Nel 2009 le famiglie italiane erano le più benestanti, nel 2022 c’è un gap del 35% rispetto al dato tedesco. L’analisi emerge dai dati pubblicati a metà gennaio dalla Banca d’Italia e da Istat sul patrimonio posseduto. La ricchezza netta pro capite nel nostro Paese è inferiore a Francia e Germania: emerge un trend stagnante negli ultimi 12 anni che neanche i fenomeni più recenti post pandemia – l’impennata dei prezzi delle attività finanziarie e il boom del depositi – sono riusciti a invertire.

In pratica le famiglie italiane hanno visto crescere il valore della loro ricchezza, ma non sono diventate più ricche nella stessa misura. L’elevato tasso di risparmio registrato negli anni Ottanta e Novanta permette ancora alle nostre famiglie di avere consistenze importanti, ma lo stock non cresce più: registra una bassa crescita nominale e una contrazione in termini reali. II perno delle attività degli italiani resta la casa.

Le nuove statistiche quantificano l’eterogeneità della composizione del portafoglio delle famiglie italiane, che è rappresentato principalmente da abitazioni e depositi per quelle meno abbienti ed è maggiormente diversificato per quelle più ricche (con un peso significativo di azioni e di attività non finanziarie non residenziali). Il cinque per cento delle famiglie italiane più abbienti possiede circa il 46 per cento della ricchezza netta totale. La concentrazione della ricchezza netta è aumentata tra il 2010 e il 2016, per poi mantenersi pressoché stabile; la dinamica più recente, caratterizzata da una lieve crescita nel 2021 e da una riduzione nel 2022, sembra riflettere principalmente l’andamento dei prezzi delle attività finanziarie detenute dalle famiglie appartenenti alla fascia più ricca.

La composizione del portafoglio delle famiglie per classe di ricchezza ha subito significative variazioni fra il 2010 e il 2022. In un periodo caratterizzato da una generale flessione dei prezzi degli immobili, il peso delle abitazioni è sceso dal 55,8 al 50,2 per cento a livello aggregato; tuttavia, per le famiglie più povere è cresciuto di quattro punti percentuali. Dal 2017 la ricchezza netta mediana è restata sostanzialmente stabile e l’indice di Gini è leggermente calato.

Nel confronto con gli altri tre maggiori paesi dell’area dell’euro, il rilevante calo della ricchezza netta mediana negli anni successivi alla crisi dei debiti sovrani e il suo mancato recupero nel periodo successivo rappresentano una peculiarità italiana. Anche in Francia nel periodo di analisi la ricchezza mediana ha superato ampiamente quella dell’Italia, mentre in Germania la sua crescita ha ridotto da circa 140.000 a 50.000 euro il divario rispetto ai più elevati livelli osservati in Italia.

Complessivamente nell’area dell’euro la ricchezza netta mediana ha raggiunto un minimo di circa 100mila euro nel 2013 per poi salire gradualmente fino a superare i 140mila euro nel 2022. Il divario rispetto al complesso dell’area riflette la più elevata quota di ricchezza netta detenuta in Italia dalle famiglie al di sotto della mediana (legata soprattutto al possesso di abitazioni), che controbilancia la più ampia quota di ricchezza detenuta dal cinque per cento più ricco (46 per cento alla fine del 2022). In Germania, invece, a fronte di una percentuale simile di ricchezza posseduta dal cinque per cento più ricco (48 per cento nel 2022), è molto più bassa la quota della metà più povera delle famiglie, in parte per il maggiore ricorso all’affitto della prima casa. Alla fine del 2022 le famiglie italiane sotto la mediana detenevano una ricchezza media di circa 60mila euro, pari a tre volte quella delle rispettive famiglie tedesche; un divario positivo, seppure più contenuto, si osserva anche nei confronti della Francia. Al contrario, la ricchezza media nelle altre due classi è maggiore per le famiglie francesi e tedesche.

“L’Italia dovrà “imprimere un’accelerazione al consolidamento dei conti pubblici” attraverso “una gestione prudente della finanza pubblica” con “adeguati livelli di avanzo primario” ha commentato il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta nel suo intervento all’Assiom Forex a Genova. Secondo Panetta per crescere, il nostro Paese deve “dare certezza agli investitori su una traiettoria discendente del debito pubblico. La riduzione dei premi per il rischio che ne potrebbe derivare renderebbe meno arduo il percorso”.

Un recupero del potere d’acquisto dei salari “dopo le perdite subite”, grazie agli aumenti e al calo dei prezzi “è fisiologico e potrà sostenere i consumi e la ripresa dell’economia”, ha aggiunto. E “oggi la probabilità che un ipotetico rafforzamento della dinamica salariale dia il via a una tardiva rincorsa salari-prezzi è esigua” e “se si leggono i dati con attenzione” le “preoccupazioni si attenuano”. Panetta ha poi indicato che “si sta rapidamente avvicinando il momento di un’inversione di rotta nell’orientamento della politica monetaria” della Bce, perché “l’esame delle condizioni macroeconomiche indica che la disinflazione è in una fase avanzata e che il cammino verso l’obiettivo del 2% prosegue con speditezza”.