Piano nazionale di ripresa e resilienza, meglio noto con l’acronimo Pnrr: chi l’ha visto? Chi ne sa qualcosa? Chi può per favore garantire una comunicazione trasparente, di merito, verificata e verificabile su questi miliardi da cui di anno in anno, fino al 2026 dipende non solo la nostra reputazione come sistema Paese ma il segno + della nostra crescita? Nessuno, a quanto pare.

Ai tempi del governo Draghi venivano organizzati con la stampa punti di situazione o schede tecniche in base alle quali i giornalisti potevano leggere, studiare, capire e poi raccontare. Oggi è il 21 di giugno, tra nove giorni il governo deve consegnare alla speciale Commissione di Bruxelles i 16 obiettivi della quarta rata (primo semestre 2023) da cui dipende l’assegno da 27 miliardi. Il problema è che il 31 dicembre è scaduta la terza rata (55 obiettivi che sono stati consegnati puntualmente dal neo insediato governo Meloni) ma dei relativi 19 miliardi non si ha ancora notizia.

“Questione di ore” ha assicurato anche ieri alla Camera il ministro per il Sud, l’Europa, i fondi di coesione e del Pnrr Raffaele Fitto. In questa lunga definizione c’è tutta la sfida e il paradosso del ministro del Pnrr. Qualche giorno fa ha rassicurato anche il commissario economico Paolo Gentiloni. “Tutto bene, siamo alle ultime limature”. E però i giorni passano – aspettiamo dal primo aprile – e nulla accade. Prima perché Bruxelles ha bocciato i Piani urbani per Firenze e Venezia (stadi ed impianti sportivi che non rispondevano alle sei mission del Pnrr tra cui la coesione sociale e la lotta alle disuguaglianze). “Nei nostri confronti c’è un eccesso di zelo e di verifiche” per dirla con le parole del ministro economico Giancarlo Giorgetti. Insomma, questi 19 miliardi arrivano, arrivano ma ancora non si vedono.

E figurarsi cosa può succedere sulla quarta rata di cui non è ancora chiaro lo stato di avanzamento dei 27 target anche perché qualcuno cambierà, nel senso che sarà cancellato e sostituito. Ad esempio, secondo fonti di governo, “asili nido e impianti di colonnine ad idrogeno”. Poi, se senti altre fonti, ad esempio deputati del territorio dove queste infrastrutture non sarebbero realizzate, ti dicono che “non è vero”, che “non esistono problemi legati alla realizzazione” e che “se non li faranno è perché decidono di destinare ad altro quei soldi”. Ecco, sarà anche tutto sotto controllo come dice il governo che invita a “smettere le polemiche sul Pnrr perché influiscono negativamente sulle potenzialità del Piano” ma molti parlano e pochi mostrano i fatti. E questo, per dirla con la segretaria del Pd Elly Schlein, “genera poca chiarezza e poca trasparenza”.

Il dibattito, acceso e senza sconti, si è ripetuto ieri in Parlamento. Prima alla Camera e poi al Senato dove il Pd aveva presentato alcune mozioni proprio per avere aggiornamenti e certezze sul Pnrr. Ieri Fitto è stato costretto a rispondere sulla terza rata. Lo ha fatto in modo un po’ stizzito rispetto al suo tradizionale aplomb. Questo governo – ha puntualizzato in aula alla Camera dando i pareri sulle varie mozioni – in due mesi ha raggiunto i 30 obbiettivi mancanti della terza rata Pnrr e, con i 20 raggiunti prima dal governo Draghi, li ha poi inviati nei tempi previsti alla Commissione Ue. Il confronto con Bruxelles si concluderà nelle prossime ore mi auguro positivamente. Non c’è nessuna possibilità di ritardi”.

Sulla quarta rata, i cui obiettivi devono essere realizzati entro i prossimi nove giorni, Fitto ha spiegato che “proporre la modifica del target e dell’obiettivo intermedio non è finalizzato a far saltare l’obiettivo finale. È esattamente il contrario: è finalizzato a raggiungere l’obiettivo finale, modificando un obiettivo intermedio”. Giochi di parole. Ottimismo. La quarta scade tra nove giorni. Nulla si sa sui 27 target. La relazione li indica punto per punto e le schede tecniche fotografano lo stato di avanzamento dei labori al 31 maggio.

È possibile capire che non tutti gli obiettivi saranno raggiunti ma non sappiamo ancora quali. Ma, se non ora, quando? Fitto ieri è stato molto chiaro: “Anziché avere decine di migliaia di interventi e centinaia di programmi di riferimento è più utile introdurre pochi grandi obiettivi strategici e rendere strutturali gli investimenti”. In linea teorica nulla da eccepire. Ma quali obiettivi saranno rimodulati? Girano indiscrezioni, soprattutto in Parlamento in giornate come ieri in cui il tema è in aula. “Salta il raddoppio della tratta Orte-Falconara…”, “salta anche la Messina-Palermo”, cioè sogno proibito di attraversare in treno la Sicilia che è quasi tutta piatta in un paio d’ore. “Attenzione che mi hanno detto che salta anche la Pescara- Roma”, un altro sogno antico e a quanto pare proibito.

I deputati della maggioranza, portatori di queste indiscrezioni, sarebbero stati personalmente avvisati. Fitto ci mette su un carico da 90 quando parla di “obiettivi circoscritti” che “vuol dire accorpare, centralizzare anche nella gestione dello Stato o magari anche togliere qualcosa ai comuni perché ci sono una serie di interventi che non hanno la possibilità di essere realizzati. La soluzione quindi è riallocare le risorse”. Ma dove, quando e soprattutto, dove? L’ex ministra Mara Carfagna, del Terzo Polo, precisa che la loro mozione (diversa da Pd, sinistra e 5 stelle) è fatta in modo propositivo, per aiutare e non fare polemiche. “Ma una cosa ci dovete dire con chiarezza: dovete confermare che la Quota Sud non si tocca”, sono 80 miliardi destinati al sud proprio per diminuire la distanza e quindi le disuguaglianze tra nord e sud. Ma Fitto promette e ribadisce solo che “i soldi del Pnrr non saranno usati per armi e munizioni”. Non una parola su Quota Sud.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.