Il vertice sull'emergenza
Franceschini silura Conte: chiede vertice su emergenza via agenzie di stampa
Regioni in ordine sparso e con misure e restrizioni fai-da-te; il Covid bollettino che supera i diecimila contagi ma tiene stabili, per fortuna, le terapie intensive; gli ospedali in affanno; il Parlamento che ogni mattina vede aumentare il numero dei contagiati, ieri mattina si sono aggiunti tre capigruppo alla Camera, Gelmini (Fi), Lollobrigida (Fdi) e Crippa (m5s), storie e stile di vita completamente diversi, di sicuro il massimo delle precauzioni, segno che il virus è un parassita furbo che sfrutta ogni pertugio per insediarsi nel nostro organismo.
Ci vuole molto sangue freddo per gestire una situazione del genere. Il ministro Dario Franceschini, capodelegazione del Pd al governo, ieri mattina ha forse perso il suo tradizionale sangue freddo ma non la lucidità. E a fine mattinata, una volta intuito che l’anarchia sta prendendo il sopravvento sulla gestione del virus, ha chiesto “con urgenza” un vertice di maggioranza per fare fronte alla situazione che, assicura chi ha potuto parlare col ministro, «non può essere gestita con le misure contenute nel Dpcm approvato nelle notte tra lunedì e martedì».
La richiesta ha una lettura tecnica – richiesta di una ulteriore stretta – e politica: se non è una messa in mora delle scelte fatte dal premier, gli assomiglia molto. La richiesta è stata recapitata prima via whatsapp e poi via agenzie di stampa a Conte impegnato a Bruxelles nel vertice del Consiglio europeo. Ha stupito e spiazzato la stessa maggioranza e lo stesso Pd perché «non è nello stile di Franceschini chiedere pubblicamente questo tipo di confronti e verifiche». Quello che è certo è che lui e il ministro Speranza sono da sempre i più propensi a misure drastiche (vedi il divieto dei party in casa). Le notizie di giornata hanno però evidenziato che è necessario, al di là del sangue freddo di ciascuno, mettere tutti attorno al tavolo, aggiornare le misure, il metodo e forse anche le percezione che governatori e forze di maggioranza hanno della pandemia.
Il premier ha dovuto mettere da parte e in fretta lo stupore per la richiesta arrivata in una forma così pubblica (un’agenzia di stampa) mentre era impegnato nel vertice europeo. Una modalità che certo non l’ha tranquillizzato e che politicamente lo indebolisce. Conte ha dato via libera al vertice (ieri sera non poteva perché è andato ai funerali di Jole Santelli in Calabria). Questa mattina ci sarà un primo incontro in Protezione Civile con il Comitato tecnico scientifico e le regioni. A seguire, il vertice politico non ancora però confermato. Sarà una mattinata complicata. Impossibile non tornare con la memoria alla notte tra i 22 e il 23 febbraio quando Conte, anche allora reduce da un vertice europeo, iniziò a chiudere l’Italia.
Il lockdown totale questa volta “non è all’ordine del giorno” assicura il ministro della Salute Roberto Speranza e, oltre a lui, anche più fonti di maggioranza. Piuttosto si potrebbe andare verso “il coprifuoco serale a livello nazionale”, un misto di didattica in presenza e a distanza per quello che riguarda le scuole e lockdown selettivi zona per zona, singoli paesi ma anche quartiere per quartiere nelle grandi città. I numeri e la loro proiezione, assicurano gli esperti, «al momento non obbligano a misure drastiche. Non c’è dubbio però che è necessario fare qualcosa di urgente per impedire che il virus circoli». Questo significa limitare la circolazione delle persone e cioè agire sugli orari di ingresso nelle uffici, nelle fabbriche e nelle scuole visto che non è stato possibile – e questo è molto grave – intervenire sul numero di mezzi pubblici in circolazione e sulle presenze sui mezzi. Tra le misure in esame anche quella di poter garantire il voto a distanza in Parlamento, battaglia che il deputato pd Stefano Ceccanti sta conducendo da mesi.
Politicamente il grido di allarme di Franceschini ha stracciato il Dpcm di lunedì che il ministro della Cultura avrebbe voluto più duro e severo. E questo andrà letto, nei prossimi giorni, nell’ambito di una più generale messa in mora dell’azione del premier che corrisponde anche alla richiesta di un “tavolo” politico per una nuova agenda e una nuova tempistica arrivato prima da Italia Viva e poi da tutto il Pd. Tecnicamente Franceschini ha preso atto che la situazione, al di là dei numeri, sta scappando di mano. La Conferenza Stato-regione ieri mattina ne è stata la prova. Il caso Campania, con la chiusura delle scuole fino al 30 ottobre e le altre misure annunciate dal governatore De Luca (cancellate tutte le feste di Halloween e serrata dei locali), ha aperto la strada.
Le Regioni possono emanare misure più restrittive di quelle nazionali. Ma devono farlo “in raccordo con il governo”. Altrimenti è il caos. Oltre che alimentare tensioni nella maggioranza. La ministra della Scuola Azzolina è furiosa con De Luca. I sindacati già chiedono di cancellare il concorsone del 22 ottobre. Dopo la Campania potrebbe essere la Lombardia a procedere con misure più restrittive. Il governatore Fontana ha presentato un prima lista. Salvini lo appoggia. Ma nulla che assomigli ad un nuovo lockdown. Il Paese non se lo può permettere.
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