Forse non tutti sanno che il nome Trump deriva dall’italiano “Trionfo”, un gioco di carte antenato della briscola, popolare in Emilia già all’inizio del Cinquecento. Infatti, in inglese come sostantivo significa atout ma anche “aria intestinale”, e in Gran Bretagna viene spesso usato in frasi irripetibili. Ma a noi, che siamo persone educate, interessa solo il primo significato.

Le briscole di Trump

La verità è che tutte le briscole del tycoon newyorkese, da lui usate per sbancare il tavolo del “Make America Great Again”, si sono rivelate fin qui solo due di bastoni. Il negoziato sul conflitto russo-ucraino (ma è mai iniziato?) ristagna. Certo, se fosse per l’inviato speciale della Casa Bianca, si potrebbe chiudere in qualche ora. Basterebbe, come ha proposto, cedere “in proprietà” a Mosca le quattro regioni del Donbas. Peccato che Zelensky non sia d’accordo. E per fortuna sembra che non siano d’accordo anche importanti esponenti repubblicani, i quali sospettano che Steve Witkoff stia solo facendo gli interessi di Putin. In Medio Oriente, poi, il promesso Armageddon contro Hamas è ancora lettera morta. Gli ostaggi israeliani non sono stati liberati, e Gaza resta un teatro di guerra di cui ancora non si intravede l’ultimo atto possibile. Gli stessi colloqui avviati da Washington con Teheran sul programma nucleare iraniano sono nient’altro, per il momento, che una partita a poker tra giocatori che sanno di dover bleffare.

Il disastro politico economico

Infine, la guerra commerciale. Quella che doveva essere la briscola delle briscole lo è stata soltanto per qualche amico di Trump, che si è arricchito smisuratamente grazie a uno sfacciato insider trading. Ha però determinato solo una rovinosa incertezza sui mercati finanziari che sta penalizzando le decisioni d’investimento dei paesi industrializzati. Un disastro politico-economico che, lungi dall’aprire una nuova “età dell’oro” per Stati Uniti, rischia di far retrocedere a una vecchia “età del bronzo” il resto del pianeta.

Giorgia avrà il coraggio?

Quando varcherà l’ingresso dello Studio Ovale, Giorgia Meloni avrà il coraggio di dire al suo inquilino che, o cambia rotta, oppure l’Europa sarà costretta a cercare porti più sicuri, ovvero più vantaggiosi rapporti di libero scambio con altre aree del mondo, Cina compresa? Ma la nostra premier sa certamente che in politica l’amicizia e la lealtà sono valori encomiabili, mentre la cieca fedeltà non è una virtù.