Fiamma Nirenstein, giornalista inviata a Gerusalemme per “Il Giornale” è italiana e israeliana. Un parco pubblico del centro di Firenze, il Giardino di Borgo Allegri, porta il nome della madre partigiana e giornalista fiorentina Wanda Lattes e del padre storico della Shoah Alberto Nirenstein. Ha pubblicato con Giubilei Regnani “La guerra antisemita contro l’Occidente”.

Il sette ottobre è un problema israeliano, si sente ripetere. Anzi, se non ci fosse Israele ci sarebbe la pace col mondo arabo…
«È vero il contrario. il 7 ottobre è una data che non disegna solo una guerra per cancellare Israele. Non è affatto vero che, se Israele venisse eliminata dalla carta geografica, allora il Medio Oriente si acquieterebbe, il mondo avrebbe un diverso rapporto con il mondo arabo e islamico, la furia di chi vuole la guerra sarebbe placata. No. La sparizione di Israele che desiderano gli antisemiti, i fanatici, gli stolti, lungi dall’essere la soluzione di un conflitto sempre accusato di agitare il mondo intero, toglierebbe agli Stati Uniti, all’Europa, all’Oriente moderato lo scudo che si frappone fra loro e una guerra di dominio».
Nel suo ultimo libro, La guerra antisemita contro l’Occidente, parla della resa culturale europea e americana davanti alla forza dell’antisemitismo islamico nel mondo.
«Il sette ottobre sono rimasta basita dallo scannamento dei bambini e delle violenze alle donne, dall’otto ottobre in poi della inverosimile ferocia dell’opinione pubblica internazionale che invece di affiancarsi a Israele ferita, si è immediatamente prestata alle manipolazioni che hanno dato forza a questa ondata di antisemitismo di cui le anime belle fingono di lamentarsi».

La missione Unifil doveva presidiare la pace ai confini con il Libano, direi che non è riuscita perfettamente.
«Il confine libanese con Israele è stato scavato in questi ultimi anni, intorno alle basi Unifil, con tunnel strutturati, ampi e profondi. Alcuni dei quali passano accanto al muro di cinta dei compound. Hezbollah ha impiantato centinaia di batterie missilistiche dalle quali sono partiti migliaia di razzi sulla Galilea, che hanno sorvolato le basi Unifil. Non è che la missione non ha funzionato, è che ha coperto le operazioni dei terroristi, punto. Conoscendole benissimo».
Deliberatamente ignorato l’operatività dei terroristi?
«La scelta tipicamente onusiana, dell’Onu, è quella di coprire le malefatte dei paesi che all’Onu costruiscono la maggioranza automatica contro Israele. Dovevano sorvegliare la pace, non si sono mai accorti che mentre Israele era in pace, Hezbollah lanciava razzi? E secondo loro perché stavano scavando quei tunnel che passavano sotto il confine con Israele?».
Lei punta l’indice contro l’autodafé che manda alla deriva l’orgoglio occidentale. Come lo descrive?
«L’autodafé è una terribile involuzione che ha un carattere ideologico, culturale e strategico. Riguarda soprattutto masse di giovani, come si è visto con le università. Ce l’hanno con l’Occidente a cui rimproverano ogni tipo di malefatta nella storia e in particolare oggi con Israele, che della cultura occidentale interpreta la radice storica e al tempo stesso ne è l’avamposto più avanzato».

Si chiede da più parti, e lo abbiamo sentito ieri nel dibattito in Parlamento, l’urgenza di riconoscere la Palestina.
«L’80% dell’Anp parteggia per Hamas e quando Abu Mazen, vecchio capo di un regime autoritario scassato, lascerà di nuovo votare i palestinesi, ci sarà solo Hamas. La Palestina oggi è un piccolo regime radicalizzato che da decenni ha scelto, con Hamas, la strada dell’islamizzazione. Io non ho niente contro i palestinesi ma dobbiamo intenderci: vogliamo dare spazio ai regimi teocratici, alle dittature islamiche? Di che cosa stiamo parlando? Cosa viene in mente alla Schlein?».
La sinistra italiana è davanti a un testacoda continuo. In piazza per le donne senza velo in Iran e poi dalla parte dei proxy iraniani in Medio Oriente…
«Rinunciano ai valori della sinistra. Abdicano al rispetto della politica nel solco della storia. L’Iran impicca dissidenti e omosessuali in numero impressionante. Chiunque fosse davvero di sinistra dovrebbe avere in odio quel regime e i filoiraniani che lo sostengono in Palestina, dove al potere farebbero le stesse cose, se non peggio. Il nuovo antisemitismo nasce con lo stalinismo che dichiara lo Stato di Israele imperialista, capitalista e razzista e sulla base di questi tre aggettivi costruisce una narrazione antiebraica. La sinistra comunista è diventata sinistra woke, al capitalista si è sostituito l’oppressore e Israele è il primo dei cattivi, il più oppressore degli oppressori».
L’antisemitismo così diffuso di oggi la preoccupa?
«Sì. L’antisemitismo di oggi è capillare, minuto. Piccoli ma continui gesti, battute, sguardi che fanno capire in che clima stanno vivendo gli ebrei, che spesso per prudenza devono togliere la kippah, nascondere il loro essere ebrei. E basta guardare le scritte sui muri di Roma. Sono tornati tempi difficili».

Oggi è 16 ottobre, anniversario del rastrellamento nazista del Ghetto di Roma, un 16 ottobre molto amaro per gli ebrei italiani…
«Terribilmente amaro. Il sette ottobre in Israele è stato il 16 ottobre per Roma. Ci sono ancora tra noi persone che hanno conosciuto i campi di concentramento. Quando gli ebrei in Israele sono stati aggrediti il sette ottobre, quelli di Hamas gridavano: “Jehud, Jehud!”, ebreo, ebreo. Il loro scopo non è una rivendicazione di territorio amministrativo rispetto agli israeliani, è dare la caccia agli ebrei. Farne pulizia etnica. Ed è tanto più odioso quanto vi sia ancora tanta gente che non lo ha capito, o che finge di non capirlo. Dopo quella religiosa e quella razzista, oggi viviamo la terza fase nella storia dell’antisemitismo. Quella politica. L’incontro micidiale che c’è stato tra l’ideologia woke e la grande presenza islamica che c’è in Italia e in Europa. Queste due parti insieme creano un cocktail esplosivo e mortale».
Il suo impegno è notevole, la sua energia proverbiale. Libri, conferenze, reportage. In questo periodo si sente scoraggiata?
«Io sono una ebrea come tanti e come tutti gli ebrei vivo lottando per la sopravvivenza del mio popolo. Lotto con una forza vitale che ci rende combattivi. Mentre nella Shoah gli ebrei erano inermi, come quel 16 ottobre a Roma, oggi dietro di loro c’è Israele.
Uno stato ebraico che sta combattendo contemporaneamente su sette fronti. E salverà il suo popolo. Ce la farà».

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.