La polemica sulla foto di Benito Mussolini, che nel 1932 fondò il Ministero delle corporazioni, assumendone l’interim, è assai eloquente del momento politico che viviamo. E forse di quello che ci aspetta. Che è successo? Che per celebrare il novantesimo anniversario di Palazzo Piacentini, sede del Ministero dello Sviluppo economico inaugurato il 30 novembre 1932, si è mandato in stampa un volume che pubblica le fotografie della galleria del ministero che affigge tutte le foto dei ministri che si sono succeduti.

“Le iniziative per celebrare l’edificio in ottica culturale e storica sono iniziate con l’inaugurazione della mostra Italia geniale, una nuova edizione del volume orbicolare e la galleria dei ministri, dove c’è anche la foto di Benito Mussolini, ministro delle corporazioni nel 1932”, recita una nota del Mise. Pierluigi Bersani, che del Mise fu titolare dal 2006 al 2008 con il governo Prodi, la prende malissimo. «Mi giunge notizia che al Mise sarebbero state esposte le fotografie di tutti i ministri, Mussolini compreso. In caso di conferma, chiedo cortesemente di essere esentato e che la mia foto sia rimossa», ha scritto sui social Bersani. Poi dal ministero arriva la toppa. “Per evitare polemiche e strumentalizzazioni – recita il comunicato del ministero – la foto di Mussolini sarà rimossa. Si ricorda che il ritratto di Mussolini è anche a Palazzo Chigi nella galleria dei presidenti del Consiglio”.

Se il Mise prova a soffocare la polemica sul nascere, il Presidente del Senato – che fatica un po’ ad entrare nello standing del suo nuovo ruolo – sembra sentirsi punto sul vivo. “C’è anche al ministero della Difesa, c’è scritto anche al Foro Italico. Che facciamo, cancel culture anche noi?”, commenta il presidente del Senato Ignazio La Russa. L’attuale – e riconfermato? – titolare del Mise, Giorgetti, sembra più conciliante. “Se è un problema lo togliamo, ma è stato lui a fondare il ministero delle corporazioni”. A Roma la vicenda storica degli edifici non segue le dinamiche delle istituzioni, anzi talvolta le tradisce. E dunque se si trattasse di fare la storia del Ministero degli Interni si dovrebbe andare a Palazzo Braschi. Quando la presidenza del Consiglio era al Viminale e il ministero degli Esteri a Palazzo Chigi, espropriato all’Austria che vi teneva la sua ambasciata dopo la sconfitta della Prima guerra mondiale.

Il Mise più che dalle corporazioni – che avrebbero semmai a che fare con il ministero del Lavoro – nasce dalle ceneri democristiane dei Dicasteri dell’Industria e Commercio, ambitissimi dai vari Emilio Colombo, Giulio Andreotti, Silvio Gava, Ciriaco De Mita e Carlo Donat Cattin che vi si alternarono negli anni 60 e70. Fu il ministero che lanciò un giovane Romano Prodi, “tecnico indipendente”, nel 1978. Fu il ministero in cui il più a sinistra dei suoi titolari, Pierluigi Bersani, si ricorda come il più liberale dei riformatori. E fu il ministero di Enrico Letta, allora in quota Partito Popolare, che a Bersani succedette nel 1999. E fu il palcoscenico di Carlo Calenda cui si avvicendò un potentissimo Luigi Di Maio.

La foto di Mussolini sarebbe stata in larga compagnia. Avrebbe ricordato le alterne fortune di protagonisti diversissimi delle sue stanze. Ma sarebbe stata decisamente fuori luogo, in una inaugurazione istituzionale che cade a ridosso del centenario della marcia su Roma, nel momento in cui Giorgia Meloni non sa più come rimarcare la distanza da quella storia: “la barbarie del nazifascismo”, ricordata dalla premier in pectore davanti alla comunità ebraica romana lo scorso 16 ottobre, ha avuto il volto di Mussolini. Cancellarlo dalla memoria sarebbe sbagliato e forse perfino impossibile. Non si possono abbattere i fregi del ponte di Corso Francia e gli alamari di Piazza della Repubblica, per rimanere a Roma. Né lo stadio dei Marmi, o l’obelisco accanto allo stadio Olimpico. Non si può abradere ciascuna delle scritte del Palazzo della Civiltà Italiana. Si può però cogliere l’inopportunità di dargli un maggior risalto, una nuova pubblicità. La Russa non se ne fa una ragione. “Cerchi di capire il suo ruolo”, gli dicono in coro i deputati del Pd.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.