Ne va dello stato di salute del nostro Stato di diritto
Fine dell’incubo per Raffaele Marra, non fu abuso d’ufficio: adesso i giornali perché non scrivono nulla?

La Corte di Cassazione, con sentenza emessa il 22 giugno, ha annullato senza rinvio la condanna per abuso d’ufficio nei confronti di Raffaele Marra, ex capo del Dipartimento risorse umane del Comune di Roma e già ufficiale della Guardia di Finanza, perché il fatto non sussiste. La nota vicenda, risalente all’ottobre 2016, che aveva ad oggetto il conferimento di un incarico dirigenziale nell’amministrazione di Roma Capitale, aveva lungamente riempito le prime pagine dei quotidiani ed i palinsesti dei principali talk show televisivi dell’epoca, solleticando, come spesso accade, la furia giustizialista di una certa parte del Paese, sempre a caccia di scandali da gettare in pasto al grande pubblico.
L’epilogo processuale, ancorché tardivo, restituisce giustizia ai protagonisti, essendo stato investito anche il fratello Renato, che, per effetto della vicenda, si era visto ingiustamente revocare la nomina, di competenza del Sindaco, al vertice della Direzione turismo del Campidoglio, sebbene, com’è ovvio, non possa ridare loro tempo ed occasioni perdute.
È opportuno che la stampa, perché possa veramente assolvere alla nobile funzione che le è riconosciuta, inizi a dare un’eco maggiore a notizie come questa, che, invece, passano perlopiù inosservate, per risarcire, in qualche modo, chi è incappato in disavventure giudiziarie del danno d’immagine patito nella circostanza.
Questo giornale ha sempre meritoriamente sposato la causa del garantismo, evitando di cedere ai facili sensazionalismi, utili solo a vellicare i pericolosi sentimenti anti-casta che tuttora si annidano nella pancia della nazione e che di certo non giovano alle istituzioni democratiche. È tempo che, in mancanza di una cultura adeguatamente sintonizzata sullo spirito costituzionale, si riveda l’ambito di applicazione dell’esercizio del diritto di cronaca rispetto a vicende giudiziarie che, a fronte del clamore iniziale, culminano, poi, in provvedimenti favorevoli per gli interessati, nell’assoluta indifferenza degli organi di informazione.
Ne va dello stato di salute del nostro Stato di diritto, troppe volte invocato nel dibattito pubblico, senza attribuire, tuttavia, il giusto peso all’effettivo significato di questa locuzione fondamentale. È giunto, ritengo, il momento perché, una volta tramontata (e presto dimenticata) l’iniziativa referendaria del giugno scorso, questo Parlamento si incarichi di elaborare una riforma organica della macchina giudiziaria che affronti anche il delicato tema dei rapporti tra processo e media.
Sarebbe il modo migliore anche per celebrare la memoria di Enzo Tortora, a quarant’anni dall’inizio del terribile calvario che lo vide coinvolto, affinché la sua figura non sia più solo una bandiera da sventolare secondo convenienza, ma soprattutto un esempio condiviso da onorare concretamente per far avanzare la nostra civiltà giuridica.
*Luca Longhi – Ordinario di Istituzioni di diritto pubblico – Università Telematica Pegaso
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