Fine della “tregua” fiscale! Ritorna a rovinarci il sonno il volto spietato e severo del Fisco. In verità non è mai stata una vera e propria tregua. Infatti nel 2022, in piena crisi economica, Agenzia delle Entrate ha comunque notificato più di sette milioni di cartelle. Ma in questi giorni, diventa pienamente operativa la convenzione stipulata tra l’Agenzia delle Entrate e il Ministero dell’Economia e delle Finanze per la notifica di oltre 5 milioni di cartelle esattoriali ai contribuenti entro il 31 dicembre 2022, per il solo anno d’imposta corrente. E non finisce qui, perché oltre all’anno corrente, l’Amministrazione Fiscale provvederà alla notifica di circa 15 milioni di cartelle esattoriali per gli anni 2020 e 2021.

In totale 20 milioni di cartelle in arrivo ai contribuenti! Una vera e propria bomba ad orologeria pronta a esplodere e colpire con la propria onda d’urto proprio la fascia di contribuenti che più ha patito gli effetti della pandemia e degli effetti del conflitto russo-ucraino: le imprese e gli imprenditori. Il rischio di default per le imprese è serio e concreto. Si rischia un’insolvenza diffusa, suscettibile di provocare effetti a catena disastrosi sull’economia nazionale. Ad oggi, un imprenditore non solo si trova costretto a fare i conti con l’aumento vertiginoso dei prezzi e il caro bollette, ma deve rispondere delle pretese tributarie dell’Amministrazione finanziaria che, anziché graduare il ritorno alla normalità post-Covid, si prepara ad un’offensiva di vasta portata. Senza trascurare, inoltre, il dato delle migliaia di imprese operanti nel comparto edile a rischio insolvenza per l’incapienza delle risorse economiche stanziate nell’ambito del Superbonus 110%.

Queste imprese hanno sostenuto costi triplicati, dal 2020 ad oggi e rischiano di non poter più recuperare. Sono, infatti, numerosissime le richieste di pagamento dei S.A.L. ritualmente inoltrate dalle imprese all’Agenzia delle Entrate che vengono quotidianamente (e con una motivazione seriale) sospese o rigettate da quest’ultima, ora per insussistenti vizi formali, ora senza alcun (neanche apparente) motivo. Problemi che si vanno ad aggiungere a quelle della mancata monetizzazione delle cessioni dei crediti. Inutile osservare che gli imprenditori (soprattutto quelli edili) sono sul piede di guerra, pronti ad affollare le aule giudiziarie con ricorsi contro l’Agenzia delle Entrate, sia avverso le imminenti cartelle di pagamento, che scontano spesso vizi di prescrizione e di nullità della notifica o di tante altre patologie o irregolarità (soprattutto davanti agli uffici tributari), sia avverso i rigetti non motivati o con motivazioni generiche e carenti delle richieste di pagamento dei S.A.L. legati al Superbonus (davanti al Tar). E senza escludere, a catena, la possibilità di successive azioni contro i firmatari dei provvedimenti immotivati per danno erariale.

Insomma, le imprese edili, se da un lato si vedono costrette a patire ritardi e disfunzioni della gestione delle pratiche relative al Superbonus da parte delle Entrate, dall’altro fanno i conti con la puntualità delle pretese fiscali dell’Amministrazione, vedendosi costrette a ricorrere a ulteriori linee di credito (laddove possibile), non solo per proseguire gli interventi di ristrutturazione già avviati (e magari, medio tempore, conclusi) senza monetizzazione di alcun credito fiscale maturato ma, altresì, per l’assolvimento pressoché immediato e puntuale delle obbligazioni fiscali degli ultimi tre anni d’imposta. La ricetta per un disastro economico è servita. La palla ora passa alla politica, attualmente più interessata agli esiti delle prossime elezioni che al benessere economico del Paese. Occorre non già una nuova “tregua” fiscale, come quella appena conclusasi con una corsa agli armamenti dell’Agenzia delle Entrate, ma una vera e propria “pace” fiscale, che consenta alle Imprese di riprendere la propria attività economica e sostenere l’economia nazionale, già duramente messa alla prova dalle crisi economiche degli ultimi anni.