Gaspare Spatuzza da due settimane è un uomo libero, o quasi. Il killer di mafia poi diventato collaboratore di giustizia e che con le sue dichiarazioni ha sostanzialmente riscritto la storia delle stragi di Via D’Amelio e Capaci costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, ha ottenuto infatti la libertà vigilata dal tribunale di sorveglianza di Roma.

Arrestato nel 1997 con un blitz all’ospedale Cervello di Palermo, Spatuzza ha alle spalle una impressionante carriera criminale sempre all’ombra dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, dai quali tre anni prima dell’arresto erediterà la guida dello storico clan palermitano di Brancaccio.

Il suo nome sarà però legato, nella storia e nelle sentenze, alle bombe mafiose di Roma, Firenze e Milano, a quelle costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, all’omicidio di padre Pino Puglisi (di cui fu autore materiale) e al sequestro di Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino poi ucciso e sciolto nell’acido.

’U tignusu, come veniva chiamato Spatuzza, trascorse undici anni al “carcere duro” fino alla clamorosa scelta nel 2008 di iniziare a collaborare con i magistrati.

Il suo sarà un ruolo chiave nel riscrivere una certa stagione mafiosa, in particolare l’attentato che uccise Paolo Borsellino e i cinque uomini della sua scorta: Spatuzza, che non era nemmeno sospettato, mascherò infatti la macchinazione orchestrata dal falso pentito Scarantino che era costato l’ergastolo a sette persone estranee alla strage.

Spatuzza in particolare si autoaccusò del furto della Fiat 126 utilizzata come autobomba in via D’Amelio, dichiarazioni riscontrate in ogni dettaglio dai magistrati, portando così alla sbarra anche Matteo Messina Denaro, il capomafia di Castelvetrano recentemente arrestato dopo 30 anni di latitanza. Processo che ha visto ‘u siccu essere condannato in primo grado, mentre è in via di conclusione l’appello.

Dunque la vita da recluso di Spatuzza, che compirà tra un mese 59 anni termina a 26 anni dall’arresto. Il programma di protezione per Spatuzza era stato chiesto dai magistrati per la prima volta nel 2010, ma all’inizio fu respinto dall’apposita commissione del Viminale per le sue dichiarazioni considerate “a orologeria” su Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri e un presunto accordo con i fratelli Graviano ai tempi della nascita di Forza Italia.

Successivamente però quel programma di protezione fu concesso, per poi proseguire con permessi-premio, la detenzione domiciliare concessa dopo che un anno fa il tribunale di sorveglianza l’aveva negato in un primo momento, salvo poi cambiare idea dopo l’annullamento del giudizio in Cassazione col ricorso dell’avvocato di Spatuzza, Valeria Maffei.

Un percorso che ha portato alla libertà vigilata, con cinque anni di prescrizione come quella di non frequentare “abitualmente” pregiudicati o non uscire dalla provincia in cui abita senza autorizzazione, che è frutto del percorso di pentimento di Spatuzza.

Nel corso degli anni l’ex killer di Cosa Nostra ha avuto una ‘conversione religiosa’: durante la detenzione si è iscritto alla facoltà di teologia e ha chiesto il perdono ai parenti delle vittime, avviando attività di volontariato e rivolgendo un appello ai mafiosi a collaborare con la giustizia.

Redazione

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