Cronaca
Ex Ilva, vertice di Governo: Arcelor Mittal avvia il ritiro
Sull’ex Ilva “è scattato l’allarme rosso. Per il governo il rilancio è una priorità e le richieste di ArcelorMittal sono inaccettabili”. In una conferenza stampa notturna, convocata dopo dodici ore di riunioni e vertici dai toni anche drammatici, il premier Giuseppe Conte riassume quella che è una vera e propria guerra tra il governo e la multinazionale dell’acciaio. Ma sull’immunità restano intatte le tensioni nella maggioranza e nel Movimento Cinque stelle. “Lo scudo penale è stato offerto ed è stato rifiutato. Il problema è industriale”, sottolinea il premier riferendo che dall’azienda è arrivata una richiesta di “cinquemila esuberi” e chiamando “tutto il Paese e le forze di opposizione alla compattezza”.
Saranno 48 ore sul filo della suspense. Perché la trattativa con ArcelorMittal non è ancora definitivamente chiusa.
LA GIORNATA – E’ durato circa tre ore il vertice a Palazzo Chigi tra il governo e i vertici di Arcelor Mittal e in serata è in programma una conferenza stampa dell’esecutivo per fare il punto della situazione. Il premier Giuseppe Conte ha convocato i massimi livelli dell’acquirente ArcelorMittal. Nella città pugliese, intanto, i lavoratori si riuniscono in un presidio di protesta mentre il presidente della Regione, Michele Emiliano, dice amaro che “bisogna prepararsi all’eventualità di un’altra cordata”. “Sono fiducioso, la linea del governo è che gli impegni contrattutali vanno rispettati”. Così il premier Giuseppe Conte prima dell’inizio dell’incontro a Palazzo Chigi con ArcelorMittal.
L’azienda, intanto, ha avviato le procedure per ‘restituire’ 10.777 dipendenti. L’annuncio ha fatto partite lo sciopero immediato a Taranto. “A rischio 4mila posti di lavoro”, dice Bentivogli della Fim. Entro qualche giorno il Tribunale di Milano dovrà assegnare a un giudice la causa intentata da ArcelorMittal per recedere dal contratto di affitto dello stabilimento di Taranto. Nel documento di retrocessione ad Ilva delle aziende e dei 10777 dipendenti spiega che il recesso del contratto deriva dall’eliminazione della protezione legale. La Protezione legale – si osserva – costituiva “un presupposto essenziale su cui AmInvestCo e le società designate hanno fatto esplicito affidamento e in mancanza del quale non avrebbero neppure accettato di partecipare all’operazione né, tantomeno, di instaurare il rapporto disciplinato dal Contratto”.
“Il governo è disponibile a fare tutto il necessario perché ci sia il rispetto degli impegni contrattuali”, ha aggiunto. Una discussione non facile che coinvolge il futuro di tutto il gruppo dell’acciaio che in Italia, tra dipendenti diretti e indotto, occupa quasi 15 mila famiglie. A un anno dalla firma del contratto che ha previsto l’affitto del gigante siderurgico ad ArcelorMittal, che nel giro pochi mesi sarebbe dovuto diventare un acquisto definitivo, è nuovamente tutto in discussione. ArcelorMittal ha chiesto al tribunale di Milano di verificare la possibilità di recedere dal contratto, perché i cambiamenti normativi (il venir meno delle tutele legali per la realizzazione del piano ambientale) e le decisioni dei giudici di Taranto impedirebbero il rispetto dell’intesa siglata col governo.
L’ad Lucia Morselli, ha incontrato in serata nello stabilimento tarantino i segretari territoriali di Fim, Fiom, Uilm e Usb, e ha confermato che che l’azienda sarebbe intenzionata a recedere dal contratto. Dopo le prime reazioni in polemica, il fronte politico di maggioranza si è ricompattato in vista del vertice al quale sono attesi Lakshami Mittal, numero uno della famiglia imprenditoriale, e il figlio Aditya che segue gli affari in Europa, oltre ovviamente a Morselli. Al fianco di Conte ci sarà Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo Economico.
Ieri un po’ tutti gli schieramenti a sostegno del Conte bis – e anche i sindacati – si sono ricompattati. Il premier ha tenuto il pugno duro, fermo sul voler impedire i 5 mila esuberi, come potrebbe accadere. Tutti hanno poi finito per riconoscere che non è una scelta saggia dare ad ArcelorMittal “l’alibi” del venir meno dello scudo legale (saltato definitivamente con l’ultimo decreto Imprese) per lasciare l’Italia.
Lo stesso Patuanelli ha indicato come la corposa documentazione presentata a supporto della richiesta di disdettare il contratto, sveli una strategia covata da tempo – probabilmente per i risultati industriali ben inferiori alle attese (l’acciaieria perde 2 milioni al giorno) – e che aspettava solo il momento propizio per dispiegarsi in una clamorosa ritirata. Una sintesi tra le parti potrebbe trovarsi con l’impostazione suggerita dal Pd di Zingaretti, ovvero chiarire con una norma generale che adempiere al dovere imposto da una norma (il piano ambientale in questo caso, normato da un Dpcm) non può esporre alla punibilità penale: non un provvedimento ad hoc, dunque, ma una chiarificazione che metterebbe al riparo la multinazionale.
ArcelorMittal sembra già essersi cauelata anche su questo aspetto. L’acciaieria, nella citazione depositata al tribunale di Milano per veder riconosciute le proprie ragioni, sostiene che anche se “la protezione legale fosse ripristinata, non sarebbe possibile eseguire il contratto” in quanto c’è la possibilità che, per un provvedimento dell’autorità giudiziaria di Taranto, venga di nuovo spento l’altoforno 2 e “in tal caso dovrebbero essere spenti anche gli altiforni 1 e 4 in quanto, per motivi precauzionali, sarebbero loro egualmente applicabili le prescrizioni” del tribunale sull’automazione degli altiforni. Il contratto sull’Ilva di ArcelorMittal andrebbe considerato “risolto”.
In attesa dell’esito dell’incontro i lavoratori e sindacati si sono stabiliti in sit-in davanti allo stabilimento deciso dal consiglio di fabbrica permanente di Fim, Fiom e Uilm dopo l’annunciato disimpegno della multinazionale franco-indiana. Oggi, secondo quanto comunicato ieri pomeriggio dall’Ad Lucia Morselli nel confronto con le organizzazioni sindacali, ArcelorMittal avvierà la procedura ex art.47 della legge 228 del 1990 di retrocessione dei rami d’azienda con la restituzione degli impianti e dei lavoratori ad Ilva in Amministrazione straordinaria. Ogni azione di mobilitazione, hanno sottolineato Fim, Fiom e Uilm, “sarà comunicata ed adottata già dalle prossime ore, se necessaria ad evitare ricadute imprevedibili dettate dall’incapacità ed incoscienza di soggetti deputati a decidere sul futuro di una intera collettività che ha pagato e sta pagando un prezzo fin troppo elevato”.
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