La lotta politica è anche scenografia, rappresentazione, recita. Per questo motivo, i discorsi rivestono un ruolo importante anche in tempi in cui vi sono tanti mezzi di espressione e comunicazione più diretti grazie alle nuove tecnologie e tante altre diavolerie della modernità. L’altra caratteristica dei discorsi politici azzeccati  sta nella loro irripetibilità. Una scena di un film può essere ripetuta più volte. Un discorso riesce a conquistare chi ascolta se si realizza un transfert con l’oratore. Vi  sono quindi elementi di professionalità che è giusto riconoscere agli avversari, anche se non si condividono i contenuti  delle loro affermazioni.

Tutto ciò premesso, in occasione del dibattito sulla fiducia, sia nelle comunicazioni che nelle repliche, Giorgia Meloni ha sicuramente surclassato i suoi avversari, sia quelli che fanno parte della coalizione che ha vinto le elezioni, sia  gli esponenti delle opposizioni. Ha avuto l’intelligenza di anticipare le risposte alle domande che da mesi le sono rivolte e che sarebbero state fatte anche in Aula. Certo, su tanti importanti problemi la premier dà l’impressione di essere stata folgorata non sulla via di Damasco, ma su quella che dalla sua abitazione arriva nei pressi delle Camere. Ma, a mio avviso, non ha senso criticare una personalità politica quando la sua inattesa e imprevista incoerenza porta con sé l’abbandono o il ripensamento o addirittura la rinuncia a posizioni da noi ritenute sbagliate e pericolose.

Se Meloni sconfessa il fascismo, condanna le leggi razziali, si riconcilia con l’Alleanza atlantica e con la Ue, si preoccupa dei conti pubblici anche a costo di rimandare le proposte contenute nel programma (come ha fatto in materia di pensioni e di flat tax), il sottoscritto, che è contrario a queste misure, non crede che sia intelligente rinfacciare alla premier l’incoerenza, ma complimentarsi per lo scampato pericolo. Certo, sarà opportuno stare a vedere, senza rilasciare patenti di credibilità non sostenute dai fatti. Senza voler fare paragoni tra fascismo e comunismo (almeno nella esperienza italiana), dopo la caduta del Muro di Berlino i comunisti gettarono alle ortiche una cultura e una ideologia organica coltivata da decenni e, poco alla volta, divennero liberali, un po’ liberisti, convertiti ai valori dell’Occidente e alle regole del mercato. A un secolo della Marcia su Roma possiamo dare anche ai neofascisti un’opportunità di redenzione? Anche perché, come scrisse il grande Gabriel Garcia Marquez, ‘’chi ha vissuto cent’anni di solitudine non avrà un’altra occasione nella vita’’.

Del resto non c’è bisogno di scomodare il fascismo per non essere d’accordo con molte cose dette (magari ‘’con gli occhi di tigre’’) da Giorgia Meloni.  Talune prese di posizione sono state piuttosto discutibili, alla stregua di quelle che riecheggiavano vagheggiamenti no vax (per altro presenti in modo chiaro nei programmi elettorali dei partiti della coalizione) nel caso di una nuova pandemia. Vi è poi la questione dei c.d. diritti civili di nuovo conio, che non sono considerati meritevoli di tutela da parte della destra, ma sui quali il governo  è tenuto sotto osservazione  dai partner europei. Su questi problemi e su altri (come la manettara ‘’certezza della pena’’) occorrerà vigilare cogliendo tutte le opportunità che potranno manifestarsi all’interno della maggioranza.

Ma la  grande assente nel discorso di Giorgia Meloni è stata la questione della PACE: cosa inconcepibile per una larga parte delle opposizioni, che su questa assenza si sono gettate a capofitto, dando modo a Meloni di replicare al Senato con riferimento alla guerra in Ucraina che la ‘’pace’’ non può equivalere alla ‘’resa’’ all’invasore, aggiungendo che il nostro interesse nazionale sta dalla parte dell’Occidente. Sulla questione del MERITO le opposizioni (ci si è messo anche Maurizio Landini) si sono coperte di ridicolo. Le anime belle della sinistra hanno ripescato la  <Lettera ad una Professoressa> del parroco di Barbiana don Lorenzo Milani, il quale ha avuto il merito di ricordare lo svantaggio che incontra, nell’affrontare le disciplina richiesta per apprendere, il bambino nato in una famiglia povera rispetto ad un suo coetaneo che ha potuto vivere fin dalla nascita in un contesto di benessere e di cultura.

Il fatto è che don Milani invitava la ‘’professoressa’’ a non lasciare indietro nessuno, a dedicare più attenzione ai ragazzi meno favoriti; ma non è mai arrivato fino alla pretesa che fossero tutti promossi a prescindere dall’impegno e dai risultati scolastici. Il merito è un principio scritto nella Costituzione (art. 34: ‘’I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi’’). Non c’è uguaglianza nell’ignoranza, anche quando un diploma o una laurea non sono negati a nessuno. In conclusione, che dire delle opposizioni? Ognuno dei partiti è  andato per suo conto, senza riuscire a convergere su di una linea intessuta di elementi comuni. Intransigente fino alla critica gratuita il M5S (anche se Conte ha fatto un involontario apprezzamento del governo Meloni accusandolo di aver assunto in proprio l’agenda Draghi).  Imbarazzato il Pd con interventi  a caccia di farfalle; cerchiobottista il Terzo Polo.