Le trattative
Gaza, perché per Israele il corridoio di Philadelphia è vitale: i negoziati e la tregua che Hamas sta sabotando
Blinken ha convinto Netanyahu e al-Sisi ad accettare il compromesso, ma il gruppo terroristico vuole il ritiro totale delle truppe israeliane
Il nono viaggio in dieci mesi di Antony Blinken in Medio Oriente si è chiuso con una tappa a Doha e con una conversazione telefonica con il presidente turco Erdoğan. Il segretario di Stato Usa ha tentato di strappare il “sì” di Israele e Hamas sulla “proposta ponte”, preparata nel primo round dei colloqui in Qatar, che prevede il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Blinken è riuscito a convincere il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente egiziano al-Sisi ad accettare la proposta di compromesso che “colmerebbe le lacune” tra le due parti in conflitto in vista del decisivo appuntamento di questa settimana al Cairo, dove si dovrebbe tenere la fase conclusiva del negoziato (che Washington considera come “l’ultima chance per la tregua”).
L’importanza del corridoio di Philadelphia
La missione appare comunque ardua. Hamas ha già respinto la “proposta ponte” perché ritiene sia allineata alle richieste di Israele, cioè al rifiuto del governo israeliano del ritiro completo delle sue truppe da Gaza e dal corridoio di Philadelphia che segna il confine della Striscia con l’Egitto. Il corridoio di Philadelphia è di importanza vitale per Israele per impedire l’afflusso di armi a Gaza attraverso i tunnel sotterranei. Si tratta di una stretta zona cuscinetto lunga 14 chilometri, unica via di accesso terrestre alla Striscia che non passa da Israele. Dopo il ritiro delle Forze di difesa israeliane da Gaza nel 2005, Israele firmò l’Accordo di Philadelphia con l’Egitto che garantiva al Cairo il diritto di schierare circa 750 guardie di frontiera lungo la zona cuscinetto sul lato egiziano del confine. Il corridoio comprende il cruciale valico di Rafah. Israele, per la sua sicurezza, ritiene di non poter rinunciare ad avere un controllo su quel passaggio, soprattutto dopo il 7 ottobre, e sostiene che le sue truppe sono dispiegate lì per impedire il contrabbando di armi e di munizioni dall’Egitto a Gaza.
Non bisogna dimenticare il motivo per cui l’esercito israeliano è a Gaza. Gerusalemme vuole che sia garantita la sua sicurezza e vuole che non si ripeta più un altro 7 ottobre, quando i terroristi di Hamas fecero irruzione dalla Striscia nei kibbutz israeliani massacrando nelle loro case circa 1.200 cittadini ebrei e prendendo in ostaggio 240 civili. Per questo motivo per Gerusalemme è necessario il controllo dei corridoi di Philadelphia e quello di Netzanim, al nordest della Striscia, dove anche lì vi è il pericolo di penetrazione da nord di Hamas ed Hezbollah. Il presidente Biden ha accusato Hamas di “aver fatto marcia indietro” dal processo di cessate il fuoco concordato il 31 maggio scorso, che costituisce la base del nuovo accordo ponte.
Il compromesso con l’Egitto e le resistenze di Sinwar
Anche l’Egitto si oppone alla presenza militare di Israele nel corridoio di Philadelphia, ma durante i colloqui al Cairo con Blinken ha accettato un compromesso e cioè che – nella prima fase dell’accordo – per Israele non sarà stabilita una tempistica per il ritiro dal corridoio. Questo accordo con l’Egitto è importante e sarebbe stato raggiunto proprio durante la visita di martedì di Blinken al Cairo, dove erano presenti anche rappresentati del governo israeliano e funzionari del Mossad. Il ritiro completo avverrebbe solo in una seconda fase, quando per Israele saranno soddisfatte le sue legittime richieste di sicurezza. Ma non bisogna farsi troppe illusioni sul successo del negoziato: Hamas vuole che tutte le truppe israeliane escano subito da Gaza e dalla zona cuscinetto, e il suo capo politico Sinwar – dal buio dei tunnel dove si rifugia – detta ogni giorno nuove condizioni e smorza ogni speranza per un cessate il fuoco. Sebbene non siano stati resi pubblici i dettagli dell’ultima proposta americana, domenica un funzionario di Hamas ne ha rivelato alcuni aspetti sul sito Saudi Asharq News, che confermano una ridotta presenza militare israeliana nel corridoio di Philadelphia (e dunque non un ritiro completo) e la supervisione da parte di Israele degli sfollati che tornano a nord attraverso il corridoio di Netzarim, una zona militarizzata che divide Gaza in due per impedire ai militanti di Hamas di tornare a nord della Striscia.
Secondo Saudi Asharq News, l’Autorità nazionale palestinese di Abbas gestirebbe il valico di frontiera di Rafah sotto la supervisione israeliana. La proposta prevede inoltre la liberazione degli ostaggi in cambio della liberazione di centinaia di prigionieri di Hamas. Inoltre non vi sarebbero un immediato ritiro militare israeliano completo da Gaza e un cessate il fuoco permanente, che sarebbero invece discussi in una seconda fase. Israele ha di nuovo smentito l’affermazione fatta da Hamas secondo cui Netanyahu starebbe tentando di sabotare l’accordo. Lunedì l’ufficio del primo ministro israeliano ha reso noto che, dopo l’incontro di tre ore con Blinken, Netanyahu ha accettato il compromesso sostenendo che la proposta ponte degli Stati Uniti “tiene conto delle esigenze di sicurezza di Israele”. Ora il successo della mediazione di Stati Uniti, Qatar ed Egitto è nelle mani di Hamas.
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