Mauro Felicori non rinnova la tessera di Italia Viva. L’ex Direttore generale della Reggia di Caserta dal 2015 al 2018, a lungo dirigente del Comune di Bologna, se ne va dal partito di Matteo Renzi senza sbattere la porta, che tiene ad argomentare con noi. Fino a dicembre 2024 è stato consigliere e assessore alla cultura e al paesaggio della Regione Emilia-Romagna.

Perché ha lasciato Italia Viva?
«La motivazione politica che vale per me, come per chiunque in Italia, è l’abbraccio con la Schlein, la fotografia di quella famosa partita di calcio. Quando Renzi dichiara che l’orizzonte definitivo scelto da Iv è il campo largo, chiude una vicenda politica. Punto. Una decisione sbagliata, per me che avevo individuato nel percorso liberaldemocratico del terzo polo un progetto definito e di lungo corso».

Lei, Felicori, ha una storia di sinistra.
«Sì, in gioventù sono stato comunista. Per me, dopo un lungo percorso, l’adesione al campo liberale è stata la conquista di una consapevolezza nuova, al passo con il mutare dei tempi. Una decisione maturata, pensata. Di quelle che danno un orizzonte di senso alla vita, e che mal si accompagnano a piccole scelte tattiche…»

Quello di andare a sinistra è un tatticismo?
«Renzi è uscito dal Pd e ha convinto molte persone a seguirlo perché andava costruita una alternativa riformista, liberaldemocratica. Dire che adesso si deve vivacchiare all’ombra del Pd e perfino del M5S, costruire con loro una alleanza stabile, fa crollare di colpo tutte le premesse di quella operazione. Perché se bisogna fare tutto quello che dice il Pd, allora tanto vale rientrare in quel partito. Almeno per chi vuole seguire Renzi con coerenza. Ma fare un partitino del 2% che diventa una “corrente esterna” dei Dem, no. Non ha molto senso. E chi vuole invece rimanere a lavorare su un soggetto liberaldemocratico, deve prenderne le distanze».

Cosa che ha fatto.
«Sì, non perché abbia cambiato idea io, ma perché ha cambiato idea Renzi. Che è il più bravo di tutti, il più abile, il miglior comunicatore e anche il miglior tattico della politica italiana. Innamorato dell’idea che con la tattica si possa vincere sempre. Cosa che chi ama la politica fino in fondo non crede».

C’è stato anche l’incidente della sua mancata candidatura alle Europee…
«C’è stato un doppio giallo che devo ancora capire. Perché Renzi non si è voluto candidare nel collegio Nord-Est, alle Europee? E perché non ha voluto neanche candidare me, che qualche migliaio di voti li avevo? Sembra non aver avuto voglia di infastidire troppo il Pd nella sua regione più forte, l’Emilia-Romagna. Forse considerandola una battaglia persa, o forse per non dispiacere troppo a qualcuno».

Guardiamo avanti: quale progetto le interessa, per il futuro?
«Al momento gioco la mia battaglia riformista da solo. Sono in contatto con Luigi Marattin, di cui ho grandissima stima, e vedo muoversi qualcosa di interessante in Azione. Vediamo se nel futuro si andrà delineando un progetto più strutturato. Spero che l’area riformista, che ha una base elettorale molto grande, trovi la forza di darsi una rappresentanza politica degna».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.