Alberto Fernandez ha vinto le elezioni presidenziali in Argentina con il 48,10% delle preferenze sul 97,92% dei voti conteggiati, sconfiggendo il presidente uscente Mauricio Macri fermo al 40,38% dei voti. Il ballottaggio non è previsto quando uno dei candidati supera il 45% oppure il 40% con 10 punti di margine sul secondo classificato. La ex presidente Cristina Kirchner (2007-2015) sarà la vice del peronista Fernandez.

“Siamo tornati e saremo migliori” ha commentato Alberto Fernandez, alla notizia della propria vittoria elettorale davanti a migliaia di sostenitori. “I tempi che ci aspettano non sono facili. L’unica cosa che ci preoccupa è che gli argentini smettano di soffrire”. Al suo fianco la ex presidente Cristina Kirchner, che sarà sua vice, ha chiesto al presidente uscente Mauricio Macri di usare gli ultimi giorni del mandato per prendere “tutte le misure necessarie ad attenuare la drammatica situazione” della nazione. Il politico peronista ha anche sottolineato che lavorerà con Macri per la transizione e collaborerà “in tutto”, per “ricostruire il Paese dalle ceneri che sono state lasciate” dagli oppositori sinora al potere. La popolarità di Macri è crollata l’anno scorso, a causa della grave crisi economica. Secondo il ministro dell’Interno, l’affluenza al voto è stata di oltre l’80%.

Il presidente uscente dell’Argentina, Mauricio Macri, ha ammesso la sconfitta elettorale e ha fatto gli auguri al suo successore, Alberto Fernandez, promettendo di condurre un’opposizione “sana e costruttiva”. Macri, sconfitto al primo turno dopo che la sua popolarità è precipitata a causa della crisi economica, ha invitato il futuro capo di Stato per una colazione alla Casa Rosada in giornata. La proposta è stata accettata da Fernandez, che s’insedierà il prossimo 10 dicembre.

Le elezioni si sono svolte in una Argentina alle prese con la peggior crisi economica del Paese da 17 anni a questa parte, e Fernandez era già favorito nei sondaggi. A sfidarsi, in un’America Latina in piena agitazione politica e sociale, sono due modelli agli antipodi. Ma il favorito, quando si è recato alle urne nell’elegante quartiere di Puerto Madera a Buenos Aires, ha promesso di porre fine alle divisioni: “I giorni del ‘noi’ e ‘loro’ sono finiti” e “siamo in una gigantesca crisi, tutti devono assumersi la responsabilità per ciò che verrà”, ha detto. Quanto a Macri, allo staff del seggio in cui ha votato nel quartiere di Palermo ha portato una borsa di dolcetti locali ‘media-luna’ e ha invitato gli elettori a un’affluenza massiccia, che secondo gli analisti sarebbe la sua unica speranza di colmare il gap con Fernandez e costringerlo a un ballottaggio.

Secondo la legge argentina, per imporsi al primo turno è necessario ottenere il 45% dei voti oppure più del 40% ma con uno scarto di 10 punti sul candidato arrivato secondo. Il duo peronista Fernandez-Kirchner alle primarie di agosto, che sono una sorta di prova generale delle presidenziali,  aveva staccato di 17 punti il capo dello Stato in carica. E da allora, secondo i sondaggi, il vantaggio è cresciuto ancora. I seggi hanno aperto alle 8 ora locale (le 12 in Italia) e hanno chiuso alle 18 (le 22 in Italia). Le elezioni in Argentina, nello stesso giorno in cui va alle urne l’Uruguay, giungono in un momento di grande tensione in America Latina, con il Cile e la Bolivia nel pieno di proteste, solo qualche settimana dopo le rivolte avvenute in Ecuador.

L’Argentina attraversa una crisi economica acuta: è in recessione da oltre un anno, con una forte inflazione e un debito massiccio. E la povertà è esplosa. Alberto Fernandez ha voluto “tranquillizzare” gli argentini eliminando lo spettro della grave crisi del 2001, quando i prelievi bancari furono drasticamente limitati e i depositi in dollari trasformati in pesos. “Ci occuperemo dei vostri risparmi, ci prenderemo cura dei vostri depositi in dollari in banca. Non avrete alcuna ragione di essere nervosi”, ha promesso. Con decenni di inflazione e svalutazioni cicliche, gli argentini sono abituati a trovare rifugio nel dollaro. La moneta argentina si è deprezzata del 70% da gennaio del 2018. Questa settimana le tensioni nel mercato hanno provocato un nuovo deprezzamento del peso, del 5,86%, con il dollaro che ha superato 60,73 pesos venerdì della scorsa settimana, chiudendo a 64,51.

A metà del 2018, in pieno disordine monetario, Maricio Macri aveva attuato un programma di rigore fiscale a seguito del versamento dei 57 miliardi di dollari di aiuti finanziari del Fondo monetario internazionale (Fmi). Manca ancora il versamento di 13 miliardi, ma Macri attende il risultato elettorale per negoziare. Con lo slogan ‘Si, si può fare’, chiede un voto di fiducia garantendo che il miglioramento economico è imminente, dopo il “consolidamento dei fondamentali” legato alla sua politica di austerità. Alberto Fernandez, dal canto suo, propone una tregua di 180 giorni a sindacati e movimenti sociali per consentire la ripresa della crescita economica.

Redazione

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