Stop alle richieste a “strascico” da parte del Consiglio superiore della magistratura nei confronti dell’onorevole Cosimo Maria Ferri. La Giunta per le autorizzazioni ha rispedito al mittente, questa settimana, la richiesta della Sezione disciplinare del Csm di poter utilizzare, nel procedimento contro il parlamentare renziano, le intercettazioni realizzate mediante il Trojan inserito dalla Procura di Perugia nel cellulare di Luca Palamara. Il Csm aveva trasmesso nei mesi scorsi al Parlamento una valanga di trascrizioni senza però indicare quali dovessero essere utilizzate o meno.

Il relatore, il deputato Pietro Pittalis (FI), aveva fatto presente questa situazione già nella riunione del 4 agosto. La legge sulle quartentigie prevede, infatti, che vi sia una precisa individuazione dell’oggetto della richiesta. «La prassi applicativa da parte degli uffici giudiziari e delle altre autorità richiedenti», è stato ricordato «è quella di allegare alla richiesta di autorizzazione l’elencazione dettagliata delle conversazioni o comunicazioni intercettate che si chiede di potere utilizzare, insieme alle relative trascrizioni e registrazioni». Il Csm, invece, forse preso dalla foga di chiudere quanto prima il procedimento disciplinare contro Ferri, magistrato in aspettativa ed ex ras della corrente di Magistratura indipendente, ha prodotto «due supporti informatici, consistente in svariate migliaia di pagine», dove sono presenti numerose captazioni di conversazioni che coprono un arco temporale di quasi tre mesi, da marzo a maggio 2019.

Le conversazioni rilevanti, in questo mare magnum di ascolti, sono ovviamente quella della sera del 9 maggio 2019, quando Ferri, insieme al collega Luca Lotti, incontrò all’hotel Champagne di Roma Palamara e cinque togati del Csm. Le captazioni sono fondamentali per definire la posizione di Ferri, accusato di «gravi violazioni dei doveri di correttezza ed equilibrio, scorrettezza verso i colleghi e il tentativo di condizionare in maniera occulta l’attività della commissione incarichi direttivi del Csm». In particolare la nomina del nuovo procuratore di Roma. Tali condotte sarebbero poi state aggravate avendo posto «in essere un uso strumentale della propria qualità e posizione» di parlamentare. Il Csm aveva rigettato le eccezioni sollevate da Ferri, il quale ha sempre sostenuto l’illegittimità e l’inutilizzabilità delle captazioni perché le opinioni da egli espresse sarebbero coperte dall’immunità. Inoltre tali captazioni dovrebbero essere qualificata non come “casuali” ma come “indirette”, con conseguente violazione delle guarentigie assicurate per mancanza di previa autorizzazione parlamentare.

In attesa che il Csm fornisca l’elencazione puntuale delle conversazioni o comunicazioni delle quali è richiesta l’autorizzazione all’utilizzazione, con le relative trascrizioni e registrazioni, il dibattito ha scatenato la prevedibile polemica politica. Il pentastellato Eugenio Saitta ha sollecitato una rapida decisione, «anche per non dare adito a strumentalizzazioni mediatiche su possibili intenti dilatori da parte della Giunta». Immediata la risposta del renziano Catello Vitiello per il quale «l’autonomia e l’indipendenza della Giunta prevalgono su qualsiasi considerazione mediatica». Vitiello ha poi ricordato quelle che sono state le tempistiche di trasmissione della richiesta da parte del Csm rispetto a quelle di inizio del procedimento disciplinare nei confronti di Ferri. Palazzo dei Marescialli, infatti, aveva atteso mesi prima di attivarsi in tal senso. La decisione finale il prossimo primo ottobre.