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La ricostruzione
Gaza, Hamas dietro carestia e prezzi impazziti: così guadagna sulla fame dei palestinesi
L’ultimo rapporto IPC (Integrated Food Security Phase Classification Evidence) sulla situazione della disponibilità di generi alimentari e di prima necessità nella Striscia di Gaza denuncia un forte aumento dei prezzi, il quale aggraverebbe il già problematico accesso della popolazione alla disponibilità di quei beni.
Tra agosto e settembre 2024, dice quel rapporto, l’indice generale dei prezzi al consumo è aumentato dell’11%., mentre per i generi alimentari si registra un’impennata del 77%. Rispetto all’inizio del conflitto, l’aumento complessivo sarebbe del 283%, e addirittura del 312% per i generi alimentari. Si lamenta poi l’imperversare del mercato nero: gas da cucina +2.612%, gasolio +1.315%, legna +250%. Numeri impressionanti, in effetti. Il problema è che il rapporto, nella neutralità della propria freddezza statistica, non si occupa delle ragioni per cui quei prezzi salgono, né dell’identità di chi li fa salire.
Ma non è che si sia molto di oscuro in argomento. Poiché si tratta di aiuti (non di forniture commerciali), e poiché non risulta che a specularci sopra sia chi li fa arrivare (cioè Israele, cui si addebita di affamare Gaza non facendo arrivare gli aiuti), c’è almeno da ipotizzare che tra le indiscutibilmente nobili attività di Hamas ci sia anche quella, non del tutto commendevole, di inguattarsi quegli aiuti per poi rivenderli a prezzo iugulatorio alla popolazione bisognosa. Salvo credere, ovviamente, che il mercato nero di cui parla il rapporto sia gestito dai Savi Anziani di Sion o da agenti del Mossad travestiti da broker in kefiah che tirano su il prezzo della carne in scatola e delle taniche di carburante.
Questa storia dei prezzi impazziti a Gaza va avanti da mesi senza che nessuno si faccia la domanda banale: e chi li fa salire, mia nonna? Ma soprattutto: questa storia va avanti da mesi senza che nessuno ne chieda conto alle organizzazioni della cooperazione internazionale, che sono lì a fare non si sa che cosa (a parte, naturalmente, denunciare il genocidio per fame di cui si renderebbe responsabile Israele). I cento camion di aiuti di cui, giusto l’altro giorno, l’Onu denunciava il sequestro da parte di uomini armati sono solo l’ultimo esempio dell’andazzo: sotto lo spensierato sguardo delle Nazioni Unite, quegli aiuti entrano a Gaza, Hamas se li prende, se ne rifocilla per quel che serve e per il resto ci fa i soldi sulla pelle dei poveracci.
Si tratta semplicemente della guerra che Hamas continua anche con questi altri mezzi: mezzi che forniamo noi, e che Hamas usa per sfamare sé stessa e per guadagnare sulla fame dei palestinesi.
Intanto dall’Aia chiediamo che gli israeliani siano arrestati perché impongono la carestia a Gaza.
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