Se ci sono calciatori ludopatici, spiace per loro naturalmente; come per qualunque ludopatico, aggiungo. Né mi parrebbe giusto trascurare il dramma degli alcolisti, dei tossicodipendenti, insomma di tutte le storie di solitudine, disagio, difficoltà nell’affrontare la vita. Ma nessuna persona dotata di un po’ di buon senso sarà in grado di individuare una sola buona ragione che possa giustificare questo circo osceno che è stato messo su in questi giorni intorno a questa storia dei calciatori scommettitori. Tanto più che nulla è emerso che abbia a che fare con il regolare svolgimento delle partite, al momento: dunque di cosa stiamo così freneticamente parlando? Ma è molto semplice: gogna, gogna, gogna.

Ormai la gogna, il processo sommario, il godimento incontenibile della messa all’indice riempie le nostre giornate, incendia i social, alimenta il mondo della informazione pubblica e privata. C’è un signore che promette anticipazioni, si accredita come depositario di verità esplosive, opera in una non chiara sincronia con chi le indagini deve farle di mestiere, promette mirabolanti impennate dell’audience a chi lo inviterà nelle sue trasmissioni, a prezzi tutt’altro che scontati, e tutti se lo contendono eccitati. Fa qualche nome, ne lascia intendere altri, sa ma dirà a puntate, un po’ alla volta s’intende, qui e là distrattamente ritratta, tanto che importa; e nel contempo rivendica l’incremento verticale del valore del proprio sito.

Non ha remore, non ha freni, nessuno glieli pone neppure quando dice di madri che lo chiamano cento volte scongiurandolo di non sputtanare il figlio, ma lui purtroppo, seppure con dispiacere, proprio non potrà tacere. Per deontologia professionale, si intende, è il giornalismo, bellezza.
Lo racconta, se ne compiace, e tutti dietro ad investigare su chi sarà quella povera madre, ma soprattutto chi sia il figlio da crocefiggere. Dobbiamo stupirci di questa indecenza, di questa oscenità? Non possiamo.

Sappiamo bene dove è nata, di cosa si è alimentata, come ha fatto a diventare normalità. Siamo il Paese dei processi in piazza, della gogna come strumento di lotta politica, della irrisione e della messa all’indice di diritti fondamentali quali la presunzione di innocenza, il diritto alla riservatezza (delle indagini, delle conversazioni private). Siamo il Paese dove ciò che conta per distruggere una persona è l’ipotesi accusatoria, non la sentenza; dove i Pubblici accusatori sono le star, e i giudici dei superflui comprimari, probabilmente collusi o imbelli se assolvono. Siamo il Paese che ha promosso con lode gli inquirenti e i giudici di Enzo Tortora. Siamo il Paese che si inebria per le indagini con 400 arresti, e non si interessa degli esiti finali di quelle indagini. Siamo il paese dove può esistere, senza che si batta ciglio, un quotidiano che arriva a presentare candidati ad elezioni amministrative con la dicitura “indagato per corruzione, prosciolto”. E ora dovremmo scandalizzarci per Fabrizio Corona? Questo si semina, questo si raccoglie.

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Avvocato