I mercati hanno accolto con tranquillità l’esito del primo turno elettorale francese. C’è stata un po’ di volatilità, certo. Nessuna slavina provocata, però, dalla vittoria della destra. È solo il primo turno ovviamente. L’esito effettivo bisognerà attenderlo tra una settimana. Il 7 luglio si saprà se la Francia ha, politicamente, virato a destra; o se magari il “blocco repubblicano” invocato dal presidente Emmanuel Macron avrà funzionato. Perché i mercati si sono dimostrati tranquilli? Ci sono due letture. La prima: il Rassemblement National di Marine Le Pen ha ottenuto poco più del 33 per cento che, al momento, rende complicato conquistare la maggioranza assoluta nell’assemblea legislativa. Se anche il delfino di Le Pen, Jordan Bardella, dovesse essere chiamato a svolgere il ruolo di primo ministro avrà comunque bisogno di voti di altri partiti per ottenere la fiducia al proprio esecutivo. Il che renderebbe meno “estreme” le politiche di bilancio che la destra lepeniana potrebbe portare avanti.

Lo scenario

La seconda lettura riguarda proprio il giovane Bardella. Nella dichiarazione resa domenica sera, infatti, ha assicurato cooperazione e massimo rispetto al presidente Macron nel caso di nomina a primo ministro. Anche questo è un elemento di rassicurazione perché evita fughe “estreme” verso politiche che potrebbero mettere a soqquadro la Francia. Nelle stanze degli operatori finanziari, però, avanza un nuovo timore che per il momento non viene esplicitato. Semmai dovesse vincere “il fronte repubblicano” invocato da Macron che ne sarà dei conti pubblici francesi. Il fronte repubblicano vedremmo un’alleanza tra i macroniani e i rappresentanti del Nuovo Fronte Popolare, cioè la sinistra unita. Il Nuovo Fronte Popolare è composto dalla lista di Place publique e del Partito socialista guidata da Raphaël Glucksmann, il Partito comunista, Europe Écologie Les Verts (partito ecologista) e La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Tra le misure che vorrebbero immediatamente introdurre, c’è l’aumento del salario minimo a 2mila euro lordi al mese, cioè a 1.600 euro netti (dal primo gennaio di quest’anno è a 1.400 euro netti al mese).

Non solo, nei primi quindici giorni di governo il Nuovo Fronte Popolare vorrebbe imporre un prezzo calmierato per i beni di prima necessità e per il carburante. Tutte queste azioni avrebbe un impatto enorme sul bilancio pubblico francese. Senza contare che il principale intervento della sinistra sarebbe l’abolizione della riforma delle pensioni approvata da Macron lo scorso anno che fa salire l’età minima per ritirarsi da lavoro da 62 a 64 anni a partire dal 2030. Su queste riforme ci sarebbero due questioni: le accetterebbe il Presidente della Repubblica Macron? Abolire la riforma delle pensioni non sarebbe per lui uno smacco troppo forte? E soprattutto: con quali soldi la Francia potrebbe supportare questi interventi? Non bisogna dimenticare che Parigi conta il debito pubblico, in valori assoluti, più alto d’Europa: 3.101 miliardi di euro.

L’analisi del deficit

Senza contare il rapporto Debito-Pil in salita, vicino oramai al 110 per cento. Ciò che preoccupa molto, però, è anche il deficit quest’anno sarà oltre il 5 per cento, uno dei valori più alti del vecchio Continente. Alla luce di questi numeri è evidente che in Francia, come in Italia, si sta configurando un enorme problema di conti pubblici. Con quali soldi, ad esempio, il Nuovo Fronte Popolare finanzierà la costruzione di un milione di alloggi nei prossimi cinque anni? O con quali risorse si finanzierà il piano per cambiare il sistema di accoglienza dei migranti? Sono tutti questi elementi che destano non poche preoccupazioni tra gli addetti ai lavori che guardano con apprensione a cosa accadrà il prossimo 7 luglio.

Angelo Vaccariello

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