Negli ultimi anni della sua vita, le fatiche e le frustrazioni che Raul Gardini aveva accumulato in Italia furono temperate da una intensa attività di relazioni internazionali. Ma, soprattutto, i suoi giorni furono illuminati dai grandi successi nella vela del Moro di Venezia, con l’amico Paul Cayard al timone.

Sentendosi “tradito” dalla politica italiana e alla ricerca di nuovi stimoli, Gardini già prima del definitivo abbandono di Enimont si era sempre più concentrato sulle attività fuori dal nostro Paese, dove godeva di un grande prestigio. Fu chiamato da Michail Gorbačëv a progettare un immenso investimento agricolo ed agro-industriale in URSS nell’area di Stavropol. Sempre in quel periodo Gardini incontrò il presidente americano George Bush e numerosi ministri del governo statunitense. E tenne in America importanti conferenze, una delle quali all’Università di Harvard.

Uno dei riconoscimenti più significativi tributati a Gardini fuori dai nostri confini, fu senza dubbio l’invito che gli fece la Sorbona nel 1990 a tenere una conferenza nell’ambito delle iniziative della Cité della Réussite, onore riservato prima di lui solo ad un altro italiano, Gianni Agnelli. Allo scopo realizzammo anche il primo film di presentazione del Gruppo Ferruzzi-Montedison, che fu proiettato prima della conferenza e che è ancora oggi possibile vedere su Yutube. Fu, quello, un momento molto importante, con la presenza di tutti i membri delle famiglie Gardini e Ferruzzi, inclusa la anziana vedova di Serafino, signora Elisa, nonché dei principali manager del Gruppo.

Intanto, nei cantieri della Montedison di Tencara si stavano costruendo le avveniristiche imbarcazioni del Moro di Venezia, per partecipare alla sfida di Coppa America. La passione di Gardini per il mare, parallela a quella per la caccia, era di vecchia data, così come l’amicizia con il suo marinaio di fiducia ed intimo amico, Angelo Vianello.
Gardini aveva già armato molte barche nella sua vita, a cominciare da “Naso Blu” e “Orca 43” fino a “Naif”, e partecipato a tante regate. Aveva anche avuto altri “Mori”, da giovane. Infatti, per fare un salto di qualità ed entrare nel mondo dei maxi, già a fine anni ’70 Raul e Arturo Ferruzzi avevano chiesto al giovane progettista German Frers di disegnare quella che sarebbe diventata una delle più belle barche a vela da regata del Novecento.

Costruito dai cantieri Carlini in legno, quel grande sloop con un solo albero si sarebbe chiamato Il Moro di Venezia. Fu un regalo di Serafino Ferruzzi ai suoi figli. Questi a loro volta regalarono poi Il Moro a Gardini in seguito. Era una imbarcazione ammirata ed invidiata anche dal re di Spagna Juan Carlos di Borbone, che frequentava abitualmente Raul a Palma di Maiorca. Lo stesso Moro sarebbe poi stato protagonista di un’avventurosa Fastnet durante una furiosa tempesta nel 1979, quando Gardini e il resto dell’equipaggio riuscirono a portare a casa la pelle solo grazie al coraggio e alla forza di Vianello, che rimase per ore legato al timone.

Quel Moro fu il precursore dei Mori successivi, dal Moro di Venezia III che conquistò nel 1989 il mondiale maxi con al timone Paul Cayard fino a quelli che in seguito infiammarono la sfida delle sfide: la Coppa America. Una spedizione che Gardini concepì sin dall’inizio non solo come una impresa sportiva, capitanata dalla Compagnia della Vela di Venezia, sempre con Cayard al timone, ma anche come una sfida tecnologica che avrebbe reso Montedison, con i suoi materiali avanzati impiegati nella realizzazione dello scafo, ancor più famosa nel mondo. Tant’è che Italo Trapasso, che era a capo della chimica del Gruppo, fu nominato da Gardini Vicepresidente del Sindacato de “Il Moro di Venezia”.

Il primo Moro di Coppa America fu varato nel marzo 1990 a Venezia. Fu un evento fastoso con tutta la città e centinaia di ospiti illustri presenti; un avvenimento di rilevanza mondiale, trasmesso in TV, la cui regia fu affidata a Franco Zeffirelli, con musiche di Ennio Morricone. Madrina del varo fu la figlia più giovane di Gardini, Maria Speranza.

In quei mesi, avevo aiutato Gardini a curare i dettagli e i decori dei Magazzini del Sale, a Venezia, allestiti appositamente per la sfida alla Coppa America. E insieme lavorammo anche al Libro ufficiale della sfida del Moro di Venezia, che conteneva i bozzetti del leone simbolo del Moro e aveva una copertina lucida rosso carminio con il leone in rilievo.
Una sera a Palazzo Dario, dove abitava quando stava a Venezia, feci ascoltare a Gardini la canzone “Listen to the Lion” del grande cantante irlandese Van Morrison. Musica e testo gli piacquero molto e Gardini decise di inserirne le parole, che parlavano dei viaggi per mare dei vichinghi verso l’America, subito all’inizio della pubblicazione. La stessa canzone divenne uno dei motivi musicali ufficiali del Moro, le cui imprese venivano trasmesse tutti i giorni da Tele Montecarlo, con commentatori tecnici d’eccezione come Cino Ricci, già protagonista della precedente sfida italiana in Coppa America di “Azzurra”.

Nel 1992 il Moro di Venezia vinse la Louis Vuitton Cup battendo la Nuova Zelanda e si guadagnò così il diritto a disputare la finale di Coppa America a San Diego contro gli americani. Timonato da Paul Cayard, Il Moro eliminò in semifinale Francia e Giappone e in finale sconfisse i neozelandesi, divenendo così la prima imbarcazione di un paese non anglofono a poter ambire alla coppa in 141 anni di storia del trofeo.

Nella sfida finale contro il defender, disputatasi sempre a San Diego, il Moro però fu sconfitto per 4-1 dall’imbarcazione americana del miliardario petroliere americano Bill Kock, “America Cube”, capitanata da Harry Buddy Melges. Fu una grande delusione ma era stata comunque una straordinaria avventura, che aveva fatto innamorare tutti gli italiani inchiodati davanti alla tv di uno sport come la vela e reso Gardini estremamente popolare.

La fase finale di quell’avventura era cominciata esattamente un anno prima, nell’estate del 1991, con il campionato mondiale degli scafi di Coppa America, disputatosi anch’esso a San Diego. Gardini volle che lo accompagnassi. Stavo in hotel a dormire ma vivevo praticamente tutto il resto della giornata con Raul a bordo del suo yacht. Per ingannare il tempo e anche per stemperare un po’ il nervosismo in attesa delle gare, scrivevamo appunti sui materiali avanzati e sulle tecnologie di Montedison impiegate sul Moro in vista della pubblicazione di un vero e proprio documento aziendale sull’argomento. Il marinaio Angelo talvolta preparava qualcosa da bere o da mangiare e si univa a noi, prendendoci in giro e dicendoci di smettere di lavorare.

Durante le regate salivano a bordo dello yacht d’appoggio diversi parenti ed ospiti e poi seguivamo tutti insieme con trepidazione le competizioni in mare aperto, con la nostra imbarcazione a motore ferma ma paurosamente ondeggiante nella marea lunga del Pacifico, mangiando di continuo banane per combattere il mal di mare e non sentire l’odore acre del carburante. Gardini di tanto in tanto prendeva un piccolo motoscafo e raggiungeva il Moro per trasferire a Cayard e compagni tutta la sua determinazione e il suo incoraggiamento.

Alla fine, il Moro vinse quel mondiale, dimostrandosi superiore come imbarcazione ed equipaggio a tutti gli altri contendenti. L’avvicinamento alla sfida di Coppa America era cominciato nel migliore dei modi. Ricordo molto bene Gardini e Cayard, durante la premiazione, raggianti, circondati da tutti i membri della squadra del Moro. E fu un’emozione da brivido quella sera, rientrando tardi in hotel, ascoltare sul lungomare di San Diego gli altoparlanti in festa che diffondevano ancora a tutto volume “Listen to the Lion”, con la voce di Van Morrison che ruggiva proprio come il nostro leone di Venezia.

5. Fine

Marco Fortis

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