Politica
Gianni Letta, 90 anni di stile e riservatezza al servizio della Repubblica

Gianni Letta compie 90 anni. L’uomo che ha attraversato da protagonista la prima e la seconda Repubblica torna in questi giorni ad essere omaggiato. In modo bipartisan. In Italia, forse non tutti lo sanno, esiste un popolo dei “lettiani”: ammiratori, estimatori della figura dell’illustre novantenne. Non hanno tutti lo stesso colore politico, non sono organizzati ma si muovono in ordine sparso. Sono politici, funzionari, giornalisti o anche semplici cittadini che guardano a lui con autentica reverenza.
Una volta, in una nota agenzia di comunicazione romana ho visto una sua gigantografia campeggiare all’ingresso. Gianni Letta è anche una vera e propria icona di stile. Ho amici con i quali amiamo ricordare le tante gesta del più illustre dei sottosegretari alla presidenza del Consiglio che Palazzo Chigi abbia mai avuto. Negli anni in cui ha gestito la delega alla sicurezza, ha trattato con riserbo questioni delicate. Il riserbo: questo sconosciuto in politica. Gianni Letta sa quando parlare. Parla se necessario. Condivide se utile. Ma non è mai banale, superfluo. Sa contenere e contenersi. Non ha mai ceduto alle lusinghe dei riflettori. Lui che potrebbe raccontare, di tutto e di più. Lui che custodisce storie e retroscena. Di chiunque.
Ma Gianni Letta è’ anche il sogno proibito di ogni giornalista: non c’è un collega in Italia che non vorrebbe intervistarlo. Sarebbe davvero per chiunque l’intervista del secolo. Perché lui ha conosciuto tutti. Nel suo studio a Chigi o al Nazareno, sono passati prelati, politici, leader, imprenditori, e chiunque aspirasse ad ottenere qualcosa. Gianni Letta è la Politica. Discreto, felpato e galante. Chi l’ha conosciuto ed ha lavorato con lui, può confermarlo: mai un tono acceso, mai una caduta di stile. Anche quando come sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei governi Berlusconi ha gestito e governato delle vere e proprie tempeste politiche, lui ha sempre mediato, ascoltato, essendo capace di garantire confronto e dialogo. E quando parlava lui, come d’incanto (“miracolo” sarebbe forse un po’ esagerato), la tempesta si placava, le acque si calmavano. Ed anche quando sembrava che non ci fossero più argomenti o alcuna chance per risolvere un problema, Gianni Letta aveva una soluzione in tasca.
Testimone della Prima Repubblica, stabilì consuetudine con uomini potenti. Per esempio partecipava alle riunioni con Cossiga durante i giorni drammatici del sequestro Moro. Ascoltava, imparava e accumulava esperienza. Poi, la sua lunga frequentazione – che so essere diventata devozione – per il presidente Andreotti. Quando anch’io frequentai lo studio a Palazzo Giustiniani del sentore a vita, ebbi modo di rendermi conto del rapporto speciale tra i due. Il Divo Giulio era un uomo non solo pacato ma anche restio a elogi nei confronti di amici e politici. Anzi, quasi sempre coniava battute, spesso taglienti ed irriverenti sui protagonisti della vita politica italiana. Ma non per Gianni, il suo fidato e stimato amico. E per lui solo parole di ammirazione, stima.
Gianni Letta, si narra, non ha nemici. Tutti lo rispettano, in tanti lo ammirano. Difficile dire come ci sia riuscito. Ma anche questo lo rende unico. La Repubblica italiana ha un debito di gratitudine nei confronti, nei confronti di questo Servitore dello Stato. Andreotti diceva che “la gratitudine è il sentimento della vigilia”. Siamo un popolo spesso di ingrati e con poca memoria. Ma oggi gli Italiani, e la politica tutta, non peccherà di ingratitudine perché ci inchiniamo al dottore. Rendiamo onore a Gianni Letta, un maestro, un gentiluomo d’altri tempi.
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