Ci sono – come accade spesso in politica – un testo e un sottotesto che convivono riottosi nel tema della cittadinanza, lanciato in campo da Forza Italia in questo fine agosto catatonico per l’anticiclone africano, in attesa di piogge che si spera non si tramutino in diluvi. Il testo si raccoglie nella questione che l’alleato “moderato” della Meloni ha posto relativamente all’acquisizione della cittadinanza per “diritto culturale” o ius scholae. In base allo ius scholae, allora, il giovane straniero che per un certo numero di anni (nella XVII legislatura le proposte del Pd ne prevedevano 12) abbia frequentato scuole italiane – assumendo pertanto non solo i rudimenti curriculari ma anche qualcosa di più, come la cultura, il modo di vedere il mondo, e di pensare “italiano” – ha diritto di ottenere la cittadinanza del nostro paese.

La spinta delle Olimpiadi che Forza Italia prova a cavalcare

La spinta mediatica poderosa delle Olimpiadi, per impatto soprattutto della squadra del Volley femminile e della sua front girl, Paola Enogu, che deve la sua incoronazione tra le icone nazionali alle misoginia anti-nera di Vannacci, hanno reso certamente più popolare un tema che dieci anni fa diventava strumento di conflitto tra destra e sinistra, aprendo un varco sul fronte dove Meloni e Salvini puntano una diversa bandiera. La norma vigente oggi in Italia (com’è noto basata sullo ius sanguinis) risale al 1992, anche se è diretta discendente dalla prima legge sulla cittadinanza dell’Italia unita, datata 1861, poggiata sul codice napoleonico e sull’idea di appartenenza diretta, per sangue appunto, a una stessa comunità nazionale. Dieci anni fa i giornali erano pieni del dibattito sullo ius soli che è quello che vige negli Usa e che riconosce la cittadinanza a chi nasce sul suolo americano.

Forza Italia e la fuga dalla destra sovranista

Lo ius culturae (o scholae) rappresenterebbe, dunque, una formula attenuata rispetto a quella dello ius soli perché aggiunge il requisito della consapevolezza culturale dell’appartenenza a una comunità nazionale. Non è difficile concordare su questa proposta, peraltro richiamata per il momento solo in forma di pro-memoria, perché un testo ancora non c’è e il fatto che un cavallo di battaglia storico della sinistra riformista venga adottato dalla destra moderata non può che rassicurare chi pensa che – almeno sui principi fondativi – bisognerebbe evitare di dividersi. D’altronde Forza Italia, dopo le esternazioni della famiglia Berlusconi, sembra orientata a distinguere la sua politica e la sua specificità attraverso posizioni che appaiono più lontane dalla destra sovranista piuttosto che da una sinistra liberale e progressista. Sembra guardare a un’area diversa, che si riempie di contenuti più vicini a un’idea di centro, seppure nella versione “moderata” richiamata da Pier Silvio Berlusconi in una sua recente esternazione. E qui arriviamo al sottotesto.

Non c’è dubbio, guardando anche alle reazioni di stizzita chiusura manifestate da personaggi dei due partiti alleati di governo, che vi fosse consapevolezza dell’impatto non del tutto indolore della proposta tra i partners di governo. E non c’è dubbio che anche altri dossier come quello del premierato elettivo, del giustizialismo carcerario e dell’autonomia differenziata non abbiano visto lanciare urla di entusiasmo da parte di Forza Italia. Allora cosa c’è veramente nel sottotesto? Scartando l’inconsapevolezza di una boutade di fine estate, credo che ci sia qualcosa di politicamente più solido. A ragionarci un momento ricorderemo che il centrodestra di governo in Italia l’ha inventato Berlusconi, raccogliendo un polo escluso e reietto, quello dei nipoti di Giorgio Almirante, e un movimento secessionista, quello di Bossi, per farne forza di governo sotto l’egida del suo federatore.

Il linguaggio del corpo di Berlusconi

Si trattava di due soggetti politici cooptati, ancillari, insomma satelliti di un astro che si chiamava Forza Italia. Oggi lo schema si è ribaltato: è Forza Italia a essere chiamata a un ruolo ancillare rispetto al partito della premier. A chi si domandasse quanto questa situazione potesse avere il gradimento di Berlusconi, parrebbe eloquente il rinvio alla mimica del tycoon nelle foto ufficiali e nelle riprese all’uscita della delegazione del centro destra dal colloquio con il presidente Mattarella nell’ottobre 2022: proverbiali motteggi, alzate di arcata sopraccigliare, sarcasmi senza suono salutavano la designazione di Giorgia Meloni a capo del governo. Il linguaggio del corpo sembrava dire: “Ma guarda cosa doveva capitare a me, io che l’ho inventata oggi devo fare solo da elemento del coro”. La cosa fu notata assai…