Taglio del cuneo, Irpef, pensioni
Giorgia cerca coperture per la manovra, Giorgetti è pronto a tagliare. E sulle pensioni scoppia la bagarre
Non si può solo subire, o regalare le aperture dei Tg alle accompagnatrici dei ministri. Bisogna provare ad alzare la testa e reagire, che poi sarebbe una specialità della casa. Ovvero di lei medesima, di Giorgia Meloni, da sempre molto brava nella “corrida”, si destreggia così abilmente che alla fine immancabilmente anche i tori più agguerriti restano confusi. E mentre usa il tipico “capote”, ovvero il drappo di tela rosso e giallo, riesce anche a spiegare agli “infedeli” di sinistra come va il mondo.
Cosa che la presidente del Consiglio è tornata fare ieri (ma lo aveva fatto anche la settimana scorsa, smentendo le illazioni sul taglio dell’assegno unico), per vantare i dati dell’Istat sul lavoro, sfondato il muro dei 24 milioni di occupati. “Il tasso della disoccupazione è il più basso dal 2008 – scrive la premier su Facebook – La stagione dei soldi gettati dalla finestra e dei bonus è finita e non tornerà fin quando ci saremo noi al governo. Tutte le risorse disponibili devono continuare a essere concentrate nel sostegno alle imprese che assumono e che creano posti di lavoro e per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie e dei lavoratori”.
Oltre al contenuto, parla la foto allegata al post. Che ritrae una Giorgia Meloni, con i capelli tirati, ancora abbronzata (ah, il sole della Puglia!), con un volto particolarmente sereno, e un bel sorriso, che dice molto. Una comunicazione subliminale. “Non ce la farete a danneggiarmi, sono in sella, e intendo restarci fino all’ultimo”. Con una promessa da vera torera: “Vi materó”. Un messaggio interno ed esterno, rivolto agli alleati rissosi che sognano un regolamento dei conti continuo e per frenare le illusioni di un campo largo, che si è montato la testa per le firme raccolte sul referendum contro l’autonomia differenziata. In effetti un po’ troppo poco per immaginare ribaltoni, anche se tra i nuovi acquisti di Elly Schlein figura una sorta di principe del ramo, come Matteo Renzi.
Il Piano strutturale di bilancio
Oltre le gioie, però, Palazzo Chigi deve concentrarsi sui dolori. Il primo è il Piano strutturale di Bilancio, una novità introdotta dal Patto di Stabilità, che Bruxelles vuole ricevere entro il 20 settembre e che il Parlamento leggerà in anteprima intorno al 10 del mese. La spesa, tenuta d’occhio dall’Europa, è “la spesa primaria netta”. In pratica se questa voce non cresce, o cresce poco, il deficit e il debito non incidono. Un bel problema, perché già nella prossima manovra la presidente del Consiglio ha annunciato alcuni impegni: il taglio del cuneo (11 miliardi), l’Irpef a tre aliquote (4,3 miliardi), il bonus alle mamme lavoratrici. Poche cose, per una manovra che comunque si aggira intorno ai 25 miliardi.
Derby Lega-Forza Italia
Una parte già disponibile da economie del passato (le misure previdenziali, l’assegno di inclusione), il resto nelle mani del ministro Giancarlo Giorgetti, o più precisamente nelle forbici, che sono appoggiate sulla scrivania del titolare dell’Economia. Il quale, come sempre succede, è letteralmente assediato dalle bocche voraci degli alleati: da quello più “affamato” come Matteo Salvini (che torna a insistere sulla flat tax), al “mattatore” dell’estate, il redivivo Antonio Tajani, che propone un’aliquota Irpef del 33% fino a 60mila euro (contro l’attuale 35% fino a 50mila euro). Sulle pensioni, naturalmente, scoppia la bagarre e – tanto per cambiare – è un derby Lega-Forza Italia. “Il ministro Giorgetti parla di andare in pensione più tardi, tutelando ovviamente determinate categorie, e quindi anche per questo motivo credo che lo spazio per Quota 41 sia da valutare con molta attenzione“, spiega il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, Paolo Barelli. Per mettere in chiaro che la proposta di via Bellerio non può passare.
Il tema delle privatizzazioni
Gli azzurri insistono anche sul tema delle privatizzazioni: “Bisogna reperire le risorse per dare le giuste coperture, attraverso un piano di liberalizzazioni dei servizi, di intervento sul patrimonio immobiliare pubblico, di dismissioni parziali da enti, quali Ferrovie, Poste, Monte dei Paschi e una parte di Eni, dal concordato fiscale, dalla lotta all’evasione, ma soprattutto occorre spingere sulla crescita”. Oltre alle inquietudini della manovra, peseranno certamente i risultati delle regionali d’autunno. Prima la Liguria, poi a novembre Emilia-Romagna e Umbria. In questo caso uno vale due: se la maggioranza di governo dovesse rientrare dalla porta principale in Piazza De Ferrari, la sconfitta (prevedibile) nelle altre due verrebbe annullata.
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