Il conto alla rovescia verso il secondo turno delle elezioni legislative francesi procede rapidamente, così come la campagna elettorale che ha visto 218 ritiri definitivi nella corsa ai ballottaggi. L’ultima rinuncia eccellente e un po’ tentennante è stata quella del ministro degli Enti Locali, Dominique Faure, che ha accettato l’invito del presidente Macron e del primo ministro Attal di farsi da parte per indebolire la corsa del candidato di Marine Le Pen. Prima di lei avevano ceduto altri tre ministri dell’attuale governo (Sabrina Agresti-Roubache, Marie Guévenoux e Fadila Khattabi), tutti per fare spazio ai meglio piazzati candidati della sinistra radicale.

Sono stati tanti gli amministratori che hanno accettato di ritirarsi, ma non sono mancati i rifiuti eccellenti da parte di alcuni rappresentanti del partito centrista di Macron, perché contrari a favorire i candidati del fronte di sinistra apertamente euroscettico e con forti tratti di antisemitismo. Alcuni nomi importanti della politica transalpina si sono già espressi contro il voto ai candidati della sinistra radicale, come Édouard Philippe (leader del partito di centrodestra alleato di Macron) e l’attuale ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, che ha dichiarato il progetto del Nuovo Fronte Popolare come contrario alla Costituzione francese.

L’appello all’“Unione Repubblicana” del presidente francese non ha avuto quell’effetto dirompente che molti dei suoi fedelissimi potevano aspettarsi, e questo mette in discussione tutta la politica macroniana che ha caratterizzato Parigi in questi anni. Sia alle elezioni europee che a queste legislative Ensemble (la creatura politica di Macron) ha ottenuto risultati deludenti e questo indebolisce la sua presidenza, anche se la Francia è una Repubblica che concede un potere quasi “monarchico” al suo presidente.

I ritiri

L’ultima mossa elettorale per arginare il Rassemblement National e il suo candidato Jordan Bardella è come detto quello di far ritirare i candidati, eliminando le cosiddette triangolazioni. Sia il Nuovo Fronte Popolare (il cartello elettorale di sinistra guidato dal partito di Jean-Luc Mélenchon) che Ensemble hanno cercato di convincere i pretendenti al seggio a rinunciare, ma sui 190 ufficiali ben 123 vengono dai ranghi della sinistra. Grazie a questi ritiri gli elettori francesi si troveranno davanti 380 duelli fra il candidato di Marine Le Pen e un rappresentante del Nuovo Fronte Popolare o di Ensemble. Si registra un ritiro anche dal fronte del Rassemblement National, dove la candidata della prima circoscrizione del Calvados – Ludivine Daoudi – ha dovuto abbandonare la corsa elettorale dopo la pubblicazione di una sua foto con un cappello della Germania nazista.

Le posizioni

Questa serie di mosse elettorali e una lunga serie di nomine ai vertici militari ha fatto gridare al colpo di Stato amministrativo la leader del Rassemblement National, che ha anche accusato apertamente Emmanuel Macron di fare di tutto per contrastare il processo democratico. La risposta dell’Eliseo non si è fatta attendere, difendendo il suo operato sulle nomine come normale amministrazione e alludendo al fatto che atti come questi non cambieranno nei prossimi mesi, invitando la leader di destra a usare freddezza e misurazione. Marine Le Pen ha inoltre dichiarato che il suo partito accetterà di governare soltanto se potrà contare sulla maggioranza assoluta dei seggi all’Assemblea Nazionale, senza la quale non potrebbe portare avanti il programma elettorale. Più articolata la posizione del partito Les Republicains, gli eredi del gollismo, che nonostante l’abbandono dell’ex presidente Eric Ciotti – sceso in campo con il Rassemblement National – è riuscito a ottenere il 10%. I vertici del partito non hanno accolto l’invito di Macron di ritirare i propri candidati e non hanno dato indicazioni di voti al proprio elettorato. Proprio Eric Ciotti ha però chiesto al candidato repubblicano Francis Dubois di abbandonare la corsa elettorale per battere l’ex primo ministro Francois Hollande e mandarlo in pensione, ma la risposta del deputato uscente Dubois è stata negativa. Un gioco politico che si muove su due livelli: uno nazionale e un troppo sottovalutato livello locale, che spesso ha dinamiche molto diverse.

La battaglia resta aperta

Le principali sigle sindacali francesi hanno fatto un appello contro la vittoria del partito di Marine Le Pen, ma la battaglia resta apertissima e si giocherà nelle città. Secondo uno studio dell’università di Poitiers infatti il Rassemblement National ottiene i risultati migliori nelle aree periferiche dei centri abitati e poi nelle campagne, mentre nei centri urbani maggiori le percentuali sono più basse. La battaglia appare ancora lunga perché fino a oggi sono stati assegnati soltanto 76 seggi su un totale di 577. Duelli, triangolari e anche qualche quadrangolare sopravvissuto nonostante gli appelli di Macron potranno disegnare la nuova cartina del Parlamento francese.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi