Ha assunto dimensioni molto limitate una polemica che qualche anno fa avrebbe travolto partiti e governo. Il Copasir, che è un organismo parlamentare col compito di vigilare sui servizi segreti, ha deciso di vigilare, invece, sulla correttezza dell’informazione. Violando apertamente l’articolo 21 della Costituzione (che non risulta essere stato sospeso) e addirittura fornendo ai giornali delle vere e proprie liste di proscrizione con le quali si addita al ludibrio pubblico un certo numero di giornalisti, o opinionisti o ospiti televisivi. Accusati – appena con qualche cautela e diplomazia – di essere al servizio della Russia di Putin. Un grande giornale come il Corriere della Sera ha pubblicato la lista addirittura corredandola con le fotine segnaletiche dei bersagli.

A mia memoria non era mai successo. Ero piccolo negli anni cinquanta, ma un’iniziativa di questo genere, avviata da un organismo parlamentare e realizzata con la collaborazione dei grandi giornali indipendenti, non credo sia mai avvenuta. Neanche quando la guerra fredda era asperrima e lo scontro tra i partiti e gli schieramenti molto duro.

Ci sono due domande da porre. La prima è per quale mai ragione il Copasir indaghi sui giornalisti. Io avevo capito che doveva vigilare sul buon funzionamento dei servizi segreti, e non sostituirsi ad essi, per di più debordando persino dai compiti degli stessi servizi segreti. La seconda riguarda la libertà di stampa. Quando i servizi segreti, o qualcosa che li riguarda e li adopera, si immischia nei giudizi sulla buona e la cattiva stampa, è inutile stare a sottilizzare: la libertà di stampa è sospesa. I precedenti che vengono in mente, qui nell’Europa occidentale, sono quello dell’Ovra e quello della Stasi. L’Ovra era la polizia segreta fascista. La Stasi era la polizia segreta della Germania comunista.

Forse è successo qualcosa del genere anche negli Stati Uniti, all’inizio degli anni Cinquanta. In un periodo buio per la democrazia americana. Che fu chiamato il “maccartismo”, perché un certo senatore Joseph McCarthy, repubblicano reazionario, si inventò un comitato speciale per la sicurezza dello Stato che indagava e perseguitava intellettuali, artisti, giornalisti, attori e registi di sinistra. Accusandoli di essere agenti inconsapevoli del comunismo. Cioè della Russia. Durò quattro anni il maccartismo poi fu spazzato via da una decisione del Senato.

Durante il maccartismo, effettivamente, l’Fbi si occupava dei giornali e dei giornalisti. Però lo faceva di nascosto. Qui da noi, invece, pare che abbiamo parecchia faccia tosta più di Mccarthy: dichiariamo apertamente che la libertà di stampa deve essere controllata dai servizi segreti. Andiamo bene…

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.