La solitudine dei numeri primi è doppia, quando alle Europee le preferenze devono essere due, uomo-donna. E si capisce che il caso Elly Schlein è quello di chi, votata per guidare la volata, teme di essere superata dai suoi gregari. Perché c’è una gara nella gara, per le Europee che riguardano il Pd.
Le liste Dem sono strutturate con nomi di peso. Perfino molto pesanti, in grado – sbilanciando gli equilibri interni – di cambiare in profondità le prospettive del Nazareno. C’è Elly Schlein capolista, come noto, al Centro e Isole. Ma in quanto mera portatrice d’acqua: se eletta, non andrà al Parlamento europeo, come dice lei stessa.

La sfiducia costruttiva

“Mi sono candidata per far eleggere più eurodeputati possibile”, la sintesi del ragionamento che aveva fatto candidandosi. La numero uno tira la volata agli altri, ma in un contesto in cui non mancheranno eccezioni – nel Pd – a macinare perfino più preferenze della leader. Si pensi a Stefano Bonaccini, nel Nord-Est. O a Dario Nardella, Matteo Ricci e Nicola Zingaretti, tutti e tre nel collegio dell’Italia centrale. I kingmaker delle preferenze sono agguerriti. E dietro le quinte trova spazio perfino l’ipotesi che i ticket, le accoppiate uomo-donna siano più frastagliate del solo tandem con la segretaria. E che qualcuno voglia recapitarle – nel segreto dell’urna – un messaggio chiaro. Una sfiducia costruttiva: Schlein sarà pure la segretaria ma i voti del territorio sono e rimangono appannaggio delle correnti.

La sfida di cacicchi e capibastone

E di quegli odiati cacicchi, ràs locali e capibastone contro i quali la segreteria di Elly Schlein sta combattendo una lotta contro i mulini a vento. Nel Pd dell’Italia centrale il duello vero di cui si parla nei circoli e tra i militanti è quello tra il sindaco uscente di Pesaro, Matteo Ricci, e l’ex governatore del Lazio, Zingaretti. Goffredo Bettini ha detto chiaro e tondo che il suo sostegno va al primo, e non al secondo. Ma la campagna di Zingaretti procede con una macchina organizzativa lanciatissima. Tre iniziative al giorno, a volte quattro. I giornali, le televisioni. Lui, che è nato nella Fgci, sa quanto conta il porta a porta, lo scambio di battute con gli elettori, perfino il singolo volantino dato mano per mano. Argomento, questo, che ha visto Schlein scivolare su una piccola gaffe: incontrando gli studenti di Skuola.net ha raccontato l’incipit del suo avvicinamento alla politica. Dalla Svizzera. “Non ho fatto la rappresentante. Facevamo casino, occupavamo, facevamo scioperi. All’università mi hanno costretto a candidarmi al Consiglio di facoltà, 71 voti. Che fatica dare volantini! Io sono schiva di carattere”. Certo che se la fatica è quella di distribuire volantini, il confronto con la storia di Giorgia Meloni, una attivista instancabile sin dai 14 anni, è impietoso.

La fiducia di Bonaccini

Intanto Bonaccini ieri era a Trento, da dove ha provato a rasserenare ecumenicamente gli animi (e le anime) del partito, proponendosi non come lo sfidante di una iperbolica rivincita su Schlein, ma come un uomo delle istituzioni super partes, un mediatore di pace. “Non c’è mai stato un Pd così unito come adesso. Ringrazio la segretaria Schlein per la proposta di candidatura, e credo che dopo nove anni e mezzo si troverà qualcuno adeguato alla mia successione in Regione”. Poi Bonaccini ha concluso con un wishful thinking: “Alle europee avremo un risultato superiore a quello che immaginiamo”.
La campagna elettorale è nel pieno e prelude a quella che verrà.

Il futuro dem in Emilia Romagna è De Pascale

L’Emilia-Romagna – dove l’elezione del governatore in Europa è dato per scontato – andrà al voto tra fine ottobre e la prima settimana di novembre e nel Pd si è già aperta la corsa. Anche con un passaggio formale: la direzione regionale del Pd si era riunita due settimane fa per tracciare, o meglio preparare, il percorso del dopo-Bonaccini. Dando il via a interlocuzioni serrate con tutti gli alleati già consolidati della maggioranza di Bonaccini (Italia Viva inclusa) e aprendo anche a quelle con i potenziali nuovi compagni di strada. Il nome che sta emergendo su tutti è quello di Michele de Pascale, classe 1985, attuale sindaco di Ravenna e una stima trasversale che va da Schlein a Franceschini. L’ex ministro della cultura nella sua Emilia-Romagna ha peso doppio, ma è lo stesso Bonaccini ad aver individuato per primo il suo successore.
Al telefono con il Riformista, de Pascale precisa: “Ho sostenuto Bonaccini alle primarie ma ho stima di Elly Schlein, che è la mia segretaria, e su molte cose sono d’accordo con lei”. Di primarie regionali, però, non se ne parla.
“Questo lo deciderà Schlein e la segreteria, per ora posso dire che non c’è l’obbligo di farle”. Come una matrioska, ogni elezione tira l’altra: scattando Bonaccini in Europa, ecco che in Regione E.-R. si candida de Pascale. E se eletto, per la prossima primavera si dovrà votare per il nuovo sindaco di Ravenna, dove si profila all’orizzonte un nuovo confronto non scontato tra il Pd e il candidato che gli contrapporrà il centrodestra.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.