Tutto è relativo, pure il Pnrr di Fitto
FITTOnata. Il Ministro spiega in Aula il taglio di 16 miliardi
Non saltano solo i progetti, a saltare sono anche e soprattutto le Riforme che il Governo non fa per i progetti del Pnrr.
“Così è, se vi pare”. Ma anche “Uno, nessuno e centomila”. Pirandello ci scuserà per evocarlo in conclusione di una giornata parlamentare dedicata alle Comunicazioni del ministro Fitto sullo stato di avanzamento dei lavori del Pnrr. Dopo aver ascoltato l’abile arte oratoria del titolare del Pnrr prima alla Camera e poi al Senato, l’unica cosa che ci pare di poter concludere è che quando si parla di Pnrr è tutto molto relativo.
Anche il significato delle parole per cui “definanziare” vuol dire “valutare e ricollocare”, “revisionare” non vuol dire “togliere risorse ma anzi cercare di usarle bene e al meglio”. Che togliere sei miliardi dalla voce “dissesto idrogeologico” vuol dire “valutarne, prima, la rendicontazione e l’ammissibilità”.
Tutto molto relativo, quindi. E infatti nella ricostruzione del Ministro sono mancati del tutto un paio di concetti chiave del Pnrr, preliminari a tutto il resto.
Il primo: il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano è, con i suoi 191 miliardi di dotazione, il più grande beneficiario del primo e più grande sforzo di debito comune deciso dell’Unione europea. Far fallire il Piano italiano vuole dire far fallire l’idea di un’Europa sempre più federata e unita.
Il secondo punto: per l’Italia è questa forse l’ultima occasione per cambiare e fare quelle riforme – giustizia, fisco, concorrenza, burocrazia, giusto per citare le più importanti – che la devono trasformare in un paese moderno, snello, con la certezza dei tempi e degli obiettivi.
E così il gran giorno delle spiegazioni e dei chiarimenti – come cambia il piano, che fine fanno i progetti definanziati, a che punto sono le rate e i relativi pagamenti – si è alla fine trasformato in un ennesimo rinvio.
“Questo governo – è il senso delle parole di Fitto – si è assunto l’onere di presentare proposte di modifica del Piano nella consapevolezza che se non lo facciamo ora saremmo costretti a farlo dopo, tra un anno magari, quando sarà troppo tardi”.
Conviene quindi armarsi di santa pazienza e seguire le 152 pagine della “Proposta di revisione del Pnrr e capitolo Repower Eu”, il documento ufficiale del governo. Leggendo il quale sono chiari alcuni punti. Ad esempio che progetti per 16 miliardi sono stati definanziati, cioè tolti dal Pnrr e dirottati altrove ma, ha avvertito l’Ufficio studi della Camera, “non sono chiare le nuove coperture finanziarie”.
Un altro punto che emerge con grande chiarezza dalla Relazione del governo è che alcune riforme, fondamentali proprio per realizzare quei progetti, sono state congelate e rinviate a non si sa quando. Il governo, infatti, rinuncia all’obiettivo di recuperare il 5% dell’evasione fiscale nel 2023 e il 15% nel 2024.
Il governo rinuncia anche a tagliare i tempi della giustizia civile del 65% nel 2024 e del 90% entro il 2026. Il governo rinuncia a sei miliardi contro il dissesto idrogeologico. “Si tratta di vecchi progetti, qualcuno datato 2010, il cui valore nominale a volte non raggiunge i centomila euro e che non abbiano alcuna possibilità di realizzare entro il 2026”, ha detto Fitto, non capendo che la giustificazione suona come la più grave ammissione di responsabilità.
Il governo rinuncia a 400 Case della comunità, mini-ospedali territoriali che erano la parte più importante del capitolo Sanità. Rinuncia a 300 milioni per gestire i beni confiscati alle mafie. “Non ci sono progetti” si è giustificato Fitto. Dimenticando che era proprio la facilitazione dei progetti la mission del governo.
“Qui non solo saltano i progetti, signor ministro, il problema ancora più grave è che saltano le riforme che dovevano aiutare la realizzazione dei progetti”, ha incalzato la senatrice Lorenzin (Pd). La maggioranza ha cantato in coro la “lucidità, il coraggio e la coerenza delle comunicazioni del ministro Fitto”.
Sugli asili nido, ad esempio, si è parlato tanto di tagli e invece “la revisione porta ad avere 900 milioni in più per questa mission”. L’Ufficio studi della Camera denuncia come “non siano stati specificati gli strumenti e le modalità attraverso le quali sarà mutata la fonte di finanziamento dei progetti definanziati”.
I senatori Antonio Nicita (Pd) e Silvia Fregolent (Iv) aggiungono che Fitto “non può pensare di convincerci di spostare i progetti definanziati dal Pnrr ai Fondi di coesione che lei stesso però ci dice che non siamo in grado di spendere. La verità è che quei progetti andranno persi per sempre”.
Il Ministro ripete più volte che si tratta di “una proposta di revisione su cui attendiamo il responso della Commissione”. Corretto. Lo è meno quando subito dopo dice che l’Europa ha già dato il via libera. Anche al pagamento delle rate. Delle due l’una. Ma nel Pnrr del governo Meloni tutto è molto relativo.
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