“Noi siamo abbandonati”, dice Gabriella Bruno, 31 anni, napoletana, disabile. Non riesce a camminare da sola e anche l’uso delle mani è quasi del tutto impossibile. Ha difficoltà a parlare ma il suo pensiero arriva forte e chiaro. Con i suoi occhi grandi e vispi, piano piano, spiega lei ai microfono del Riformista qual è il più grande problema per lei e la sua famiglia: sentirsi completamente abbandonati dallo Stato. Troppo spesso l’unica risposta che si sono sentiti dare è: “non ci sono fondi, andate via”. Un problema che riguarda tanti disabili e le loro famiglie ma che Gabriella, insieme ai suoi energici genitori, Anna Schettino e Giuseppe Bruno, ha deciso di raccontare. “Ti senti solo ad affrontare un problema grandissimo senza l’aiuto di nessuno. La parola è soli”, spiega mamma Anna.

“Gabriella è distonica dalla nascita. Ha avuto un trauma da parto – racconta Anna – Ha una distonia generalizzata per tutto il corpo. È affetta da tetraparesi spastica medio lieve lato destro”. Qualsiasi azione del quotidiano per Gabriella è difficile e ha bisogno dell’aiuto della sua famiglia. Giuseppe è recentemente rimasto senza lavoro, Anna non può lavorare per dedicarsi a Gabriella che ha un bambino di 2 anni. “Gabriella è stata libera di viversi la sua vita nel miglior modo possibile perché la loro deve essere una vita degna di essere vissuta – racconta mamma Anna – Gabriella ha avuto un bambino, Alessandro, che oggi ha 2 anni, si è fatta un tatuaggio. Quando mia figlia ha partorito i medici nell’ospedale mi dissero che i complimenti andavano a mia figlia ma anche a noi, per la nostra apertura mentale. Questo è importante perché la loro vita, non sarà facile, ma la deve vivere pienamente”.

“Mia figlia ha raggiunto un traguardo che forse oggi per i disabili è difficile da raggiungere – dice con orgoglio papà Giuseppe – Però voglio far capire a tutti che queste persone non vanno abbandonate, hanno una vita come tutti gli altri. Se le istituzioni stanno vicino a questi ragazzi possono avere una vita molto migliore”. E invece non sempre è così. Da 31 anni i coniugi Bruno lottano per far avere a Gabriella tutto ciò di cui ha bisogno. Anni passati tra gli ospedali, anche a Milano, all’ospedale Carlo Besta, centro di eccellenza. Tre anni fa arriva un assegno da parte della regione per la malattia di Gabriella, poi un anno fa la visita del medico che ha stabilito che Gabriella da “gravissima” passasse a “grave” e per questa categoria non è previsto al momento nessun sussidio. Ha perso alcuni dei benefici per curarsi che aveva fino ad un anno fa. E intanto i due genitori raccontano dei sacrifici fatti quotidianamente e delle enormi spese sostenute con tutto l’amore del mondo per curare Gabriella: “Non mi vergogno di dire che ci siamo indebitati – continua il papà – non abbiamo mai chiesto nulla ma per nostra figlia dovevamo fare tutto il possibile”.

I Bruno raccontano di quei piccoli contributi che arrivano dalla Regione che spesso possono essere anche fondamentali per riuscire a garantire a Gabriella tutte le cure possibili. Poi a un certo punto succede una novità: “Era certificata come ‘gravissima’, dopo un’operazione è riuscita ad alzarsi in piedi e per le carte ora è ‘grave’, malattia neuromotoria grave – racconta Giuseppe – Ci hanno detto che la regione non ha i fondi per i gravi ma solo per i gravissimi. Nemmeno il Comune di Napoli ha previsto nulla. Questa è la Regione Campania, questo è il Comune di Napoli: per i disabili non c’è niente, diritti zero”. Giuseppe spiega che questo significa non solo non avere più il piccolo contributo economico regionale che “non c’è nemmeno per i care giver, e l’assistenza che prima avevamo due volte alla settimana adesso è ridotta a una”.

Gabriella 3 volte a settimana fa la fisioterapia, garantita dall’Asl. “Non deve mai smettere di farla – dice la mamma – per non indebolire muscoli e tutto, fa la tossina botulinica ogni 6 mesi al braccio destro per non farlo tirare su e ammorbidire un po’ la spasticità. E questa è la vita di Gabriella: fisioterapia, ospedali e basta”. Poi ci sono le operazioni periodiche da fare, l’impianto di elettrostimolatori al cervello che le è stato istallato per rallentare il progresso della malattia che è neurodegenerativa. E poi il paradosso: “Succede a volte che il centro dove andiamo a fare fisioterapia fa sciopero perché non vengono finanziati. Così dobbiamo tornare a casa senza fisioterapia. È frustrante”.

I Bruno ce l’hanno messa tutta per garantire a Gabriella la possibilità di una vita normale. Ma il paradosso è che ogni volta è una lotta, per qualsiasi cosa. “La scuola è stata un calvario in tutti i sensi – continua la mamma – io facevo le domande per avere gli ausili e a casa arrivavano subito: la sedia per farla stare diritta, per la postura e tutto. La stessa cosa la doveva fare anche la scuola altrimenti la ragazza lì non ci poteva stare. Mi dicevano che avevano fatto la domanda ma questi ausili indispensabili non arrivavano mai. Mi chiedevo: come mai a me arrivano subito e a loro no? Forse domande mai partite? Abbiamo fatto denunce su denunce per arrivare al diploma. Quel giorno è stata un’emozione enorme, la commissione si alzò in piedi per un lungo applauso”. A quel punto Gabriella si illumina e dice: “Si è stato bellissimo perché ce l’avevo fatta”.

I Bruno si portano addosso anni a battagliare per i diritti di Gabriella. “Un anno l’hanno bocciata dicendomi ‘signora lei che pensa che sua figlia dove possa arrivare con la sua disabilità?’”, racconta Anna. “La cosa più vergognosa è stata quando abbiamo chiesto un computer per portare Gabriella a livello delle sue amiche e il preside ci rispose che non poteva spendere tutti questi soldi. Ho dovuto fare causa alla scuola. Solo così siamo riusciti ad ottenere il computer e l’assistenza delle maestre. Facemmo un piacere anche ad altri allievi che avevano bisogno di maestre. Questa è la cosa brutta: se non ti sai muovere e trovi i canali giusti rimani abbandonato”.

A questo si aggiunge un’ulteriore criticità: “Quando andavo a parlare con i medici a Napoli per loro era tutto nuovo questo intervento – racconta Giuseppe – Ci dissero di andare a Milano dove c’era un polo specializzato. In Campania per mia figlia non c’è nulla. Posso solo dire che abbiamo avuto la fortuna di incontrare un dottore napoletano che ha lavorato a Milano e ora si è trasferito a Napoli che fa le iniezioni butoliniche a mia figlia”. Giuseppe e Anna lanciano un appello al Governatore della Campania Vincenzo De Luca: “Lei è così sensibile verso la sanità campana, non abbandoni questi ragazzi disabili, stia vicino alle famiglie, faccia qualcosa veramente per i disabili. Non è possibile essere abbandonati così. La cosa che più mi fa dispiacere è quando vado agli sportelli e trovo gli impiegati che sanno solo dire che non ci sono fondi e che ce ne dobbiamo andare. Non è bello essere abbandonati così”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.