A partire dal 7 aprile di 30 anni in Ruanda si consumava uno dei più rapidi e feroci genocidi della storia dell’umanità. Quando la radio dette il comando di “tagliare gli alberi alti” furono sufficienti 100 giorni per massacrare quasi un milione di persone per la stragrande maggioranza di etnia Tutsi. I Tutsi rappresentavano circa un quarto dell’intera popolazione ruandese e l’odio fra loro e la maggioranza Hutu affonda le radici nel colonialismo. Durante il dominio del Belgio gli Hutu ed i Tutsi non erano differenziati a livello etnico, ma sociale perché i primi erano pacifici agricoltori, mentre i secondi allevatori con un passato da guerrieri. Negli anni 60 e 70 erano scoppiati più volti scontri fra questo popolo che avevano causato decine di migliaia di morti, ma nel 1994 si realizzò un progetto genocidiario ben preciso.

Gli Hutu avevano preparato da tempo il piano per sterminare gli scarafaggi, nome dispregiato con cui chiamavano i Tutsi, e la classe politica e militare Hutu lo mise in pratica con estrema ferocia. L’abbattimento dell’aereo dove viaggiavano i presidenti di Ruanda e Burundi di ritorno da un colloquio di pace, scatenò la violenza e le milizie paramilitari Hutu, appoggiate dalle forze armate regolari, iniziarono la caccia all’uomo. In poco più di tre mesi il Ruanda divenne la sede di un massacro ignorato dal mondo e soprattutto dalle Nazioni Unite che ritirò gran parte dei suoi caschi blu dal paese.

Le responsabilità del mondo in quello che stava accadendo in Ruanda furono subito enormi, gli Stati Uniti arrivarono a porre il veto sulla parola genocidio per quello che stava accadendo nel piccolo paese africano e la Francia ha ammesso con anni di ritardo le sue colpe nell’armare ed addestrare gli Hutu. A luglio le truppe del Fronte Patriottico Ruandese, rappresentante del popolo Tutsi, guidate dal generale Paul Kagame arrivarono a riconquistare la capitale Kigali ponendo fine al massacro e costringendo gli Hutu responsabili del genocidio a scappare nei paesi confinanti.

Un movimento formato dai genocidiari del 1994 è ancora presente nella Repubblica Democratica del Congo e si muove come una milizia criminale che vorrebbe rovesciare il governo ruandese. Kagame, una volta conquistato il potere non lo ha mai lasciato e continua a vincere le elezioni con percentuali bulgare, mentre perseguita e uccide i membri dell’opposizione. Proprio un eroe di questo tragico fatto di un trentennio fa è oggi diventato un acerrimo avversario di Paul Kagame. Quel Paul Rusesabagina direttore dell’Hotel Milles Collines che salvò oltre mille Tutsi dall’uccisione e che è stato immortalato in un film hollywoodiano. Di quel fatto drammatico che avrebbe dovuto insegnare molto a tanti resta soltanto un presidente dittatoriale che vuole cancellare le gesta di un eroe, nuovo nemico pubblico e scarcerato, su pressioni internazionali, nel marzo del 2023.

 

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi