Il mondo cattolico è avanti, o almeno, è più avanti di quello che sarebbe immaginabile, proprio sui temi della morale. Che poi abbracciano un po’ tutti gli aspetti della vita della Chiesa, delle persone, e magari anche della teologia. Secondo papa Francesco se non c’è accordo tra fede professata e praticata, la teologia serve a poco. Ma veniamo ai fatti. Lunedì Papa Francesco, come abbiamo scritto su queste pagine, ha parlato di come vede la famiglia. Vale la pena riportare qualche frase.

Primo punto: la teologia. «È chiamata a elaborare una visione cristiana della genitorialità, della filialità, della fraternità – non solo quindi del legame coniugale –, che corrisponda all’esperienza famigliare, nell’orizzonte dell’intera comunità umana e cristiana. Anche la cultura dei nonni, che è molto importante. La cultura della fede, infatti, è chiamata a misurarsi, senza ingenuità e senza soggezione, con le trasformazioni che segnano la coscienza attuale dei rapporti tra uomo e donna, tra amore e generazione, tra famiglia e comunità».

Secondo: guardiamo alle famiglie vere e proprie e non all’ideologia della famiglia, comoda ma irreale. «La qualità del matrimonio e della famiglia decide la qualità dell’amore della singola persona e dei legami della stessa comunità umana. È perciò responsabilità sia dello Stato sia della Chiesa ascoltare le famiglie, in vista di una prossimità affettuosa, solidale, efficace: che le sostenga nel lavoro che già fanno per tutti, incoraggiando la loro vocazione per un mondo più umano, ossia più solidale e più fraterno. Dobbiamo custodire la famiglia ma non imprigionarla, farla crescere come deve crescere. Stare attenti alle ideologie che si immischiano per spiegare la famiglia dal punto di vista ideologico. La famiglia non è un’ideologia, è una realtà. E una famiglia cresce con la vitalità della realtà. Ma quando vengono le ideologie a spiegare o a verniciare la famiglia succede quello che succede e si distrugge tutto. C’è una famiglia che ha questa grazia di uomo e donna che si amano e creano, e per capire la famiglia dobbiamo sempre andare al concreto, non alle ideologie. Le ideologie rovinano, le ideologie si immischiano per fare una strada di distruzione. State attenti alle ideologie!».

In realtà cosa dice il Papa? Intende sottolineare che la famiglia è il cardine della società sul piano teorico ma sul piano pratico va aiutata – dalla Chiesa, dai governi, dalla società civile – e non va ingabbiata dentro schematismi. Per i cattolici la famiglia è basata sul matrimonio tra un uomo e una donna, ma ciò non esclude che vadano considerati altri tipi e forme di legami, purché ci sia amore, rispetto, sostegno. La misericordia – cifra ‘teologica’ della Chiesa nel suo approccio con la realtà, a partire dal Vaticano II – non esclude nessuno, invita le persone a riflettere e camminare in un percorso di crescita. Del resto nessuno nasce ‘imparato’, alla maturità ci si arriva.

Questa lunga premessa serve a farci capire meglio cosa sta cambiando. Ad esempio il teologo Giuseppe Lorizio su Avvenire di giovedì indica al governo qualche elemento di riflessione. La 194 va applicata nella parte di prevenzione (interessante notare che a ottobre la stessa idea, espressa da mons. Paglia in televisione, ha generato un diluvio di critiche. Ma si era in campagna elettorale…); poi è necessario legiferare sul fine vita; infine ci si deve impegnare a fondo contro l’omofobia. Se la posizione sulla 194 non è nuova (e neppure originale, e magari coincide con i partiti al governo, ora che siamo fuori dalla campagna elettorale), va considerato l’accento del teologo quando precisa il quadro di riferimento in cui si muove la Chiesa. «La fede cristiana, nella sua forma cattolica, è sempre stata amica della ragione, allorché esercitata ed espressa laicamente con onestà intellettuale. Del resto, quando leggo sui media che alcuni esponenti dell’attuale maggioranza in Italia sarebbero ‘ultra-cattolici’ non so se sorridere o indignarmi. Un cattolico non potrà mai essere ‘ultrà’, appellativo che si riserva ai frequentatori e tifosi degli stadi. Se qualcuno sta offrendo questa rappresentazione sarebbe utile un chiarimento, abbandonando la sciarpa identitaria per dire che non si è ultrà, ma semplicemente credenti in politica».

Che la Chiesa sia sempre stata amica della ragione forse è discutibile, però è apprezzabile e da notare l’apertura ad un dialogo autentico, segno di tempi nuovi, e la messa fuori gioco degli oltranzismi di cui non se ne sente davvero il bisogno. Come è un segno di tempi nuovi quanto scrive un altro teologo, il moralista argentino Antonio Gerardo Fidalgo (docente a Roma, all’Istituto “Alfonsianum”, vera scuola di formazione e insegnamento della teologia morale) a proposito di un’altra vexata quaestio: l’indissolubilità del matrimonio. Tema su cui in Italia e non solo, si accapigliano da decenni teologi, papi, sinodi dei vescovi (due con Francesco), esperti e conservatori di tutte le specie. E intanto separazioni e divorzi corrono in tutto il mondo (occidentale e cristiano). Adesso che il clima ecclesiale consente almeno di discutere sui temi controversi, Fidalgo prende la parola e si chiede: non sarà che il Diritto canonico, con questa idea del matrimonio indissolubile, ha ingabbiato dentro uno schema rigido una relazione tra persone che proprio per sua natura è dinamica e aperta a trasformazione e cambiamento?

Si può leggere, nel lungo articolo pubblicato sul sito www.settimananews.it, che «la realtà del matrimonio, vista e celebrata dal punto di vista della fede, deve realizzarsi nelle e attraverso strutture ecclesiali di fede e di partecipazione attiva della comunità ecclesiale, e non risolversi nei tribunali dove in qualche modo è presente una prospettiva casistica legalistica. E questo vale sia all’inizio, in vista della celebrazione del matrimonio, sia, se necessario, in caso di fallimento dell’esperienza coniugale». Ma c’è di più. Il teologo ha dalla sua due argomentazioni forti. La prima: i sacramenti mica sono tutti uguali. Battesimo ed Eucarestia sono ben intagliati nei Vangeli e dunque «c’è una gerarchia di verità tra i sacramenti essenziali (battesimo ed eucaristia) e il resto. La realtà ontologica data al battesimo e all’eucaristia non può essere la stessa degli altri sacramenti».

Secondo: le parole di Gesù «l’essere umano non separi ciò che Dio ha unito», che fondano l’indissolubilità del matrimonio, ebbene siamo sicuri che siano adeguate alla realtà? Insomma se due persone si sposano e non sono mature, basta pronunciare una formula, stare sotto il diritto canonico, e tutto si risolve in automatico? In altri termini, argomenta il teologo, la fragilità umana che tutti sperimentiamo e conosciamo, si risolve con una formula e così le difficoltà della vita scompaiono? Detto meglio, con le parole precise di Fidalgo, «il matrimonio è una promessa per tutta la vita, purché sia sempre portatore di vita, altrimenti può cessare ed essere riconsiderato. Qui si può parlare solo di separazione (momentanea o definitiva) mai di nullità (terminologia giuridica non adeguata o corretta dal punto di vista teologico e antropologico)».

Ecco, il terremoto teologico è partito, in Italia con Lorizio e nel mondo della morale con Fidalgo. Il terremoto teologico non è tanto la questione concreta, ma la prospettiva che si possa parlare di temi controversi. Che se ne possa discutere liberamente. Il merito di aver aperto le cataratte di un dibattito – di cui il mondo cattolico tradizionale o fondamentalista non vuole neppure sentir parlare – va al volume Etica teologica della vita, pubblicato a fine giugno dalla Libreria editrice vaticana. Il volume raccoglie gli Atti di un seminario coordinato e promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita, su espresso desiderio di papa Francesco, e si discute (anche con voci discordanti) su tutti i temi della morale cristiana (dalla nascita alla morte, passando per aborto, contraccezione, eutanasia, etica medica…). Così inizia la stagione nuova in cui si può parlare, di etica e di vita, senza risposte precostituite o preconfezionale. Ed anche di morale, matrimoniale e non solo. Qui prende il via la Chiesa del futuro, nel rapporto con se stessa, con la realtà, con i fedeli e con la società ed anche con la politica.

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Giornalista e saggista specializzato su temi etici, politici, religiosi, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, Geopolitica della Chiesa cattolica (Laterza 2006), Ratzinger per non credenti (Laterza 2007), Preti sul lettino (Giunti, 2010), 7 Regole per una parrocchia felice (Edb 2016).