L'intervista
Fabio Torriero: “Così Alleanza Nazionale anticipò il partito di Meloni, il nome da un piccolo movimento antifascista”
Il 27 gennaio 1995, a Fiuggi, si svolse l’ultimo congresso del MSI-DN che si aprì con una relazione a suo modo storica di Gianfranco Fini. Il leader missino propose lo scioglimento del partito per confluire nel nascente movimento politico Alleanza Nazionale. A quella conclusione – che dava il via alla nuova storia del centrodestra italiano – Fini arrivò non per una folgorazione improvvisa ma dopo un biennio di lavoro soprattutto culturale, che venne svolto al riparo dei riflettori da un gruppo di intellettuali.
Non del tutto separati dalla politica, anzi in dialogo con Pinuccio Tatarella ed altri, ma improntati a un metodo di confronto frequente: composero quel cenacolo vero e proprio che si riunì intorno a L’Italia Settimanale e fu poi il promotore del manifesto ideale – prima che programmatico – di Alleanza Nazionale. Tra loro nomi del calibro di Giano Accame, Pietrangelo Buttafuoco, Malgieri, Vittorio Feltri, Vittorio Messori, Irene Pivetti, Pasquale Squitieri, Dario Salvatori, Alessandro Campi, Franco Cardini, Roberto Gervaso. E un giovane Fabio Torriero, oggi docente universitario Lumsa e autore di numerosi saggi politologici. Prima di occuparsi della comunicazione di Gianfranco Fini nella fondazione Fare Futuro, Torriero scrisse, preparando le tesi della svolta di Fiuggi, tre saggi in cui prefigurava un salto in avanti della destra italiana: unendo federalismo e sovranismo, destra sociale e liberalismo si sarebbe potuto dare vita a un “partito della nazione” agganciato al blocco conservatore europeo.
Com’è nata l’idea di Alleanza Nazionale?
«Fu l’elaborazione collettiva di un gruppo di intellettuali, in osmosi con alcuni dirigenti del Msi come Pinuccio Tatarella. Il nome deriva da un piccolo movimento antifascista nato nel 1928 e attivo fino al 1931, monarchico-liberale e conservatore, guidato dal poeta Mauro De Bosis. Si chiamarono Alleanza Nazionale, lo evocammo durante una riunione dell’Italia Settimanale. Eravamo nel 1993, ci lavorammo su per tutto il 1994».
Durante la discesa in campo di Berlusconi e le elezioni che videro protagonista Forza Italia.
«Sì, e mettemmo insieme la punta più giovane e intellettuale del Msi con i simpatizzanti della Lega, già esistente da anni, e della nascente Forza Italia. Pensavamo a una destra di governo che doveva caratterizzarsi con le grandi riforme, a partire dal presidenzialismo».
In quegli anni nasce la sua attività saggistica che ispirerà poi il congresso di Fiuggi del 1995.
«Dal 1993 al 1995 pubblicai il Nuovo manifesto dei conservatori, Terza Repubblica e Oltre il Polo, dove proponevo l’incontro tra le tradizioni conservatrici italiane e la loro fusione in una idea moderna, giovane di destra di governo. Poi facemmo Fare Futuro e stabilimmo un partenariato con la Fondazione Liberal di Adornato e la Fondazione Craxi: definimmo il perimetro dell’attuale centrodestra».
Andiamo per gradi. Gianfranco Fini aveva la sua storia tutta interna al Msi.
«Sì, ma con caratteristiche peculiari dovute anche al suo essere bolognese, attento a costruire comunità, ad andare oltre, a unire a sé intellettuali e giovani nel nome di una sfida rivolta al futuro. Tema che volle mettere nel nome due volte, con Fare Futuro e poi con Futuro e Libertà, e che fu al centro della svolta di Fiuggi e dei documenti preparatori che ci trovammo a discutere».
Così nacque Alleanza Nazionale…
«Che puntava a diventare il partito conservatore di massa. Con un orientamento di sintesi tra tutte le componenti dei diversi conservatori italiani. Partimmo da una considerazione: le destre europee, inglesi e francesi in particolare, erano uscite vincenti dalla Seconda guerra mondiale. Noi no. E dovevamo partire da lì: riconoscerci pienamente nei valori della democrazia e dell’antifascismo, porci come antitesi di ogni discriminazione, razzismo e antisemitismo. Per convinzione, come adesione piena e assoluta al blocco europeo dei conservatori».
Fu un processo naturale?
«Sì, i tempi erano maturi. Ma fu un processo accelerato dagli appuntamenti elettorali. L’arrivo di Berlusconi e il successo di FI indicavano che andava rapidamente costruito un contenitore nuovo per la destra. Forse poi si è pagato il prezzo di quella corsa, che avrebbe dovuto richiedere un maggior periodo di elaborazione e di metabolizzazione».
Giorgia Meloni è figlia di quella storia?
«Sì, Meloni si forma in Alleanza Nazionale, respira sin dai suoi primi passi quell’aria di svolta, di nuova consapevolezza».
Sarà lei a dare vita a quel Partito della nazione, quel partito conservatore di massa teorizzato a Fiuggi?
«Non c’è alcun dubbio. E lo sta già facendo».
© Riproduzione riservata