Gioco pubblico, Cardia (Acadi): “Riaprire a luglio è inaccettabile per un settore in ginocchio, anticipare a giugno”

Geronimo Cardia, presidente dell’Associazione concessionari di giochi pubblici (Acadi).

Il settore del gioco pubblico potrà riaprire dall’1 luglio? Come valuta questa decisione del Governo?
La decisione del Governo di fissare all’1 luglio le riaperture del settore gioco ha lasciato sgomenti e allibiti operatori e lavoratori del settore. Le attività sono ferme ormai da 11 mesi complessivi, infliggendo un colpo violentissimo a un comparto che conta 75mila imprese e oltre 150mila lavoratori, cui bisogna aggiungere l’indotto. Ora costringono loro ad attendere altri 40 giorni, come se le persone che lavorano nel gioco non dovessero arrivare a fine mese, fare la spesa, mantenere figli e famiglia. Si tratta di scarsissima considerazione da parte del Governo, se non addirittura di brutale indifferenza. Qui le persone masticano amaro e non riescono davvero a digerire quella che si sta rivelando una tragica beffa. I protocolli sanitari per riaprire in sicurezza sono pronti e operativi da circa un anno e nelle poche settimane in cui gli esercizi del gioco sono stati riaperti, i contagi registrati sono sempre stati zero. Le attività hanno speso e investito tantissimo per assicurare piena sicurezza sanitaria, sia agli utenti che i lavoratori. Ma questi soldi si stanno rivelando inutili e forse il Governo ritiene che le persone impiegate nel settore dispongano di soldi da buttar via. Ora la nuova attesa di 40 giorni moltiplicherà i fallimenti, impoverirà tante famiglie che sono già al limite della sopravvivenza, accenderà ancor di più gli appetiti delle mafie. Chiediamo con forza di anticipare la riapertura a giugno, altrimenti le conseguenze saranno pesantissime a più livelli.

Durante questi mesi di chiusura, imprese e lavoratori lamentano scarso sostegno economico? Che tipo di aiuti ha ricevuto il settore?
Il comparto è stato abbandonato anche da punto di vista economico, con cassa integrazione irrisoria e sostegni inadeguati. I Decreti “Ristori” e “Sostegni” non sono sostanzialmente intervenuti a supporto delle attività di servizio pubblico nel comparto dei giochi con vincite in denaro (quindi di controllo dell’offerta e della tutela dei consumatori, dell’ordine pubblico, dell’erario) né specificamente per i lavoratori del comparto stesso. Per larga parte delle aziende concessionarie tali provvedimenti nemmeno concedono concreti sostegni a fondo perduto. A fronte della prolungata interruzione totale delle attività, dei ricavi delle aziende e del salario per i lavoratori ed a fronte evidentemente della totale interruzione dei flussi finanziari, questi provvedimenti governativi non hanno sospeso nemmeno i canoni concessori, nonostante la materiale assenza dei flussi necessari ad alimentarli né previsto di intervenire sui prelievi erariali, che nelle scommesse e negli apparecchi da gioco sono addirittura aumentati nel periodo emergenziale. Bisogna ricordare che il comparto ha subito rilevanti effetti economici negativi fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria essendo state le aziende costrette, già dai primi provvedimenti Regionali e Governativi, alla chiusura. La interruzione delle attività ha determinato la cancellazione di oltre il 90% dei ricavi delle aziende attesi nel periodo, a fronte della permanenza di ingenti costi fissi per il mantenimento delle strutture di funzionamento delle concessioni.

 

Autorevoli voci hanno segnalato che con la chiusura delle attività legali il rischio è l’aumento del volume d’affari per le mafie. Cosa sta accadendo?
Oltre al drammatico impatto economico c’è un altro capitolo, quello legato a legalità e mafie. In questo senso il comandante generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Zafarana, in audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali ha spiegato che rispetto alle ”condotte lesive del gettito erariale, altro settore particolarmente esposto alle mire della criminalità organizzata è quello dei GIOCHI e delle scommesse, nel quale si registra la tendenza a assumere la gestione dei circuiti legali ovvero a fornire al pubblico, tramite esercizi commerciali compiacenti o asserviti, la possibilità di avvalersi dell’offerta clandestina su piattaforme on line’. Parole eloquenti, che restituiscono la complessità e la drammaticità di quanto sta accadendo. Il comparto del gioco garantisce allo Stato, ogni anno, un gettito erariale pari a circa 11 mld. Con la chiusura delle attività, buona parte di queste risorse sta migrando nelle tasche e nelle casse delle mafie. Prolungare l’agonia e le chiusure fino a luglio significa condannare al fallimento tante realtà che rischiano di essere fagocitate dalle organizzazioni criminali.

 

In queste settimane si sta discutendo di alcune normative regionali che stringerebbero le maglie sul gioco pubblico, soprattutto nel Lazio. Quali sono gli ultimi sviluppi?
Il settore del gioco rischia di essere falcidiato anche a livello regionale: il quadro corre il rischio di venire drammaticamente aggravato dalle leggi sul cosiddetto distanziometro che, nonostante intendano contrastare il disturbo da gioco d’azzardo, non appaiono risolutive sotto il profilo clinico e sanitario perché in concreto determinerebbero un divieto sulla sostanziale totalità del territorio anche per le realtà esistenti e andrebbero ad affondare definitivamente un comparto già stremato dal lockdown. In questo contesto, accogliamo con favore la decisione della Giunta regionale del Lazio di prorogare di dodici mesi l’entrata in vigore della legge che introduce per le sale da gioco il distanziamento, auspicando quindi che quanto stabilito dalla Giunta completi al più presto il suo iter in Consiglio.