“Io credo di essere adatta a parlare del 27 gennaio come giorno della Memoria, perché chi ha passato quello che ho passato io non aspetta il 27 gennaio per ricordarsi di una vita fa. Il 27 gennaio si ricorda 365 giorni all’anno. Questa è la verità”.

Questo  il messaggio di Liliana Segre, pronunciato davanti agli studenti, nel giorno della Memoria, all’Università Statale di Milano, che quest’oggi ha conferito alla Senatrice a vita la laurea honoris causa magistrale in Scienze storiche “per aver offerto alla ricerca la sua straordinaria testimonianza; per aver dato alle nuove generazioni gli strumenti per comprendere avvenimenti fondamentali del nostro passato; per avere raccontato con rigore e obiettività l’Indicibile; per la sua battaglia contro l’indifferenza e l’oblio dinanzi agli orrori della Shoah e per il suo impegno contro ogni forma di antisemitismo, razzismo e intolleranza”. Dopo il saluto del Ministro dell’Universita’ e della Ricerca, Anna Maria Bernini, l’introduzione del Rettore Elio Franzini e quella del Direttore del Dipartimento di Studi storici Andrea Gamberini, lo storico Marco Cuzzi ha pronunciato la laudatio, dal titolo “Quel lungo sentiero di Liliana Segre”.

La Senatrice continua il suo discorso: “Ho persone che mi vogliono bene e che mi dicono ‘stai a casa in questo momento di forte recrudescenza dell’antisemitismo’. Anche da bambina sentivo dire, meglio non uscire, non farsi notare, ed io mi chiedevo “perché”. Io quel “perché” dopo così tanti anni lo urlo dentro di me”.

E non manca un commento all’attacco di Hamas ad Israele: “Quello che è successo il 7 ottobre mi ha messo in una condizione che non avevo vissuto prima. Nella spirale dell’odio più crudele ci sono i bambini di tutti i colori e le religioni e appartenenze, che mi trovano come una nonna disperata nel vedere cose di questo genere. I bambini sono il futuro, la meraviglia. Questo mi ha dato una forma di disperazione serale quando affronto la notte”.

L’indifferenza

“Se gli italiani hanno chiesto scusa? Ho incontrato diverse persone che per la loro coscienza, per essere persone sensibili, molti religiosi cattolici, che a me personalmente hanno chiesto scusa. Ma in modo ufficiale no, non credo. Per 30 anni sono andata nelle scuole, nelle università, nelle parrocchie e io so che non ho mai detto tutto, perché non si può. Le parole non ci sono per dire quello che succedeva nei lager ogni minuto. A chi sfregia le mie targhe o mi manda maledizioni vorrei chiedere perché. Sono personaggi interessanti che vorrei incontrare. C’è qualcosa in loro che non fa parte dell’indifferenza”.

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