La clamorosa rivelazione nel processo di Brescia
“Forze oscure imposero Prestipino capo a Roma”, la rivelazione di Ardita nel processo contro Davigo
Nella nomina del procuratore di Roma sarebbero intervenute delle non meglio precisate “forze oscure”. Potrebbe trattarsi, ma sono ovviamente solo supposizioni giornalistiche in attesa di riscontri ufficiali, di soggetti legati ad ambienti massonici o dei servizi deviati.
A fare la clamorosa rivelazione, ignorata da tutti i media, è stato il pm antimafia Sebastiano Ardita, ex togato ‘davighiano’ del Consiglio superiore della magistratura.
Ardita è stato sentito come teste all’ultima udienza il mese scorso nel processo che si sta celebrando davanti al tribunale di Brescia a carico di Piercamillo Davigo, accusato di rivelazione del segreto di ufficio in relazione alla divulgazione dei verbali resi dall’avvocato siracusano Piero Amara sulla loggia massonica denominata Ungheria. Ardita ha ripercorso le ragioni di contrasto con l’ex pm di Mani pulite, a partire dai noti fatti dell’hotel Champagne del maggio 2019 a seguito dei quali Davigo intendeva allearsi con la sinistra giudiziaria della corrente di Area. Una scelta che lo stesso Ardita e gli altri consiglieri davighiani, il pm Nino Di Matteo ed i giudici Giuseppe Marra e Ilaria Pepe, non condividevano, intendendo mantenere una posizione distante da Area, per decidere di volta in volta la linea da sostenere.
Tale condotta venne mantenuta fino a febbraio del 2020 quando si dovette votare, prima in Commissione per gli incarichi direttivi e poi in Plenum, per la nomina del procuratore di Roma. Rispetto a tale nomina i davighiani di Autonomia&Indipendenza decisero all’unanimità di votare per Giuseppe Creazzo, allora procuratore di Firenze, che aveva molti più titoli del concorrente Michele Prestipino, procuratore aggiunto a Roma. Davigo, però, componente della quinta commissione, disattendendo la posizione assunta dal gruppo, anziché votare per Creazzo votò per Prestipino.
Continuando la testimonianza, Ardita ha sottolineato che subito dopo dovette registrare che anche i colleghi Marra e Pepe avevano mutato opinione, comunicandogli che avrebbero votato in plenum per Prestipino. A quel punto, decise di chiedere spiegazioni alla collega Pepe con la quale era in maggiore confidenza. “Cominciò a dire – racconta Ardita – che c’erano in quel momento delle forze che si contrapponevano alle questioni di giustizia, parlò anche di forze oscure, non mi guardava in faccia, guardava dritto da un’altra parte del tavolo, sulla sua sinistra, la guardavo sbalordito perché fino al giorno prima aveva detto che non avrebbe votato per Prestipino”. Quali fossero queste “forze” che si contrapponevano alle “questioni di giustizia” all’interno del Csm e che hanno poi determinato la nomina di Prestipino quale procuratore della Repubblica di Roma non è stato però esplicitato da Ardita e il pur loquace presidente del collegio Roberto Spanò non ha fatto, in proposito, alcuna domanda.
La consigliere Pepe, del resto, quando era stata sentita come testimone nel medesimo procedimento il 13 ottobre scorso, nulla aveva riferito circa le “forze oscure” che avevano imposto la nomina di Prestipino. Sarebbe, allora, quanto mai opportuno che Spanò la riconvocasse per chiarire cosa accadeva in quel periodo all’interno del Csm. E ciò, soprattutto, dopo la recente sentenza del gup del tribunale di Roma Nicolò Marino il quale, assolvendo l’ex segreteria di Davigo Marcella Contrafatto, ha esplicitamente parlato di “congiure di palazzo”, e della deposizione, sempre a Brescia, di Di Matteo che ha fatto dichiarazioni in linea con quanto riferito da Ardita a proposito del mutamento di indirizzo in favore di Prestipino da parte di Pepe e Marra.
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