Genny Cesarano aveva solo 17 anni quando morì il 6 settembre 2015. Era in piazza Sanità a Napoli a chiacchierare tranquillamente con i suoi amici quando all’improvviso nel Rione Sanità arrivarono otto persone, in sella a quattro scooter e iniziarono a sparare all’impazzata. Una stesa per sugellare una vendetta tra clan in cui Genny perse la vita in modo assurdo: con la malavita Genny non c’entrava nulla.

Secondo i giudici potrebbe essere stato proprio Gianluca Annunziata, 31 anni, l’ultimo dei killer condannato a Napoli per l’omicidio di Genny Cesarano, ritenendolo “…l’autore materiale dell’omicidio, stante la corrispondenza del calibro del proiettile che colpì la vittima (9X21) con il calibro della pistola usata dall’imputato”. Così la quinta sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli (presidente Romano) nelle motivazioni della condanna, emessa lo scorso 27 dicembre, con la quale, malgrado abbia escluso la premeditazione, ha confermato la condanna all’ergastolo nei confronti dell’imputato, l’ultimo delle otto persone ritenute responsabili di quella assurda morte.

“L’Annunziata – scrivono ancora i giudici, come riportato dall’Ansa – ha partecipato in prima linea e consapevolmente alla rappresaglia dimostrativa, condividendo l’indifferenza dei suoi correi nella scorreria armata nella Sanità e nel colpire uomini sconosciuti, la cui appartenenza al clan antagonista (quello guidato da Piero Esposito, vero obiettivo del raid, ndr) non era stata in alcun modo acquisita”.

Gianluca Annunziata, 31 anni, era già stato condannato all’ergastolo dal gup di Napoli il 3 novembre 2020. Nelle motivazioni la Corte di Assise di Appello, dopo avere ripercorso nel particolare, le fasi dell’omicidio, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tra i quali figura anche il mandante, Carlo Lo Russo, elemento di vertice dell’omonima famiglia camorristica e all’epoca reggente del clan, disegna l’identikit di Annunziata, soprannominato “Ammore”: “…la giovane età (di Annunziata, che aveva 24 anni all’epoca dei fatti, ndr) non costituisce circostanza favorevole all’imputato stante il ruolo di rilievo già ricoperto nell’organigramma associativo”, “…ma piuttosto rappresenta indice rivelatore della propensione criminale del prevenuto, ritenuto un sodale affidabile e particolarmente abile da coinvolgere nell’azione di fuoco contro il clan di Pierino Esposito…”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.