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Perché ci si affida a quei numeri falsi?
Gaza, “10mila sotto le macerie”: un anno di propaganda Onu, i numeri recuperati a caso

Come mai le Nazioni Unite, nella distribuzione delle statistiche sui morti di Gaza, da qualche settimana non fanno più riferimento ai “10 mila morti sotto alle macerie”? Quella dicitura compariva immancabilmente a guarnizione dei grafici recanti i dati relativi alle vittime del conflitto: da mesi, e via via nel tempo, c’erano 20 mila morti accertati, “oltre 10 mila sotto le macerie”, poi 30 mila, “oltre 10 mila sotto le macerie”, poi 40 mila, “oltre 10 mila sotto le macerie”. Ancora il 4 febbraio scorso, l’Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari dell’Onu comunicava: “47,540 vittime”, nonché “più di 10 mila persone registrate come disperse o sotto le macerie”.
Poi, dal 18 febbraio, puff!, quell’indicazione scompare. Perché? Un’ipotesi, forse, è questa. Nelle settimane di cessate il fuoco sono stati recuperati da sotto le macerie di Gaza circa seicento corpi. Qualcosa più di 200 nella prima settimana, e poi a decrescere sino a qualche decina negli ultimi giorni. Naturalmente dispiace dover indugiare su questa contabilità di recupero mortuario, perché se i morti sotto alle macerie fossero anche solo un centesimo rispetto a quelli contrabbandati da quelle statistiche improbabili si tratterebbe comunque della tragica fine di tante vite umane. Solo che quel numero, “10mila morti sotto le macerie”, ha compilato per mesi – in modo ossessivo e, appunto, mai verificato – non si sa più quanti rapporti dell’Onu, non si sa più quanti provvedimenti della Corte Internazionale di Giustizia, non si sa più quante denunce delle organizzazioni umanitarie e non si sa più quanti editoriali impettiti nel volantinaggio indignato di quelle statistiche.
Si potrebbe obiettare, come sopra, che non cambia nulla, nel senso che la morte in guerra anche di una sola persona non è meno tragica giusto perché non ci sono molte più vittime. Vero. Ma allora perché indugiare nella propalazione di quei numeri non verificati? Dice: “Ma se anche fossero 670 anziché 10mila che cosa cambierebbe?”. Verissimo. Ma allora, se non cambia, perché ci si affida a quei numeri falsi? E perché, quando se ne scopre l’inaffidabilità, si preferisce mettere sotto al tappeto i dati spacciati per veri fino al giorno prima?
Si tratta, ovviamente, di domande retoriche. Un anno e mezzo di propaganda sulla guerra di Gaza ha tratto alimento esattamente da quelle statistiche adulterate. Le quali non servivano a dare una dimensione alla sofferenza della popolazione civile, una sofferenza terribile che sicuramente c’è stata e che sicuramente continua a esserci: servivano invece a fare della guerra di Gaza uno sterminio indiscriminato. Una cosa inesistente, bisognosa di numeri recuperati a caso per assumere verosimiglianza.
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