Tornare in classe sarebbe utile
Galli della Loggia, la disabilità e il politicamente corretto: quando l’inclusione diventa pietismo
Ormai, sempre più frequentemente, far vivere le persone con disabilità come un peso per la società è diventato un modo per sfidare il “politicamente corretto”, quasi una moda per intellettuali controcorrente, una dimostrazione di libertà, una sorta di licenza poetica. L’inclusione è diventata compassione, pietismo, vuota retorica, sparare contro è segno di realismo, di trasgressione, quindi di coraggio.
Ad un lettore attento, che voglia approfondire le parole scritte sul Corriere dal “valoroso” Galli della Loggia e non sorvolarle, si offrono due strade di interpretazione. Nella prima, la più benevola, la meno probabile, l’uscita di sicurezza che Galli della Loggia si riserva furbamente per scansare eventuali polemiche, in realtà un po’ da codardo, l’editorialista pensa che i principi del modello inclusivo scolastico italiano vadano bene così, semplicemente non trovano completa attuazione e vanno trovati aggiustamenti.
Nella seconda, quel modello con i ragazzi con disabilità in classe (“unico al mondo” sottolinea), è un modello sbagliato che va azzerato, che tarpa le ali ai più bravi. In questo caso l’inclusione e l’integrazione vengono considerati una grande perdita di tempo, un ostacolo all’apprendimento dei ragazzi più bravi e fortunati che sono costretti a portarsi dietro il fardello di disabili e stranieri ignoranti. Sconsiglierei all’editorialista del Corriere della Sera l’uso dell’accetta su temi così delicati. A maggior ragione quando a scrivere è una delle penne più importanti del nostro Paese, l’autorevolezza dovrebbe derivare dalla consapevolezza del peso della responsabilità che grava sulle parole che scrive. Gli consiglierei per questo di tornare in classe, di conoscere, approfondire, parlare con i ragazzi, con gli insegnati, i genitori e soltanto dopo esprimere un giudizio.
Sia più curioso, percorra la strada meno semplice ma più efficace della profondità, scansi la superficialità.
So bene che il nostro modello d’inclusione è spesso ipocrita, scritto bene ma praticato male, che a volte le classi differenziali hanno trovato residenza nei corridoi delle nostre scuole. Ma mai mi sognerei di metterlo in discussione, semmai mi sforzerei di comprenderne i limiti e di trovare le soluzioni più efficaci affinché funzioni. Anche perché tantissimi sono i casi di inclusione riuscita e gli insegnati con grandissime capacità e dedizione. Se è questo l’obiettivo di Galli della Loggia, con me sfonda un portone e sono disponibile a confrontarmi con lui per offrire qualche idea, da papà di una ragazza autistica che le scuole le ha frequentate. Da uomo che le scuole le frequenta spesso, confrontandosi con chi le vive ogni giorno, maturando idee che poi da uomo delle Istituzioni ho trasformato in iniziative legislative.
Se invece l’idea di Galli della Loggia è che il sistema vada smantellato del tutto tornando alle scuole differenziali, in questo caso mi troverebbe in totale disaccordo. E alla base c’è un diverso significato, che io e lui daremmo di cos’è un “superuomo” e del ruolo della scuola nella nostra società. A scuola si impara e su questo siamo d’accordo, a scuola si misura anche il merito, e su questo ci siamo ancora un’altra volta. Ma l’apprendimento va al di là di ciò che sembra suggerire Galli della Loggia, c’è una materia che non si trova nei programmi scolastici, non ha ore prestabilite, non ha “insegnati di sostegno”, ma insegnanti, che coinvolge anche i ragazzi, non come badanti dei più deboli ma come fruitori di relazioni sensibili che ne accrescono la qualità umana. Una coesistenza che ti abitua alle differenze e ti mette al passo con un mondo che non potrà essere guardato da un oblò ma vissuto, e più lo vivrai e più quelle diversità ti sbatteranno in faccia e dovrai essere “formato” per non averne paura e scatenare odio.
Questo per me è un “superuomo”: uno studioso che sappia stare al mondo, che come disse Tolstoj non si limita ad essere vivo perché sente il dolore, ma si sforza di essere umano perché sente anche il dolore degli altri. Nella scuola italiana, con tutti i limiti e con alcune eccezioni, tutto ciò sta accadendo, grazie all’abitudine a vivere insieme, a crescere insieme, ad essere “inconsapevoli” delle differenze e ad apprezzare addirittura il sapore delle diversità. Gli adulti, come nel caso di Galli della Loggia, si intromettono e rischiano di inquinare quella naturalezza nelle relazioni che c’è nelle nuove generazioni e che matura prevalentemente a scuola, grazie al nostro modello “unico”. Proviamo a seguire il corso senza costruire barriere, questa sì che è sarà una vera dimostrazione di libertà.
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