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Femminicidio, confini incerti e un ddl in rotta con la Costituzione. La norma populista e la fattispecie solo italiana

Contro il disegno di legge del Governo che propone di inserire nel nostro ordinamento il reato di femminicidio, hanno in questi giorni preso posizione autorevoli studiosi delle scienze penalistiche spiegando come la nuova fattispecie non solo presenti confini incerti, che ne compromettono la tipicità, ma come, nella sua stessa essenza, si ponga in rotta di collisione con i valori costituzionali a partire dal principio di uguaglianza.
Si è anche rilevato che l’ordinamento oggi consente già, in presenza di circostanze qualificanti il fatto, la prospettazione della pena dell’ergastolo. Non è però solo la norma incriminatrice a presentare le patologie richiamate, ma anche tutto quell’insieme di divieti di bilanciamento tra attenuanti e aggravanti la previsione, per la prima volta esplicitata, della interlocuzione della persona offesa – in caso di patteggiamento – sulla qualificazione giuridica del fatto, sul bilanciamento tra circostanze e sulla quantità della pena concordata con riferimento alle fattispecie di violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia. Norme simbolo, inefficaci sul piano della prevenzione ma destinate a placare la domanda di vendetta sociale che ormai sembra inesorabilmente farsi avanti nel nostro Paese senza trovare argine alcuno.
La prospettiva diversa
Il Ministro della Giustizia, superate con una certa leggerezza le critiche di sistema, ha tra l’altro definito l’intervento anche quale strumento di attuazione della Convenzione di Istanbul. Va subito chiarito che questa non è la prospettiva del documento sottoscritto anche dall’Italia. Si tratta, come è noto, della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, che costituisce la cornice di riferimento per le norme internazionali in materia. La Convenzione individua strategie di contrasto alla violenza di genere definendo quattro capisaldi, le cosiddette “quattro P”: Prevenzione, Persecuzione, Protezione, Politiche integrate.
Il diritto penale, non una lotta al fenomeno
Radicale cambiamento culturale, percorsi di formazione e programmi educativi scolastici, interventi per garantire pari opportunità, misure di prevenzione sociale: questi i punti nodali degli interventi indicati come necessari e prioritari per garantire la parità di genere. Al diritto penale è assegnata la funzione tipica della risposta al crimine nelle cornici costituzionali dei singoli ordinamenti e non certo la sua elezione a strumento di lotta al fenomeno. Del resto, nessun altro Paese sottoscrittore della Convenzione ha ritenuto di inserire nel proprio ordinamento l’autonoma fattispecie di reato e le misure da doppio binario proposte dal Governo italiano.
Il femminicidio negli altri ordinamenti giuridici
La stessa Spagna, che pure per prima ha adottato il testo unico sulla violenza di genere (Ley Organica 1/2004), non annovera una autonoma figura di reato di omicidio di una donna. Fuori dal Continente europeo, i Paesi che conoscono della incriminazione del “femminicidio” sono in particolare quelli dell’America latina nei quali si registra il più alto numero di crimini violenti contro le donne. Lo studio della Commissione economica delle Nazioni Unite per l’America Latina e i Caraibi (ECLAC) aggiornato al 2023 consegna un dato davvero inquietante: quasi 4.000 donne uccise, in media oltre 10 ogni giorno. In quei territori, le cause degli omicidi delle donne sono riconducibili certamente a subculture di stampo patriarcale ma, in misura significativa, anche ai fenomeni di criminalità transnazionale legati al traffico di esseri umani. La vita umana in certi contesti vale pochissimo e ancor meno quella delle donne, spesso principale bersaglio di ritorsioni nelle faide tra bande. Storicamente, poi, in diversi Paesi del centro e sud America la violenza contro le donne è utilizzata come strumento di repressione del dissenso politico. Legislazioni che hanno queste matrici non possono certo indicare la strada per l’introduzione nel nostro sistema di reati destinati a collocarsi fuori dalla cornice costituzionale. Ecco che ancora una volta si scommette su una legge simbolo dal carattere populista; intervento a “costo zero” dal valore propagandistico, efficace soltanto sul piano mediatico.
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