Si chiude con un’archiviazione l’inchiesta sul caso Metropol, ossia la presunta trattativa, avvenuta all’hotel di Mosca con un incontro del 18 ottobre 2018 tra il presidente dell’associazione LombardiaRussia Gianluca Savoini, l’avvocato Gianluca Meranda, l’ex bancario Francesco Vannucci e tre presunti intermediari russi su una compravendita di petrolio che, stando ad un audio, avrebbe dovuto avere lo scopo di alimentare con 65 milioni di dollari le casse della Lega. Lo ha deciso ieri il gip di Milano Stefania Donadeo che ha accolto la richiesta dei pm Giovanni Polizzi e Cecilia Vassena, archiviando le posizioni dei tre italiani indagati per corruzione internazionale.

L’indagine era nata dopo un articolo del 24 febbraio 2019 sul settimanale L’Espresso dal titolo “Quei 3 milioni russi per Matteo Salvini: ecco l’inchiesta che fa tremare la Lega”, seguito il 3 marzo successivo da “La lunga trattativa di mister Lega”. In sintesi, gli articoli descrivevano i passaggi iniziali di una trattativa condotta nel 2018 dalla Lega con sedicenti emissari del governo russo, mai identificati, per cercare di trasferire illecitamente in vista della campagna elettorale per le elezioni europee del 2019. “Soldi russi per i nazionalisti italiani del vicepremier Matteo Salvini (…) Al centro, uno stock di carburante (…) una compravendita grazie alla quale il Cremlino sarebbe in grado di rifocillare le casse del partito di Salvini alla vigilia delle europee del prossimo maggio”, scriveva l’Espresso.

L’inchiesta giornalistica veniva poi subito ripresa all’interno del libro Il libro nero della Lega, commercializzato a partire dal 28 febbraio 2019. Gli accertamenti svolti in questi anni, però, non hanno consentito di trovare la pistola fumante, cioè la dazione di denaro, limitandosi ad affermare che era “verosimile” che il leader leghista “fosse a conoscenza delle trattative portate avanti” per “assicurare” quegli “importanti flussi finanziari”, precisando però che “non sono mai emersi elementi concreti sul fatto che il segretario della Lega abbia personalmente partecipato” o “fornito un contributo”. Salvini, comunque, non è mai nemmeno stato indagato nell’inchiesta. La prova regina era un audio dell’incontro al Metropol, registrato da Meranda e consegnato ad alcuni giornalisti. La “mancata risposta della Russia alla rogatoria già prima dell’inizio della guerra in Ucraina, e l’ancora maggiore improbabilità di ottenere una risposta a seguito del conflitto”, come scrive Donadeo nelle 18 pagine del decreto di archiviazione, hanno messo una pietra tombale sull’inchiesta. Per provare il reato di corruzione internazionale, infatti, bisognava dimostrare che i russi fossero effettivamente dei ‘pubblici ufficiali’.

Adesso aspettiamo le scuse di tanti, e prepariamo le querele per molti”. È questo il commento su Twitter di Salvini. “Si mette la parola fine dunque ad una vicenda dai tratti squisitamente giornalistici e certamente priva di rilevanza giuridica”. Così l’avvocato Ersi Bozheku, legale di Meranda e di Vannucci. “Bisognerebbe capire chi è stato dietro questa macchinazione, che è nata per colpire la Lega di Salvini, con la stessa regia che c’è stata dietro gli attacchi a Trump”, è stato invece il commento di Savoini. “Tutto scoppia – ricorda Savoini – con le registrazioni illecite dell’ottobre del 2018, cinque mesi dopo la nascita del primo governo. Conte, di cui Salvini era vicepremier. In cinque mesi mettono in piedi una macchinazione perfetta per fermare la Lega, rivolgendo al nostro partito le stesse accuse già rivolte al presidente Trump”. “La Lega al 34 percento dava troppo fastidio, un rischio per il sistema globalista e anti-identitario. Io ero nella Lega da 30 anni e seguivo le relazioni con la Russia che erano tutte alla luce del sole: volevo solo salvare l’economia italiana che le sanzioni eurostatunitensi stavano affossando”, ha aggiunto quindi Savoini.