Non è la prima volta che Francesca Albanese, “special rapporteur” all’Onu sui cosiddetti territori palestinesi occupati, paragona Israele al regime nazista hitleriano. Lo ha fatto nuovamente l’altro giorno, evocando i progetti di dominio ispirati alla purezza razziale cui Israele, 100 anni dopo, darebbe attuazione con il genocidio della popolazione palestinese. Ma, appunto, già prima questa signora (in tv ha avuto modo di spacciarsi per avvocato) si era esercitata in divagazioni analoghe, per esempio quella per cui “gli ebrei” (neppure gli israeliani, attenzione: “gli ebrei”) starebbero facendo ai palestinesi ciò che i nazisti fecero agli ebrei. Ed era sempre questa signora a spiegare che quel genocidio sarebbe perpetrato nell’indifferenza degli Stati Uniti, “soggiogati dalla lobby ebraica”, e degli Stati europei, sopraffatti dal senso di colpa per la Shoah.

“Moralità dell’Intifada”, tutta una bufala

Sempre la signora Albanese era quella che, giusto qualche mese fa, per il tramite dei propri uffici accettava di partecipare a una conferenza, organizzata presso una università americana, sulla “Moralità dell’Intifada”. La segretaria confermava la disponibilità della signora Albanese, e segnalava anche che il compenso per la relazione che avrebbe dovuto tenere la “special rapporteur” utilmente avrebbe dovuto essere “girato” ai suoi collaboratori. Non se ne fece nulla non perché quel titolo (“Moralità dell’Intifada”) suscitasse qualche perplessità, ma perché era tutta una bufala. Che intanto aveva tuttavia registrato l’adesione della relatrice, appunto con opportune indicazioni circa l’indirizzamento del compenso allo staff.

La signora era la stessa che a suo tempo rivendicava il diritto di “resistere” di Hamas. La stessa secondo cui la resistenza resta legittima anche se (riferendosi al pogrom del 7 ottobre) si lascia andare a qualche eccesso criminoso. La stessa secondo cui Israele, essendo “forza occupante”, non ha il diritto di difendersi dagli attacchi provenienti dalle zone occupate, che a suo giudizio sono tutte, Gaza compresa.

La partigiana delle manifestazioni dal fiume al mare

Ovviamente una simile militanza anti-israeliana, che adopera gli argomenti classici della propaganda antisemita, presenta forse quale margine di legittimità se a intraprenderla è – appunto – un’attivista da corteo, una partigiana delle manifestazioni dal fiume al mare, una relatrice da comizio con megafono e kefiah. Ma il fatto che a dedicarvisi sia invece una consulente delle Nazioni Unite, remunerata con le tasse pagate dai cittadini, dovrebbe quanto meno segnalarsi per un pizzico di inopportunità. E il fatto che questa improbabile avvocata sia italiana dovrebbe – si pensa – indurre qualche motivo di riflessione presso i ranghi diplomatici di questo nostro paese, perché non è bellissimo che sia una nostra connazionale ad abbandonarsi a simili esibizioni di osceno pregiudizio.

Che la classe politica e giornalistica del nostro paese non senta imbarazzo davanti agli spropositi di questa signora, e non avverta l’urgenza di manifestarlo, è un segno molto vivo del nostro degrado civile.