Abbiamo intervistato Gianfranco Fini. Il fondatore di Alleanza Nazionale, che ha non solo rinnovato ma reinventato la destra italiana, ha certificato, imprimendoli sulla pietra, i valori dell’antifascismo, della democrazia e della libertà. Con il congresso di Fiuggi. Poi in raccoglimento allo Yad Vashem, il museo della Shoah in Israele. Alla formazione dei giovani ha dedicato anche un libro, Il futuro della libertà. Era il 2010, quattordici anni fa. Un’epoca in cui non risultano esserci stati, tra i giovani di An allora guidati da Giorgia Meloni, scivoloni pari a quelli di cui si parla oggi.

Come inquadra il caso Fanpage-Gioventù Nazionale?
«Sono rimasto allibito. Non pensavo che nell’anno di grazia 2024 ci fossero ancora soggetti così ignoranti, così fuori da ciò che è consentito a chi ha il bene dell’intelletto e conosce la storia».
E la reazione del partito?
«Sono stato lieto del fatto – e non ne dubitavo – che dopo un primo tentativo di derubricare la vicenda a provocazione di Fanpage, di sminuirlo, da parte di FdI le parole di condanna sono state molto nette. Se c’è un atteggiamento lontano mille miglia da quello di Giorgia Meloni, quello che ha oggi ma anche quello che aveva ieri, è proprio questo torcicollo. Questa nostalgia dell’ideologia fascista. Inimmaginabile, poi, l’antisemitismo».
Tutto molto distante da Giorgia Meloni?
«Molto. Perché Giorgia Meloni è stata non solo a capo dei giovani della mia Alleanza Nazionale, che si chiamavano Azione Giovani, ma ancora di più perché prima di arrivarci lei si è formata in una sezione del Msi, quella di Colle Oppio, con Fabio Rampelli, che era quanto di più lontano dai nostalgici. Quella che guardava avanti, all’inesplorato e all’inesplorabile. Si facevano chiamare “Gabbiani” perché volavano alto».

Si è formata in tutt’altro contesto, rispetto ai video di Fanpage?
«Quello che abbiamo visto è un contesto di deliri fuori dal tempo e dalla storia. Nessun dubbio sul fatto che il partito bollasse come vergognose quelle affermazioni. Che mi hanno colpito anche per un’altra cosa: l’ipocrisia, la vigliaccheria di giovanotti che applaudono Ester Mieli, le danno il benvenuto, e poi convinti di non essere ascoltati la prendono in giro».
Di estremisti e neofascisti ne avrà conosciuti anche lei, che faceva politica negli anni Settanta…
«Storace, che è sempre puntuale, ha detto: “Ai nostri tempi c’erano già soggetti (Storace dice: “stronzi”, ndr. ) come quelli, ma erano orgogliosi di quello che dicevano”. Questi tirano il sasso e nascondono la mano. Si vergognano. Parlano come tifosi ultras in curva, come se fossero al bar. Solo che al bar ci si ubriaca. Questi parlano così senza aver bevuto. Comportamenti che sono del tutto incompatibili con qualsiasi impegno politico, direi con qualunque impegno civile».
Sono episodi isolati o c’è qualcosa di più diffuso?
«Per come lo conosco io, sono episodi isolati. Anche a me quando c’era qualche raro episodio che mi veniva riferito, il partito interveniva. Ma non c’è dubbio che oggi va fatta una riflessione ampia su tutti i giovani, sulla questione giovanile».

Vede una postura superficiale , scomposta?
«Prevale il qualunquismo, il disimpegno, una cultura dell’effimero. Un atteggiamento di sfiducia e in alcuni casi di rassegnazione. Appare prevalente, perlomeno. Il tema del malessere giovanile è un tema che la politica deve porsi».
Come si faceva formazione ai giovani in Alleanza Nazionale?
«Nel periodo di An – dopo la svolta di Fiuggi, con le parole sull’antifascismo – c’erano tanti giovani. E anche molto bravi. Giorgia era sicuramente la migliore. Alla nostra destra c’era tutto un fiorire di formazioni estremiste. Una volta si sarebbe detto: extraparlamentari. Quelli che consideravano An come dei traditori, dei rammolliti… Gli estremisti allora non si avvicinavano ad An perché sapevano che non ci sarebbe stato spazio per loro».
Chi vigilava?
«Per prima, Giorgia Meloni. Non brava, di più. Le feste di Atreju erano appuntamenti aperti della grande politica. E c’era un controllo dei dirigenti del partito. Tra questi, Ignazio La Russa, che era stato dirigente del Fronte della Gioventù e poi con me alla svolta di Fiuggi. Parlo del 1977, alla nostra destra c’erano esaltati che volevano prendere la pistola, erano gli anni della lotta armata. Noi controllavamo ogni militante, tessera per tessera. Vigilavamo su tutto quello che succedeva nelle nostre sezioni».

E oggi?
«Ci sono ottimi dirigenti. Si educa con l’esempio, e io un esempio migliore di Giorgia Meloni non riesco a immaginarlo. Giovanni Donzelli me lo ricordo bene, tra i giovani dirigenti di Azione Giovani. E oggi lo vedo benissimo nel suo ruolo di responsabile dell’organizzazione. Ho visto che il deputato di FdI Riccardo Zucconi dice che porterebbe in visita quei giovani ad Auschwitz. Giusto, ma mi chiedo: quei ragazzi hanno mai visto Schindler’s List? Ripartiamo dal cineforum, torniamo agli anni Settanta. Ripartiamo dalla storia. Si può scherzare su molte cose, ma non su tutte. Ci sono dei totem che non possono essere scalfiti».
L’antisemitismo inizia sempre come satira, come barzelletta. Poi diventa tragedia.
«Si parla di unicità della Shoah. Perché il disegno di sterminare un popolo intero, dal neonato al centenario, è quello che ha fatto il nazismo. E non cinquecento anni fa, ma ieri. E non si può dire che su questo non c’è stata informazione. Perché appunto Schindler’s List credo sia stato proiettato centinaia di volte. Si fanno i viaggi della memoria ad Auschwitz e a Mathausen. Ci sono le testimonianze di Liliana Segre e dei sempre meno italiani sopravvissuti. Possibile che siano passati come acqua sul vetro?»
Il ritorno dell’antisemitismo la preoccupa?
«Mi preoccupa moltissimo. E’ tornato prepotente ma il fuoco che lo alimenta, se vogliamo essere onesti, non è il neofascismo o l’estrema destra. E’ l’operazione condotta in modo scientifico anche da una certa sinistra – parlo di quella francese – che dopo la vicenda di Hamas dice che a Gaza è in atto uno sterminio e finge di ignorare quello che è accaduto il 7 ottobre. Da lì è ripartito in modo molto vorticoso l’antisemitismo. Gli episodi di cui stiamo parlando ci inducono a dire: attenzione, nessun tipo di sottovalutazione neanche a destra. Ma è un fenomeno che riguarda la società nel suo insieme e quantitativamente più chi guarda a sinistra che chi guarda a destra».

I social acuiscono tutte le idiozie, valorizzano le strambate…
«Siamo nell’epoca di una informazione che deve essere sul pezzo 24 ore su 24, con i social che puntano sull’albero che cade e non sulla foresta che cresce. Mi rifiuto di credere che questi comportamenti riguardino i giovani. Riguardano una componente ultraminoritaria, rumorosa, che non va ignorata».
E come va trattata, invece?
«Va aiutata. Con una sana pedagogia civile. Intanto: fuori dai partiti. Facciano quel che fanno nelle curve da stadio, finché non gli danno il daspo anche lì. E un bel daspo politico ci vuole. Capisco l’ansia per il futuro e il malessere diffuso, accompagnato anche dalla crisi di identità dell’Occidente».
Può essere questo smarrimento, l’ansia diffusa, la crisi di identità, alla base di certe torsioni all’indietro?
«E’ un tema più ampio. La cancel culture pretende che si chieda scusa per qualsiasi cosa. Lincoln deve sparire dalle immagini perché aveva gli schiavi? Allora anche il Colosseo, che è stato costruito da schiavi. Confondere la storia dell’umanità con i diritti di oggi non aiuta né a capire la storia né a onorare quei diritti. Qualcuno vede l’Occidente talmente malato da ritenerlo sul punto di crollare: questo spiega – almeno in parte – l’atteggiamento della Russia. Dovremmo essere orgogliosi di quel che è stato l’Occidente. Le democrazie sono nate qui. Per dirla con Churchill: “Forse non sono perfette ma non abbiamo trovato un sistema migliore”. Vivere sempre sulla difensiva non aiuta a costruire il futuro».

C’è addirittura chi dice di sciogliere Gioventù Nazionale, invocando la legge Mancino…
«Enfasi che non serve a nulla. Ai miei tempi si voleva sciogliere il Msi con la legge Scelba. Tra l’altro anche su questo punto ci sono delle sentenze: la legge Mancino colpisce le organizzazioni, non i singoli. Se c’è una organizzazione che dichiara di essere a favore dello sterminio degli ebrei non solo è chiaro che va sciolta, ma ne vanno anche internati con il tso i suoi dirigenti. Qui non è in discussione una organizzazione ma alcuni singoli».
Meloni chiama in causa Mattarella e chiede rispetto anche per la vita dei partiti.
«Non c’è dubbio che quello di Fanpage è un giornalismo sui generis. Telecamere nascoste, finti militanti… un contenitore che andrebbe analizzato meglio forse anche alla luce della deontologia: il giornalista dovrebbe qualificarsi come tale. Ma quelle che hanno registrato sono autentiche bestemmie laiche, gravissime. Non polemizziamo con il contenitore, che è pessimo, fingendo di non vedere il contenuto. Quelle registrazioni parlano chiaro».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.