Feudo Ramaddini: il Magazzino del vino con vista sul mare di Marzamemi

Marsà al Hamen in arabo significa rada delle tortore. Da questo termine che ricorda il passaggio abbondante di questi uccelli in primavera deriva il nome del piccolo borgo di Marzamemi, piccola frazione del vicino comune di Pachino, in provincia di Siracusa. Marsà significa anche porto e mai nome fu più aderente alla storia e alle funzioni di questo minuscolo approdo di pescatori.

Nel borgo marinaro di Marzamemi
Marzamemi viene fondata intorno all’anno mille. Grazie al porto – e alla ferrovia costruita nel 1935 – inizia a commerciare con il mondo esterno. Intorno a questo remoto borgo, situato nella parte più a sud della Sicilia, è possibile scoprire chiese, palazzi d’epoca, tonnare, riserve naturali, spiagge incontaminate e scorci di natura selvaggia: un concentrato di attrazioni uniche per i visitatori.

Ma l’origine araba di Marzamemi ha anche ispirato in anni recenti l’etichetta di uno dei più apprezzati vini di Feudo Ramaddini, il Moscato Passito di Noto Dop Al Hamen. “Il Moscato di Noto, in dialetto siciliano Muscatedda, diverso dal Moscato di Alessandria che si fa a Pantelleria, è uno dei due grandi vitigni di questa zona della Sicilia. L’altro grande vitigno è il Nero dAvola, che è nato proprio qui e soltanto in tempi recenti si è diffuso in tutta l’isola. Si può dire che, con la generica Doc Sicilia, ce lo hanno scippato. Bisognerebbe lavorare per rimediare a questa situazione”. A parlare è Carlo Scollo, uno dei due soci (l’altro è Franco Ristuccia) che animano il Feudo Ramaddini, una delle cantine più interessanti della zona.

 

Tra meloni e pomodori, il ritorno dei vigneti
“L’azienda vitivinicola esiste da 13 anni. Ma noi siamo imprenditori in agricoltura da tempo. Ci siamo sempre occupati di orticoltura”. Scollo e Ristuccia, infatti, sono i soci della società Ecofaber che vanta 6,5 ettari di impianti serricoli all’avanguardia e due sedi aziendali altamente specializzate. Tutto nasce nel 1998 con la costruzione delle prime serre con impianti specializzati nella produzione di piante innestate di meloneanguriapomodoro. Poi viene il primo ampliamento degli impianti serricoli e la messa a punto e produzione su larga scala di piante di melanzana innestata e poi di piante di carciofo. Circa cinquanta milioni di piantine da orto vengono prodotte ogni anno in azienda, nei territori di Modica e di Pachino, per essere distribuite al mercato professionale. Dal 2008, l’interesse si è rivolto anche al mercato hobbystico: con Piante & Passione l’azienda si rivolge ai piccoli agricoltori e possessori di un orto domestico, che nel piacere di coltivare i prodotti buoni di un tempo, riassaporano le usanze del passato.

 

Un territorio di grandi potenzialità turistiche
“L’impianto dei vigneti risale al 2003. Da lì – racconta Carlo Scollo – comincia l’avventura nel vino. In quell’anno acquisto 20 ettari di terreno al confine tra Pachino e Noto. Il suolo è vocato per il Nero d’Avola. Cominciamo quasi per hobby: ho piantato Nero d’Avola, Moscato, Grillo, Syrah, Cabernet Franc. Ho cominciato a imbottigliare nel 2008. Abbiamo acquistato questa cantina per fare il vino e intercettare il flusso turistico che qui è molto importante grazie alla zona naturalistica tra Vendicari e Pantani Longarini. Marzamemi, inoltre è circondata da bellissime spiagge incontaminate. Siamo nel vertice a sudest della Sicilia e abbiamo grandi possibilità di attrazione turistica. Il territorio di Marzamemi, tra vino, pomodoro e pesca andrebbe ancor più valorizzato”.

Pesce e vino: furono questi, in effetti, i due prodotti principali che trovarono in Marzamemi il posto ideale per la loro lavorazione. L’antica tonnara fu costruita dagli arabi e venduta nel 1630 alla famiglia dei Villadorata che potenziò i fabbricati creando posti di lavoro e contribuendo allo sviluppo della comunità locale. Nell’arco di 150 anni attorno alla tonnara furono costruiti il palazzo, la chiesa della tonnara e le casette dei marinai che si stabilirono a Marzamemi.

 

Il vino di Pachino dai magazzini al porto
“Il vino era l’unico prodotto fino a 60-70 anni fa. Prima – spiega Carlo – il vino di Pachino era noto come vino da taglio per vini toscani e francesi. Dal porto di Marzamemi partivano le navi che trasportavano grandi quantità di vino prodotto localmente. Proprio in questa cantina confluivano le uve dal territorio circostante. Poi il vino attraverso appositi ‘vinodotti veniva trasportato per 400-500 metri sulle imbarcazioni direttamente dalle cantine che nascevano in contrada Lettiera. Ancora oggi in questa contrada spiccano due testimonianze storiche dell’epoca, il grande palmento Rudinì (oggi museo della vite e del vino) e i Magazzini del Vino (sede dell’azienda Feudo Ramaddini).

Il nostro magazzino era stato costruito da un commerciante di vini a Genova: si chiamava ‘Bianchi distilleria’. Qua arrivava giù il mosto e dopo la prima fermentazione alcolica veniva immagazzinato nei sotterranei nelle grandi cisterne”. Nel campo che separa i due stabilimenti dal porticciolo, oggi affollato di barche da diporto, sono visibili tratti dei condotti che servivano al trasferimento dei mosti dai palmenti alle imbarcazioni.

 

Dopo la crisi, riparte la viticoltura
“I vini erano prodotti diversamente da oggi – precisa Carlo – altamente alcolici e colorati, le viti ad alberello, la maturazione era molto spinta, esprimevano un alto grado zuccherino, senza controllo della fermentazione. Veniva privilegiata la quantità: il prodotto serviva per tagliare quindi il valore aggiunto di questo vino era soprattutto l’alcol. Con la costruzione della stazione ferroviaria il vino veniva trasportato anche dai treni merci che raggiungevano le varie località del nord Italia ed estere. Negli anni ’80 con la riforma dei patti agrari viene incentivata l’estirpazione dei vigneti. Con la riforma del lavoro degli anni ’70 chi lavorava diventava affittuario: così i latifondisti proprietari investirono sulle colture intensive come il frumento per evitare la manodopera. Nel 1989 partiva l’ultima nave da Marzamemi. Erano gli anni dello scandalo del metanolo”.

 

Moscato e Nero dAvola: lidentità di un territorio
Oggi è tutto cambiato, ovviamente. La viticoltura è ripartita alla grande. Feudo Ramaddini produce uve di Nero d’Avola, Chardonnay, Catarratto, Grillo, Moscato, Syrah e Cabernet Franc. La produzione annua è di circa 1.600 ettolitri. La gran parte delle 80mila bottiglie prodotte è venduta nei mercati locali delle province limitrofe: quasi tutti i ristoranti più importanti di Marzamemi, Noto, Siracusa e Modica. Il 20% del prodotto arriva a Milano, Torino e Roma. Piccoli quantitativi (10% del totale) sono esportati in Belgio, Olanda e Stati Uniti. I vini di punta sono soprattutto tre. il Patrono Noto Doc Riserva (Nero d’Avola), in cantina per tre anni dal momento della vendemmia, fa un anno in silos d’acciaio, un anno in tonneaux da 500L e almeno 6-8 mesi in bottiglia.

Vino dalla grande personalità, propone profumi e aromi di fiori appassiti, piccoli frutti rossi, scorza d’arancia amara disidratata, cuoio, sensazioni ematiche, marine e di salagione. Ha un gusto carnoso e tanto sapido, un tannino vellutato e un finale lungo. Il Quattroventi (Chardonnay-Catarratto) è un vino profondamente siculo, giallo paglierino intenso con riflessi dorati, un naso ricco di fiori gialli, ananas e pesca matura, erbe aromatiche e un sorso morbido, avvolgente, con una buona freschezza. L’Al Hamen è l’espressione più tipica e autentica del campione enologico di questo territorio: il Moscato Passito di Noto. Più volte premiato nei concorsi internazionali, questo vino dolce che si lascia ispirare nel nome dal borgo di Marzamemi, si presenta giallo oro alla vista, con un bouquet assai complesso e generoso di frutta candita, confettura di albicocche, miele, erbe aromatiche. Grande equilibrio tra morbidezza e freschezza in bocca, con un ritorno di frutta candita e un finale persistente.

Da qualche tempo è iniziata anche la produzione di bollicine. Da segnalare, prima di tutto, il Perla Marina – quattromila bottiglie prodotte con metodo Charmat – che conserva i prorompenti sentori tipici del Moscato, con le sue sensazioni mediterranee e floreali. Molto piacevole in bocca, residuo zuccherino medio-basso, buona acidità, ottimo per gli aperitivi o per accompagnare piatti di pesci alla griglia. Più semplici ma divertenti i due frizzanti Friscur’è da Cabernet Franc (blanc de noir) e da Nero d’Avola (rosato).

“Cerchiamo di fare emergere le caratteristiche tipiche dei vitigni con l’obiettivo di raggiungere livelli di qualità medio-alti”. I premi e i riconoscimenti ricevuti sembrano dimostrare che la strada è quella giusta. Solo negli ultimi anni sono arrivati, tra gli altri, la menzione per “Note nere” da parte della Guida Slowine, il Douja dOr per il “Patrono” Nero d’Avola Doc Noto e per “Al Hamen” Passito di Noto Doc (medaglia d’oro all’International Wine Challange ), e ancora ‘La Selezione del Sindaco‘ per il “Quattro Venti” Chardonnay/Catarrato Igt Terre Siciliane.

“Abbiamo fatto il passaggio all’agricoltura biologica da alcuni anni – aggiunge Carlo – e dal 2018 usciamo con la gran parte dei vini biologici. Ormai siamo totalmente autonomi, dalla potatura alla vendita. Abbiamo dubbi sul vegano e il biodinamico, ma il biologico per noi è una cosa molto naturale. Fantasie o stregonerie nei vigneti non mi convincono. E nemmeno troppa filosofia. Forse questo nostro atteggiamento non aiuta il marketing, ma mi pare corretto”. La cantina ospita i tini di acciaio, la bottaia dove il Patrono riposa per un anno nei tonneau di rovere francese, le macchine per l’imbottigliamento.

 

Feudo Ramaddini: per lasciare un segno
Qualche anno fa, Feudo Ramaddini ha investito in un progetto speciale: la riqualificazione di una rotonda all’ingresso di Marzamemi. L’idea è semplice: ricordare l’antica storia del vino in queste contrade con un piccolo vigneto espositivo di 800 viti. Il vigneto, disegnato dallo studio SciaraNiura dell’agronomo e paesaggista Francesco Borgese, accoglie i visitatori del borgo marinaro. Sull’antico edificio campeggia adesso il logo dell’azienda. “Vogliamo ripristinare agli occhi dei visitatori la tradizione vitivinicola del nostro territorio”, spiega Carlo Scollo. Un altro modo per prendersi cura di questa terra straordinaria.