuisce ad avvicinare i giovani alle urne.
Dunque, proprio per tentare di ridurre il gap sulla partecipazione giovanile che nel corso di questi anni si è via via ampliato, le istituzioni dell’Ue si sono attivate nell’ultimo periodo in vista delle elezioni dell’8-9 giugno.
Ad esempio aprendosi a una nuova comunicazione con l’aiuto di creator che, facendo sponda anche con gli influencer, grazie alle loro community e al lavoro svolto sui social riescono a buttare giù il muro: «Con altri creator italiani siamo stati al Parlamento europeo a Strasburgo a marzo, abbiamo potuto vedere da vicino come funziona una plenaria, abbiamo parlato con gli eurodeputati che a loro volta ci hanno raccontato il loro ruolo. Questo contribuisce ad avvicinare i giovani perché io, con il mio linguaggio e con il mio tipo di comunicazione, posso arrivare alla mia community».
Una sorta di effetto moltiplicatore per rompere la bolla di Bruxelles e arrivare ai ragazzi. Secondo l’Eurobarometro, lo strumento ufficiale utilizzato dall’Ue per monitorare regolarmente lo stato dell’opinione pubblica, il 71% degli intervistati dichiara che «probabilmente» voterà per scegliere il proprio rappresentante nell’emiciclo composto da 720 membri.
A questo si aggiunge che il 60% si dice «interessato» o «molto interessato» all’appuntamento elettorale, con un aumento di 11 punti percentuali rispetto alla primavera del 2019. Numeri interpretati come incoraggianti da Zito: «Questo mi sembra già un punto a favore per le nuove attività messe in campo».
Non bisogna comunque perdere di vista il pericolo relativo alla disinformazione, visto che la diffusione di notizie false rischia di minare la percezione sulle politiche portate avanti a Bruxelles. Ma a tal proposito Zito si mostra ottimista: «Il pubblico giovane crede meno alle fake news ed è predisposto a comprendere ciò che arriva dalle istituzioni europee».
La tendenza a credere di non avere alcun ruolo importante nell’Unione europea porta i ragazzi a guardare le imminenti elezioni con diffidenza e sfiducia. Un atteggiamento che si basa su una percezione errata, visto che l’Ue mette a disposizione diverse opportunità.
Senza dimenticare che la maggioranza delle politiche che si discutono a Bruxelles ha un impatto sulla vita quotidiano dei cittadini. Tra tutti spicca il DiscoverEU, un’azione del programma Erasmus+ che – con un pass grazie a cui è possibile viaggiare – permette di esplorare la diversità dell’Europa e di conoscere il suo patrimonio culturale.
Invece il programma di finanziamento del Corpo europeo di solidarietà «permette di fare un’esperienza di volontariato», di partecipare a progetti e formazione per la comunità europea. Anche la Commissione europea sta provando ad avvicinarsi ai ragazzi a partire dall’idea di inserire un cosiddetto youth check, una verifica nell’ottica dei giovani dando loro più voce nelle politiche. «Non c’è una barriera nel palazzo: in questo modo un ragazzo si rende conto che ciò che dice ha un impatto su quello che si discute a Bruxelles», spiega Elania.
Secondo la quale «c’è una marea di opportunità per i ragazzi, tutti i giorni andrebbero scavate». Indubbiamente la partecipazione dei giovani è una variabile legata ai temi che saranno affrontati in campagna elettorale. L’Unione europea può fare affidamento su alcune piattaforme dedicate, come Digital Skills and Jobs Platform, in cui fare dei training per le abilità sul piano digitale.
A questo si affiancano le due leggi che sono già in vigore, il Digital Services Act e il Digital Market Act, che sono punti di riferimento in questo periodo elettorale per chi popola i social. Aspetti importanti che tra l’altro svolgono anche una funzione sociale, come la legge sui servizi digitali che rappresenta una tutela dal cyberbullismo.
Le iniziative certamente strizzano l’occhio ai giovani, ma tutto ciò non basta. Per sentirsi coinvolti i ragazzi si aspettano che il tema dei cambiamenti climatici possa occupare il primo piano nelle discussioni: «È un tema molto sentito tra le fasce più giovani, preoccupate per il futuro. C’è l’auspicio che le attività sull’ambiente vengano portate ancora avanti e migliorate nella prossima legislatura».
Non solo. Zito fa notare che gli stravolgimenti geopolitici hanno cambiato i temi pre-guerra in Ucraina: «Il tema di politica estera di Difesa è sentito, i giovani vorrebbero saperne di più».
A tutto ciò si aggiunge il discorso relativo alla democrazia e a tutto ciò che ne deriva (libertà e diritti fondamentali). Infine, ma non per ordine di importanza, c’è la questione del lavoro: «I giovani sono preoccupati perché impatta direttamente sul loro futuro. La direttiva sul salario minimo, che diventerà applicabile da novembre, è stata pensata anche per i giovani sperando di riuscire a dare un impatto in paesi come l’Italia dove spesso si parla di disoccupazione giovanile».
Come anche la direttiva sulla trasparenza salariale, nelle offerte di lavoro è un passo in avanti per combattere il divario di genere, ma richiede unità e coordinamento. L’Unione europea prova a correre ai ripari parlando il linguaggio giovanile, i ragazzi sentono le istituzioni Ue ancora distanti ma in molti aprono la porta al voto di giugno: è una magra illusione o davvero sono segnali che lasciano presagire una forte mobilitazione giovanile?
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