Un processo lungo quindici anni, approdato per ben due volte al terzo grado di giudizio (Corte di Cassazione) e prossimo a tornare per la terza volta alla fase del secondo grado (Corte di Appello). È il processo a carico di Vincenzo Nespoli, ex senatore del Pdl dal 2008 al 2013 ed ex sindaco di Afragola. «Non si può essere imputati per quindici anni», dice Nespoli all’indomani della pronuncia della Suprema Corte che ha annullato con rinvio, e per la seconda volta, una sentenza della Corte d’Appello di Napoli.

«Una vicenda paradossale», afferma. «La giustizia è un terreno sul quale il prossimo governo dovrà aprire un confronto molto ampio in Parlamento per coinvolgere il maggior numero di settori, perché non è possibile fare una riforma di parte su questa materia», aggiunge. «La priorità deve essere la ragionevole durata dei processi. La gente non può essere imputata a vita, deve avere un tempo decente per sapere se è colpevole o innocente». Per Nespoli questo tempo è ancora sospeso. Di cosa lo accusa la Procura? «Mi accusano di essere stato l’amministratore occulto di una società di vigilanza e di averne causato il dissesto, influenzando scelte gestionali che avrebbero favorito i miei interessi politico/elettorali», spiega.

Bancarotta fraudolenta, il reato che racchiude questa accusa. In primo grado l’ex senatore fu condannato a otto anni, ridotti a sei anni nel processo d’appello e azzerati dalla Cassazione che nel maggio 2019 annullò con rinvio la sentenza di condanna bocciando la tesi d’accusa sostenuta nell’inchiesta dei pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock. Due giorni fa la Corte di Cassazione ha adottato la stessa decisione: annullamento con rinvio, disponendo anche la revoca della confisca da 1,7 milioni di euro notificata all’ex parlamentare. Su quali elementi ha puntato la difesa?

«Alla Cassazione i miei difensori hanno posto la questione già al centro della prima sentenza di annullamento della mia condanna, e cioè la mancata valorizzazione degli argomenti dai quali si sarebbero potuto ricavare l’infondatezza dell’accusa e la mia innocenza – spiega Nespoli al Riformista -. Si è, purtroppo, trattato di un dato che ha accomunato tutte le sentenze che hanno dichiarato la mia colpevolezza: nessuna di esse si è confrontata, come avrebbero dovuto, con la critica che i miei difensori muovevano agli elementi di accusa e con le molte prove a discarico. Oggi, prendo atto con soddisfazione che la Corte di Cassazione ha bocciato, per la seconda volta, questo modo di procedere che ha distrutto la mia carriera politica e ha mandato nel panico la mia famiglia e che ognuno può avvertire essere pericolosissimo per i tanti innocenti che continuano ad essere imputati nei processi penali».

Si sente un perseguitato? «Non mi sento un perseguitato politico, ma non posso non pensare che la nascita del procedimento e il suo lungo e tortuoso cammino abbiano risentito del ruolo politico da me ricoperto all’epoca dei fatti», afferma. Quindi anni sotto accusa sono tanti. «Da tutti questi anni la mia esistenza è sospesa nell’incertezza di un futuro che non posso programmare e che alimenta l’angoscia dei miei familiari. Mi consenta però di dire che questo calvario giudiziario mi ha fatto conoscere avvocati di grande valore e umanità. Tra essi mi sento di rivolgere, commosso, un pensiero all’avvocato Rosario Pagliuca, scomparso prematuramente a causa del Covid, verso il quale continuo a provare grande riconoscenza per l’impegno profuso in mia difesa. Grazie a lui, all’avvocato Salvatore Pane e ai professori Maiello e Manes, ho goduto di un’assistenza processuale che mi ha protetto da accuse ingiuste perché contrarie alla verità dei fatti».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).